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Green pass all’università? La partenza è un gran pasticcio. Il caso Roma Tre

Docenti che devono controllare il green pass ma che non sono a loro volta controllati, aule piene di persone che non hanno mostrato la certificazione (l’obbligo c’è solo per chi sostiene l’esame, ma le sessioni sono pubbliche e chiunque può accedere). Nessuna verifica per chi va in biblioteca o negli uffici. La ripresa delle attività universitarie tra difficoltà e incertezze

Mentre il Governo porta in Parlamento l’estensione dell’obbligo green pass a tutta la P.A. e ai settori nevralgici del privato, cominciano ad emergere le prime falle di un sistema che sconta l’avvio in pieno agosto.

A farsi cogliere impreparato è il mondo universitario, un ambito delicato perché raccoglie quei giovani under 30 e over 18 – potenziali veicoli di contagio per il prossimo, soprattutto nei nuclei familiari – sui quali dall’inizio dell’estate si è spinto verso la vaccinazione in tempi rapidi. Molti dei quali sono appena tornati da vacanze in Italia e all’estero e dunque più esposti al virus.

Settembre per l’Università vuole dire sessione di esami, vuol dire concorsi di accesso ai corsi di studi, al post lauream e presto o tardi vuol dire avvio delle lezioni.

Eppure a Roma, nella terza università della Capitale, la giovane Roma Tre, si sta materializzando già in questi primi giorni uno stato di disorganizzazione preoccupante.

Gli studenti, documentazione alla mano e ligi al dovere, si sono presentati all’ingresso dei locali senza incontrare alcun controllo del green pass; solo una volta entrati in aula, per chi si è recato a sostenere l’esame, la certificazione è stata richiesta dal docente titolare dell’insegnamento.

La procedura adottata da Roma Tre pone ben più di una domanda: come è possibile demandare ai docenti un controllo che andrebbe eseguito all’ingresso?

Viene subito da chiedersi infatti in che misura il docente abbia le competenze e gli strumenti per eseguire un controllo così delicato, anche nel senso della sicurezza del controllore.  Nell’ipotesi che lo studente non abbia un green pass valido o non lo abbia affatto, poi, lo sfortunato docente si troverebbe nella situazione di dover espellere il trasgressore, non si sa bene con modalità.

Senza trascurare l’aspetto, affatto secondario, della pubblicità degli esami in presenza che implica la possibilità di assistere a chiunque abbia interesse all’ascolto indipendentemente dalla volontà di sostenere l’esame. Per ogni studente che si siede a sostenere l’esame ce ne possono essere dieci che entrano in aula per appuntarsi le domande poste da professore e assistenti.

Oltretutto sorge il dubbio legittimo sui controlli al personale: senza un punto di verifica all’ingresso chi accerta che il docente e tutto il resto del personale universitario sia in regola col certificato verde? Ovvero: chi controlla il controllore?

Ancora, che cosa accade agli studenti che si recano in bilbioteca o negli uffici? Da chi vengono controllati?

Volendo ipotizzare lo stesso scenario in una scuola, la certificazione dei giovani studenti dovrebbe essere convalidata, solo una volta in classe, dai professori, mentre qualunque attività si svolga fuori dalle aule non sarebbe sottoposta a controllo.

È mai possibile?

Certamente la scelta del governo di imporre il green pass nelle strutture ospedaliere, nella scuola e nell’Università comunicata durante il mese di agosto non ha aiutato l’adozione rapida di sistemi di controllo adeguati; ma viviamo in emergenza, e l’emergenza non conosce vacanza.

L’atto di autoresponsabilità, la pandemia lo ha dimostrato, non va dato per scontato: ma anche per coloro che hanno deciso di adeguarsi spontaneamente e convintamente alle raccomandazioni delle Istituzioni, incappare nel lassismo organizzativo, dove poco basterebbe per far funzionare la macchina, diventa ulteriore motivo di scontento e frustrazione.


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