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Green pass a scuola, o vaccino o niente stipendio. Il parere di Vito Tenore

“I due provvedimenti del Tar Lazio appaiono ineccepibili e condivisibili”. Il commento del presidente Vito Tenore, magistrato della Corte dei Conti in Lombardia e tra i massimi esperti di diritto del lavoro e di legislazione scolastica in Italia, sul parere del Tar del Lazio che ha respinto le istanze del personale scolastico contro il green pass

Il Tar del Lazio (Sezione III Bis, Pres.Est. G. Sapone), con due decreti gemelli 2 settembre 2021 nn. 4531 e 4532 (testi in calce), ha respinto, al momento (e salva conferma in sede collegiale) le richieste cautelari formulate da una sigla sindacale, non ravvisando violazione alcuna, sulla disciplina scolastica emergenziale impugnata, del diritto del personale scolastico a non essere vaccinato. Affermano i due decreti del Tar che “il servizio pubblico specialmente nella scuola in presenza debba circoscrivere l’estendersi della pandemia”. Quindi, con due decreti monocratici, respinge il ricorso del sindacato Anief che chiedeva la sospensione dei provvedimenti disciplinari e sanzionatori da parte della pubblica amministrazione nei riguardi dei docenti e del personale che si rifiuta di munirsi di green pass per accedere al lavoro nella scuola. Per il Tar è “giusto sospendere dal lavoro e dallo stipendio i docenti sprovvisti di green pass”. Il diritto del personale scolastico a non vaccinarsi “non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, soprattutto perché è un diritto che deve essere razionalmente correlato e contemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l’estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell’essenziale servizio pubblico della scuola in presenza“.

Inoltre, il Tar ha precisato che per coloro che non intendono vaccinarsi il legislatore ha previsto il tampone (quello ogni 48 ore, ndr), in alternativa alla vaccinazione, non debba esser pagato dalla Amministrazione in quanto “non appare irrazionale che il costo del tampone venga a gravare sul docente che voglia beneficiare di tale alternativa”.

Infine, il Tar ha chiarito un altro punto: “L’automatica sospensione dal lavoro e dalla retribuzione e la mancata adibizione del personale scolastico ad altre e diverse mansioni – si legge nel provvedimento – è correttamente e razionalmente giustificabile alla luce della tipicità delle mansioni del personale scolastico, specie di quello docente“. Ossia il dirigente scolastico non solo deve sospendere dallo stipendio il docente che non lavora poiché sprovvisto di GP, ma non può adibirlo ad altre mansioni, quali bibliotecario, staff di dirigenza, ricerca, o altro, in quanto deve insegnare. E, noi lo ricordiamo, tutte da espletare in presenza.

Il presidente Vito Tenore della Corte dei conti

Il presidente Vito Tenore, autorevole magistrato della Corte dei Conti in Lombardia e tra i massimi esperti di diritto del lavoro e di legislazione scolastica in Italia, formatore di migliaia di presidi, e autore di diversi volumi, così commenta il doppio pronunciamento del Tar Lazio: “I due provvedimenti del Tar Lazio, pur nella sintetica formulazione cautelare in forma di decreto Presidenziale (da confermare in sede collegiale), appaiono ineccepibili e condivisibili. Come è noto, il legislatore, assai pavidamente e in modo a mio avviso sorprendente, non ha ad oggi imposto ope legis un obbligo vaccinale per tutti i cittadini a tutela della salute pubblica, come ben potrebbe fare secondo il chiaro dettato costituzionale (art.32 cost. secondo cui “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”), gli univoci indirizzi della Corte costituzionale (sentenza n. 258/1994 e, da ultimo, Corte costituzionale n. 5/2018, rel. Cartabia) e una pacifica lettura della dottrina.

È noto a tutti (tranne, evidentemente, ai no vax e a qualche ricorrente) il principio solidaristico e democratico enunciato dall’art. 2 Costituzione che tutela i “doveri di solidarietà politica, economica e sociale”, che fungono da contraltare, prevalendo sugli stessi, ai “diritti inviolabili dell’Uomo”, pur riconosciuti e garantiti dalla Carta costituzionale.

