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Election day in Marocco. Covid, economia e tensioni regionali

Nonostante la pandemia, il Marocco si prepara alle elezioni legislative. Occasione per fare una panoramica del Paese: la forza degli investimenti, il rapporto con Stati Uniti e Israele, il successo della campagna vaccinale, la maggiore partecipazione femminile, i problemi con l’Algeria

Il Marocco sfida la crisi da Covid-19 e le tensioni regionali con la vicina Algeria andando domani 8 settembre al voto per un election day che vede gli elettori pronunciarsi per il rinnovo del parlamento, dei consigli regionali e di quelli comunali.

Si tratta delle terze elezioni legislative della sua storia dalla riforma costituzionale del 2011. Per gli analisti di Rabat quella di domani sarà una consacrazione della nuova democrazia marocchina successiva alla Primavera araba degli anni 2010-2011. Approfittando di questo avvenimento che ha scosso tutti i Paesi del Maghreb, il Marocco ha avviato una profonda revisione del proprio sistema di governo, che ha portato a un relativo riequilibrio dei poteri, in particolare riducendo le prerogative del re, Mohammed VI.

Dal 2011 la costituzione marocchina prevede in particolare che il capo del governo sia nominato all’interno del partito che ha vinto le elezioni legislative. Inoltre, il potere del primo ministro marocchino, sebbene ancora limitato, è cresciuto negli ultimi 10 anni, dandogli sempre più margine di manovra, ad esempio nella nomina della maggior parte dei funzionari pubblici.

L’8 settembre quindi quasi 18 milioni di elettori saranno chiamati a nominare i 395 parlamentari che li rappresenteranno nell’Assemblea nazionale. Alle urne, il Partito per la giustizia e lo sviluppo (Pjd) e il Partito per l’autenticità e la modernità (Pam) dovrebbero essere i principali partiti politici a competere per ottenere la maggioranza alla Camera dei rappresentanti. Eppure, alla luce del calo dei consensi che stanno registrando gli islamici del Pjd non è escluso che una sorpresa possa arrivare dal partito liberale dell’Rni del ministro e uomo d’affari Aziz Akhannouch o dallo storico partito di Istiqlal.

Si tratta di una tornata elettorale che sarà comunque segnata dall’emergenza sanitaria. La pandemia che sta colpendo anche il Paese del Maghreb arabo ha già portato a una riorganizzazione del processo di campagna elettorale, iniziata ad agosto, che per la prima volta si è concentrata principalmente sul rispetto delle misure di distanziamento sociale e sull’utilizzo dei canali digitali per raggiungere gli elettori. Nonostante questi vincoli, lo svolgimento di queste elezioni è il risultato di una strategia propositiva volta a gestire la crisi sanitaria. Oltre il 60% della popolazione marocchina fino ad oggi ha ricevuto almeno una dose di vaccino.

Il governo scelto dagli elettori marocchini domani sarà chiamato a gestire importanti flussi di investimenti pubblici. Sulla carta il Marocco ha tutte le carte in regola per scalare la vetta dei Paesi emergenti. Ma i dati di crescita (tra il 5,5% e il 5,8% nel 2021) non sono all’altezza delle aspettative. Ciò è in parte dovuto alle disfunzioni del sistema educativo e dal peso delle disuguaglianze sociali. Per questo il Marocco ha adottato un nuovo modello di sviluppo elaborato da una commissione ad hoc rispondente direttamente al Re. Sarà compito del prossimo esecutivo passare al livello operativo, in particolare per ridurre le disuguaglianze di reddito e riequilibrare la natura della crescita marocchina per renderla più inclusiva e sostenuta.

Tangeri, che ha affascinato generazioni di scrittori, è la vetrina e il simbolo delle trasformazioni economiche del Paese. La creazione di una zona franca e di un gigantesco porto sul Mediterraneo (Tanger Med), di autostrade, dell’alta velocità ferroviaria (unico nel continente africano ad avere una rete di linee ad alta velocità) in poco più di un decennio, l’ha trasformata in un importante polo logistico e industriale tra l’Europa e l’Africa.

