Debacle elettorale degli islamici del Pjd dopo 10 anni di governo, le elezioni politiche hanno visto una schiacciante vittoria dell’Rni e dei socialdemocratici del Pam
Le elezioni politiche che si sono svolte l’8 settembre in Marocco hanno provocato un vero terremoto politico sovvertendo tutti quelli che erano i rapporti di forza tra i partiti degli ultimi 10 anni. Ha vinto infatti le elezioni il partito del Raggruppamento nazionale degli indipendenti (Rni) del ministro dell’Agricoltura, Aziz Akhannouch. Secondo i dati del ministero dell’Interno, dopo aver scrutinato il 96% dei voti, il partito di ispirazione liberale, che più di tutti in questi anni si è opposto al governo a guida degli islamici di Giustizia e Sviluppo (Pjd), ha ottenuto 97 seggi.
Al secondo posto si è piazzato un altro partito di ispirazione moderata, con posizioni più vicine alla socialdemocrazia europea, di Tradizione e Modernità (Pam) con 82 seggi. Il partito conservatore di Istiqlal invece ha ottenuto 78 seggi seguito dall’Unione delle forze socialiste (Usfp) con 35 seggi, dai berberi del Movimento popolare con 26 seggi, dal partito di sinistra di Progresso e Socialismo (Pps) con 20 seggi e dall’Unione per la Costituzione (Uc) con 18 seggi. Sonora invece è stata la sconfitta subita dal partito islamico di Giustizia e Sviluppo (Pjd), legato in parte alla Fratellanza musulmana, che ha ottenuto solo 12 seggi.
Quindi gli islamici marocchini, seppur moderati, hanno perso il controllo del parlamento di Rabat, anche se quella che l’elettorato ha dato loro è stata un’umiliazione più che una sconfitta. Il Pjd è passato dall’avere 125 seggi nel parlamento uscente a 12. Questa sconfitta è arrivata proprio nelle elezioni che, nonostante la crisi per il Covid-19, ha visto il più alto numero di partecipanti al voto con un’affluenza del 50,35%. Una bocciatura sonora quindi degli ultimi 10 anni di governo che riguarda sia il primo premier islamico della storia del Marocco, Abdel Ilah Benkirane, che il secondo, Saadeddin El-Uthmani.
Secondo l’analisi del presidente dell’Istituto del mondo arabo di Parigi, Jack Lang “le elezioni dell’8 settembre rafforzano l’influenza del Marocco, le sue radici democratiche e il suo prestigio internazionale e sono un esempio di democrazia pluralista del tutto unico in Africa”. Soddisfatto dell’esito di queste elezioni anche il deputato francese, Pierre-Henri Dumont, che all’agenzia di stampa locale “Map” ha commentato: “La democrazia marocchina è un esempio nel bacino del Mediterraneo meridionale e una garanzia di stabilità per tutti i partner, compresa la Francia”.
Il prossimo governo, risultato di queste elezioni, intraprenderà riforme e progetti, sotto la guida del Re Mohammed VI. Gli osservatori locali ritengono che l’affluenza abbastanza alta al voto sia anche un ottimo segnale alla luce delle restrizioni dovute alla pandemia impone dei vincoli. Secondo il giornalista tunisino dell’emittente “Al-Jazeera”, Mohamed Krishan, “i risultati delle elezioni legislative marocchine confermano che la vittoria degli islamisti nelle urne non è inevitabile, come alcuni pensano. Le persone che li hanno portati al primo posto in parlamento nel 2016 con 125 seggi, sono state ora capaci di punirli, perché oggi ne hanno solo 12. Così si rispettano le regole del gioco, e questa è una lezione eloquente dal Marocco agli altri paesi arabi”.