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Mattarella bis o Draghi al Colle. Tutti gli ostacoli nella partita del Quirinale

Dal 7 gennaio iniziano le votazioni del Parlamento in seduta comune per il nuovo Presidente della Repubblica e il primo problema consiste nel capire se sarà rinnovato Mattarella. Se invece dovesse essere eletto Draghi, cosa succederebbe nelle ore successive? Chi guiderebbe il governo a nuove elezioni?

Chi sarà il prossimo Presidente della Repubblica? Il quadro politico italiano dei prossimi mesi passa da questo snodo fondamentale. Dal 7 gennaio iniziano le votazioni del Parlamento in seduta comune per il nuovo Presidente della Repubblica e il primo problema consiste nel capire se sarà rinnovato Sergio Mattarella. Una soluzione nel segno della continuità.

Tutti sappiamo che già Giorgio Napolitano è stato rieletto per un nuovo settennato, nel silenzio della Costituzione. In Assemblea costituente si discusse a lungo sulla durata in carica del Capo dello Stato. Il compromesso fu trovato nel testo del primo progetto: “Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni e non è rinnovabile”. Ma nella discussione finale gli animi politici si erano inaspriti e non si trovò un accordo lasciando semplicemente la durata di sette anni.

Del resto, in quegli anni Franklin Delano Roosevelt si era fatto eleggere per quattro mandati presidenziali. Nel silenzio della Costituzione Usa sulla rieleggibilità. E proprio in quei primi mesi del 1947 il Congresso Usa stava avviando la procedura che avrebbe portato alla introduzione del XXII emendamento costituzionale: cioè il limite del doppio mandato.

In pratica, nella Costituzione italiana il problema della rieleggibilità è rimasto aperto. Certo, è vero che 7 anni è già una durata lunga, quindi la rielezione non sembra opportuna in una logica di alternanza del potere. Ma, non essendo vietata, è ben possibile. Con tutti i problemi che ne discenderebbero sulla instaurazione di una prassi costituzionale sul rinnovo e sulle eventuali dimissioni anticipate che potrebbe adottare Mattarella come fece già Napolitano. Trasformando il settennato in una sorta di “novennato”.

La seconda opzione di cui si parla da settimane è quella di Mario Draghi al Quirinale. Sicuramente sarebbe una soluzione gradita a molti, ma che creerebbe un problema pratico sul governo. Non esistono precedenti di Presidenti del consiglio che diventano direttamente capo dello Stato, ma Draghi dovrebbe subito dimettersi da Palazzo Chigi, lasciando il governo senza premier. Al momento non esiste un vice-presidente del consiglio per cui la direzione del governo per il disbrigo degli affari correnti spetterebbe al ministro anziano (ad oggi, Brunetta).

Ma a quel punto si aprirebbero una serie di problemi non da poco: andare a votare subito senza attendere la scadenza della legislatura al 2023? Oppure procedere con un nuovo governo probabilmente a guida non politica? La scelta spetterebbe allo stesso Mario Draghi che dal Colle dovrebbe decidere, tra i suoi primi atti, se sciogliere le Camere oppure indicare un nuovo presidente del Consiglio.

Sarà sicuramente un inizio anno ricco di suspence e, forse, di sorprese sul fronte politico.

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