Obblighi vaccinali erano già stati disposti in passato da legislatori e Governi più attenti ai valori costituzionali ed alla salute pubblica, nel 1939, nel 1963, nel 1966, nel 1991 e nel 2017 (D.L. 73/2017, cd. decreto Lorenzin, che ha reso obbligatorie dieci vaccinazioni per i minori).

Malattie come la poliomielite e il morbillo sono state quasi del tutto sconfitte grazie all’imposizione di vaccini obbligatori, che hanno assicurato quell’interesse della collettività, che è il parametro sancito dall’art. 32 della Costituzione e palesemente prevalente sul diritto individuale a non vaccinarsi.

La Corte costituzionale ha più volte ribadito che la legge impositiva di un trattamento sanitario obbligatorio non è incompatibile con l’art 32 Costituzione: a) se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri (sentenza 307/1990); b) se vi sia la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato salvo che per quelle sole conseguenze temporanee e di scarsa entità; c) se – nell’ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio – sia prevista la corresponsione di un’equa indennità in favore del danneggiato (sentenza 307/1990).

La stessa Corte Edu, con pronuncia 24 agosto 2021, n. 41950/21, in cui si discuteva della legittimità della normativa francese che imponeva agli impiegati pubblici e, segnatamente, ai vigili del fuoco ricorrenti, ha ritenuto legittima l’imposizione legislativa.

Va poi ricordato che la affidabilità degli attuali vaccini è plasticamente desumibile dal calo dei numeri della pandemia, dai minori ricoveri ospedalieri, dalle ormai ampie sperimentazioni che hanno portato la Food and Drug Administration, l’organo che gestisce la valutazione dei farmaci negli Usa, all’approvazione completa e definitiva del vaccino anti Covid della Pfizer. Fino a questo momento il siero era stato usato con un’autorizzazione d’emergenza ottenuta l’11 dicembre del 2020. Analoga approvazione definitiva è in arrivo per altri vaccini. Si è passati dunque dalla autorizzazione d’emergenza dei vaccini inoculati a tutte le persone responsabili, all’approvazione definitiva, e ciò è avvenuto da parte degli unici organi competenti a parlare sul tema Covid19, in quanto composti da scienziati e non da uomini della strada con striscioni e megafoni o da ideologi della libertà di non vaccinarsi (che però, ammalandosi, si recano in ospedali, diventano costo per la collettività).

A fronte della situazione emergenziale che stiamo vivendo, in ordine agli interventi sin qui adottati a fronte della gravissima pandemia Covid 19, al momento, invece, il pavido legislatore, nonostante la maggiore pericolosità e diffusività della stessa rispetto ad altre patologie per cui è imposta da anni vaccinazione obbligatoria, nonostante i costi sopportati dalla collettività (vaccinata) per le cure ospedaliere (gratuite in Italia perché pagate dall’amministrazione sanitaria e, dunque, dalla collettività) di irriducibili no-vax (taluni… morti poi di Covid), e nonostante univoci approdi scientifici sulla bontà dei vaccini che hanno portato alla loro approvazione definitiva, si è limitato a stabilire forme edulcorate di moral suasion, pungoli mediatici, norme generali o settoriali (personale sanitario e scolastico) con vincoli indiretti o blande limitazioni tese a spingere alla vaccinazione volontaria.

L’obbligatorietà della vaccinazione anti Covid-19 è stata introdotta dall’articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021 solo e soltanto per tutte le professioni e gli operatori del comparto sanitario, ma con sanzioni blande e non espulsive (non è previsto il licenziamento, pur possibile a nostro avviso sul piano lavoristico, se non esistono funzioni equipollenti a cui adibire il lavoratore la cui prestazione diviene impossibile da rendere, violando, per volontario inadempimento, il sinallagma contrattuale lavoro/stipendio)

Per il restante personale, pubblico o privato, nessun obbligo è invece purtroppo al momento imposto per motivazioni politiche dettate, forse, da ricerca di consenso popolare dei no-vax (dimenticando che questo atteggiamento, attendista e pavido più che prudente, è parimenti politicamente impopolare tra vaste e prevalenti categorie di vaccinati).

