L’esercitazione con cui la Nato intende continuare a dimostrare capacità di reazione e coinvolgimento davanti a (eventuali) altre aggressioni russe all’Ucraina
Quindici tra Paesi Nato e partner hanno avviato il 20 settembre l’esercitazione “Rapid Trident 2021” in Ucraina occidentale. Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Italia, Lituania, Polonia, Romania, Bulgaria, Moldova, Ucraina, Turchia, Georgia, Giordania e Pakistan si addestrano insieme fino al primo di ottobre mostrando armi e integrazione (logistica e comunciazioni) in quello che dal 2014 — dopo l’annessione crimeana e la guerra nel Donbas — è diventato il quadrante geopolitico del confronto tra Russia e Usa-Ue.
L’esercitazione, che segue una cadenza annuale, era programmata ma non sfugge che arriva a poche settimane di distanza da “Zapad 21”, le manovre russo-bielorusse a cui Rapid Trident sembra essere una risposta politica più che militare. Più delle forze in campo, conta infatti il numero di Paesi coinvolti, è quello l’indice della risposta rapida a un’eventuale (improbabile, non impossibile) aggressione russa su larga scala contro l’Ucraina.
Con Zapad, la Russia ha spostato 200 mila uomini, 290 carri armati, 80 velivoli, 15 navi; ha effettuato dei training simulando attacchi e difese di categoria nucleare; ha dimostrato che Minsk è un partner utile per proiezioni di forza. La Bielorussia serve a Mosca anche nel quadrante ucraino, chiudendo il paese da nord.
Anche per questo Kiev vorrebbe qualcosa in più, è stranoto. La disponibilità di quei 15 eserciti occidentali rassicura solo parzialmente gli ucraini, che piuttosto vorrebbero una completa integrazione nella Nato. In quel modo avrebbero la sicurezza dell’Articolo 5, la difesa collegiale. Ma difficilmente arriverà: se per gli europei sarebbe un’alterazione troppo profonda delle relazioni con la Russia, per gli americani non è un interesse cruciale — tanto l’Ucraina è un partner fedele.
Ne esce da questo il limitato senso tattico-militare di certe manovre, sostenuto tuttavia dal valore politico. Probabilmente pochi (nessuno?) di quei 15 Paesi sarebbero disposti a ingaggiare una guerra aperta con Mosca per difendere con le armi un’aggressione ampia contro Kiev. Tuttavia tutti sono pronti a fare fronte comune su altri terreni. E, come s’è visto con le sanzioni esistenti, capaci di mantenere una compattezza problematica per la Russia.