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Il momento del rilancio Italia-Usa. Arpino legge la visita di Guerini

Nella visita di Lorenzo Guerini a Washington ci sono tutti i temi tradizionali del rapporto tra Italia e Stati Uniti. Eppure, il momento attuale aggiunge una forte novità, con l’impressione che il nostro ministro stia presentando al Pentagono un plenipotenziario con deleghe plurime. Ecco perché, nel commento del generale Mario Arpino, già capo di Stato maggiore della Difesa

Al di là della composizione e qualificazione politica dei rispettivi governi, Italia e Stati Uniti sono stati sempre reciprocamente importanti. Può accadere che a volte si guardino con un po’ di sospetto, e ciò succede quando l’assetto ideologico prevale (o si trova in contrasto) sul pragmatismo che le relazioni internazionali sempre richiedono. Nella ciclicità dell’atteggiamento espansivo (“guardiani del mondo”) o isolazionista della politica americana, gli Usa hanno sempre guardato al nostro Paese come a una risorsa amica, e l’Italia (come tutta l’Europa) ha sempre guardato agli Stati Uniti come porto sicuro, nel quale potersi ancorare in caso di emergenza.

All’occorrenza il pragmatismo, pur senza rinunciare ai principi, deve saper superare ogni ostacolo ideologico o culturale. Loro, ad esempio, sanno che nessuno qui metterà in seria discussione l’antica disponibilità di una dozzina di basi. Infatti, l’accordo politico sull’uso di alcune nostre infrastrutture militari da parte Usa (più noto come accordo “ombrello”), siglato dall’affascinante ambasciatrice Clara Boothe Luce e dal ministro Mario Scelba nel lontano 20 ottobre 1954, da allora rimane tranquillamente in vigore. Sono invece stati rivisti più volte, invece, gli annessi tecnici che riguardano ciascuna installazione. Questo è sempre possibile, e altri esempi non mancano.

Il rapporto quindi è ben solido, ma ha bisogno di una manutenzione periodica, che tenga conto senza drammatizzare di eventuali differenze di opinione, sempre possibili, o di comportamenti non del tutto graditi. Atteggiamenti che, lo sappiamo, sono il sale della vita quotidiana perfino nelle famiglie più unite. Il ministro Lorenzo Guerini, persona seria e affidabile, ormai nota come tale anche al di là dell’organizzazione politica che lo ospita, è l’uomo ideale per “manutenere “ questo rapporto, che non tutti i predecessori hanno convenientemente salvaguardato. Il fatto che egli sia, assieme all’attuale presidente del Consiglio, l’interlocutore preferito dagli Stati Uniti, è ormai un’ evidenza fuori da ogni ragionevole dubbio.

Nel corso del precedente governo (gennaio 2020), al suo primo mandato e mentre negli Usa il Comandante in Capo era ancora Donald Trump, il ministro Guerini era stato invitato in visita ufficiale. Si era intrattenuto a lungo con Mark Esper, allora al vertice del Pentagono. Se in Italia la Difesa non trova ampio spazio in Parlamento e per i politici occuparsene comporta un alone di negatività, oltre Atlantico, invece, è un importante oggetto di discussione di natura sempre bipartisan. Come oggi, anche allora eravamo in una fase assai delicata delle relazioni internazionali, con molti dossier sui quali – ce lo aveva ricordato Formiche – l’interesse nazionale passava attraverso il consolidamento del rapporto con gli Stati Uniti.

Oggi, nonostante le sventure di ispirazione obamiana che penalizzano Joe Biden, è ancora così, e il rapporto positivo continua. Infatti, proprio il 22 agosto scorso, nel pieno della crisi afghana, è intercorsa una lunga telefonata tra il nostro ministro con l’attuale segretario della Difesa Usa Lloyd Austin, cui risulta sia seguito un nuovo invito a visitare il Pentagono. A questo punto il nostro pensiero immediato non può che essere: allora “Italy matters”. Effettivamente questo interesse per l’Italia c’è, ed il momento è favorevole per metterlo a frutto senza veli o falsi pudori. Tanto più che, finalmente, c’è chi ha la tempra, la credibilità e il coraggio per farlo.

La maggior parte dei dossier non sono cambiati molto dall’epoca della visita a Esper, così nel settore economico-industriale è ancora presente F-35, il Marine Group di Fincantieri si appresta a costruire per la US Navy alcune unità da combattimento, c’è il contratto per gli elicotteri con Agusta Westland, è in corso di ridimensionamento la presenza di Leonardo in Stx, e altro ancora. Poi c’è tutto il discorso, più volte emerso, della riscrittura del Concetto operativo della Nato e, perché no, quello emergente della nomina del prossimo segretario generale della Nato, visto che l’Italia è stata tenuta a digiuno da decenni.

Tutto interessante e importante, ma difficilmente saranno questi gli argomenti sui quali si incentreranno le conversazioni. Ce ne sono di nuovi. Questa volta, infatti, il nostro ministro si presenta a Washington in una veste insolita e in un momento tutto particolare, tanto che è viva l’impressione che più che un semplice ministro, stia presentandosi al Pentagono un plenipotenziario con deleghe plurime. Gli Usa, dopo gli ultimi eventi, potrebbero aver compreso che di fronte ad alleati fedeli (Nato) e amici sicuri ma ragionevolmente critici (Unione europea e vicinato), non possono continuare a decidere da soli i destini altrui, ma dovranno prima o poi rassegnarsi ad ascoltare voci amiche, credibili, rappresentative e sincere. Sembra proprio che questo momento sia giunto.

Lorenzo Guerini, oggi in grado di mediare con autorevolezza tra Parigi e Berlino, ma anche di colloquiare con Londra e Bruxelles, in casa è sostenuto da Sergio Mattarella, da Mario Draghi ed è guardato benevolmente perfino dall’opposizione. È appena reduce da una riunione informale tenuta a Lubiana dai ministri della Difesa dell’Unione e rappresenta un Paese che sta presiedendo il primo G20 dal quale potrebbero scaturire decisioni davvero forti e innovative. In più, l’Italia è il Paese che sta tessendo la tela per una sessione straordinaria, che abbia per oggetto l’Afghanistan.

Il nostro ministro della Difesa, in questo momento, porta con se a Washington un bagaglio prezioso, che contiene tutto il know-how oggi necessario per rompere questa fase di stallo nelle relazioni internazionali. La speranza è che Lloyd Austin lo ascolti con apertura, gli ponga le domande giuste e riferisca per filo e per segno al suo disorientato Comandante Supremo.

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