Nel comparto Scuola, oggetto della pronuncia del Tar Lazio, l’art.9 ter, commi 1 e 2, del D.L. n.52/2021, il legislatore, ha invece previsto un pavido regime di “compromesso” consentendo la presentazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-Cov 2 (ovviamente da reiterare nel tempo) in sostituzione del certificato comprovante l’avvenuta gratuita vaccinazione.

Ma anche tale edulcorata previsione, non impositiva di vaccinazione, risulta non gradita ai ricorrenti nel giudizio innanzi al Tar Lazio, pur palesandosi  la previsione come introduttiva di una facoltà rispettosa del diritto del docente a non sottoporsi a vaccinazione (comunque comprimibile dal legislatore, come sopra chiarito).

La norma prevede: “1. Dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione in presenza del servizio essenziale di istruzione, tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, nonché gli studenti universitari, devono possedere e sono tenuti a esibire la certificazione verde Covid-19 di cui all’articolo 9, comma 2; 2. Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 da parte del personale scolastico e di quello universitario è considerato assenza ingiustificata e a decorrere dal quinto giorno di assenza il rapporto di lavoro è sospeso e non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato”.

Il Tar ha ritenuto, in sede cautelare, la norma rispettosa di canoni costituzionali sopra sunteggiati e non ha ravvisato fumus di fondatezza del ricorso o periculum in attesa di una sentenza definitiva sul tema. L’esito ci sembra scontato e condivisibile anche nella futura sede a cognizione piena.

Resta il fatto, che tale pavida normativa del d.l. 52/2021 sul personale della Scuola, la quale non impone obblighi vaccinali, nè sanzioni serie (anche, a nostro avviso, espulsive e non solo sospensive, ove non si possa adibire ad altre funzioni il personale), scaricherà sul “povero” dirigente scolastico oneri di verifica e controllo che renderanno più onerose le già poderose incombenze formali che gravano su questo peculiar dirigente, divenuto ormai da anni non più un leader educativo, un pedagogo tra pedagoghi, ma un burocrate abbandonato dal legislatore a centinaia di verifiche formali e procedurali e teso a schivare responsabilità e Magistrature, come ho scritto nel mio volume Tenore, Il dirigente scolastico e le sue competenze giuridico-amministrative, Anicia, Roma.

In conclusione, a mio avviso la soluzione semplice e lineare al problema vaccinale, come sembra finalmente cogliersi da recentissime e sagge parole del presidente Draghi, non può passare attraverso tamponi reiterati richiesti ai docenti, ma deve essere quello della imposizione dell’obbligo per tutti i cittadini, salvo casi limite di patologie pregresse incompatibili con la vaccinazione.

Il concetto è molto semplice e basico: il diritto (libertà) di autodeterminazione del singolo sulla propria salute è recessivo rispetto all’interesse pubblico alla tutela della salute collettiva nel contesto della grave epidemia in atto: se da un lato ci sono la rivendicazione dei propri diritti e della libertà personale, dall’altro ci sono il pericolo pandemia e il rischio contagi, oltre al costo sociale delle cure dei no-vax. La libertà di ciascuno di non vaccinarsi trova un limite costituzionale nel diritto altrui a non essere contagiato e nel non scaricare sulla collettività i costi ospedalieri di scelte di principio disancorate da approdi scientifici e meramente umorali o ideologiche.

Tale concetto è così lineare, chiaro e fondante per la democratica convivenza, da risultare stupefacente e incomprensibile la presentazione di ricorsi da parte di educatori e loro rappresentanti sindacali, che dovrebbero invece insegnare ai propri allievi cosa sia la civile convivenza, la democrazia fondata sul rispetto altrui, che rappresenta il limite, invalicabile, per le libertà individuali. Ma, purtroppo, l’ignoranza, è una brutta bestia come insegnavano un tempo i miei maestri, quelli bravi, sin dalle scuole elementari”.

 

 

 

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