L’arrivo della Renault ha permesso anche al settore automobilistico di decollare. Quella di Peugeot-Citroën, con sede a Kenitra, una cinquantina di chilometri a nord della capitale, Rabat, ha confermato l’attrattività del Regno con 700.000 veicoli che lasciano gli impianti di assemblaggio ogni anno. L’aeronautica non è esclusa: embrionale all’inizio del millennio, il settore contribuisce con oltre 1,5 miliardi di euro alle esportazioni marocchine, quelle verso la Francia in costante aumento.

Lo studio pubblicato nel luglio 2021 dal centro Deloitte sottolinea che “in un contesto di crisi globale causata da Covid-19, il Regno del Marocco ha dimostrato una notevole reattività in termini sanitari, nonché economico e finanziario. Il Regno ha saputo riorganizzare il tessuto produttivo per bloccare le ondate di contagi, mettendo in atto importanti misure destinate a fungere da ammortizzatore economico al rilevante shock sociale indotto dalle misure di contenimento”. Lo stesso studio aggiunge che il regno ha avviato riforme fondamentali tra cui l’istituzione del fondo Mohammed VI per gli investimenti, l’ampliamento della protezione sociale o la legalizzazione della cannabis a fini terapeutici”.

Queste elezioni avranno anche un’importanza eccezionale dal punto di vista della configurazione geopolitica di Rabat. Da un mese il mondo ha gli occhi fissi sull’Afghanistan, per il ritorno al potere dei talebani e il disimpegno statunitense. Ma in Marocco, sul piano diplomatico, gli anni 2020 e 2021 hanno sicuramente visto i maggiori sviluppi, contribuendo ad accrescere le tensioni con la vicina Algeria, che ha portato quest’ultima a troncare unilateralmente le relazioni diplomatiche con Rabat lo scorso 24 agosto.

All’origine di questa decisione, diversi fattori da tenere in considerazione. In primo luogo, il riconoscimento da parte degli Stati Uniti della sovranità marocchina sul Sahara occidentale nel dicembre 2020. Considerato uno dei più antichi conflitti a bassa intensità del mondo, la disputa oppone il Marocco, che amministra questo territorio in gran parte desertico nel sud del Regno, al Fronte Polisario, sostenuto politicamente, finanziariamente e militarmente dall’Algeria. In secondo luogo, la ripresa delle relazioni diplomatiche tra Marocco e Israele, un Paese in cui vivono quasi 700.000 ebrei marocchini, hanno accresciuto le tensioni tra i due Paesi vicini. Più di recente, un’iniziativa del rappresentante del Marocco presso le Nazioni Unite, volta a sostenere il movimento autonomista in Cabilia, ha agito da “Casus Belli” per l’Algeria, portando quest’ultima a recidere i rapporti con il suo vicino, con il quale le frontiere terrestri sono state chiuse dalla metà degli anni ’90, nonostante i numerosi appelli di Rabat per riaprirli.

Al di là di questi elementi, le elezioni dell’8 settembre, per il quale sono stati schierati quasi 4.500 osservatori nazionali e stranieri, mostra una fondamentale differenza di traiettoria tra i due vicini del Maghreb. Da un lato abbiamo un Marocco offensivo a livello diplomatico, industriale ed economico, ma che soffre ancora di polarizzazione sociale e forti disparità di reddito. Dall’altro, una potenza petrolifera e del gas duramente colpita dal crollo del prezzo del barile dal 2014 e il cui contesto politico è ancora fragile a seguito dei movimenti di rivolta “Hirak” che hanno portato alla caduta dell’ex presidente Abdelaziz Bouteflika del 2019.

Infine, si registra in questa tornata elettorale una maggiore partecipazione femminile. La questione del posto dato alle donne in politica è stata presa di petto dalla Costituzione del 2011. Un passo avanti derivante da un processo di riforma iniziato nei primi anni 2000 e che ha riguardato in particolare il Codice della famiglia e il posto delle donne nella società nel 2004. Nel 2011 la riforma della Costituzione ha elevato, tra l’altro, l’uguaglianza di genere a principio costituzionale, consolidando così i risultati della riforma del 2004. Tutto questo si è tradotto con l’introduzione delle quote rosa e un aumento dei seggi destinati alle donne dal parlamento ai consigli comunali.


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