Skip to main content

Il jolly Scholz per gli orfani di Merkel. Le elezioni viste da Niglia

Il consigliere scientifico dello Iai a Formiche.net: “Il rapporto con Ankara? Dipenderà dal risultato dei singoli partiti. È forse prematuro ed eccessivo pensare ad una capacità dei Verdi di dominare il quadro politico in modo totale”

Laschet sconta l’essere espressione della più profonda continuità rispetto all’amministrazione Merkel, mentre Scholz ha dalla sua una buona combinazione di fattori. Queste le previsioni elettorali che fa a Formiche.net Federico Niglia, consigliere scientifico dello Iai e grande esperto di questioni tedesche. Niglia, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università per Stranieri di Perugia e al Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss Guido Carli, ha anche scritto con Beda Romano e Flavio Valeri il volume “Italia e Germania. L’intesa necessaria (per l’Europa)”, Bollati Boringhieri in cui sostiene che Roma e Berlino, se continueranno a declinarsi come europee, dovranno farsi carico di un obbligo di governo, di visione e di gestione che è sicuramente oneroso, e potenzialmente, in grado di creare tensioni rispetto alla dimensione interna, ma l’unica via percorribile.

Il terzo dibattito televisivo sembra aver incoronato come vincitore Olaf Scholz, candidato cancelliere per il Partito Socialdemocratico (Spd) alle elezioni tedesche di domenica prossima. Cosa ha in più rispetto agli avversari?

Ha dalla sua una buona combinazione di fattori. Il primo quello di essere rappresentante di un partito che, anche grazie a lui, è risalito nei sondaggi, riguadagnando identità e consenso. Ciò lo pone come alternativa rispetto al potere cristiano democratico che, pur essendo stato esercitato sino ad ora in regime di grande coalizione, ha visto comunque la centralità di Angela Merkel.

Il fatto che Scholz sia un socialdemocratico moderato e quindi potenzialmente centrista, convincerà gli elettori che cercano la continuità dopo Merkel?

È un leader moderato che ha mostrato le sue capacità in veste di ministro delle finanze. Ha gestito la necessità di aprire nuove frontiere all’Ue, senza che ciò venisse percepito dai tedeschi come una abdicazione rispetto ai valori di finanza pubblica che stanno molto a cuore all’elettorato.

Crede che la performance dei Verdi, incoraggiata dai risultati delle regionali, sarà continua o solo una parentesi?

I Verdi hanno sperimentato un forte consolidamento che deriva sia dai risultati regionali ottenuti negli ultimi anni, sia da un rafforzamento a livello nazionale del loro consenso. Dobbiamo prendere atto che il partito ha compiuto una profonda mutazione nel suo dna: ora potenzialmente assume più una forma di governo che di opposizione. Rimane il fatto però che è forse prematuro ed eccessivo pensare ad una capacità dei Verdi di dominare il quadro politico in modo totale: per cui credo sia giusto affermare che hanno compiuto un salto di qualità enorme che li proietta in un settore rilevante della coalizione, fermi restando i loro limiti strutturali che permangono e che ne impediscono l’ascesa.

Quali passi falsi ha commesso Laschet? Un errore estromettere Merz?

Laschet, a parte alcune cadute di stile, sconta l’essere espressione della più profonda continuità rispetto all’amministrazione Merkel. Peserà. Sembra essere, per certi aspetti, il tentativo di rinnovare una leaadership senza innovarne le caratteristiche. L’aver estromesso Merz non è stato un atto negativo, anche perché si sono confrontati presentando visioni diverse: e alla fine il primo ha prevalso. Laschet poi lo ha incluso nel suo team elettorale. Resta chiaro che però Merz non riesce a parlare a quella totalità di elettori che riusciva a toccare Merkel: ecco un limite forte di Laschet che, al momento, traspare dai sondaggi.

Sostanzialmente cambierà poco nelle policies interne ed internazionali, visto che quasi tutti i partiti in gara (tranne AfD) sono europeisti e atlantisti?

Credo che la Germania cambierà come governo, ma mi aspetto una continuità delle sue politiche proprio perché i partiti che si stanno confrontando sono tutti orientali in chiave europea. Ci saranno variazioni che non intaccheranno il nesso che esiste tra Germania ed Europa.

La cancelliera uscente con Erdogan ha perseguito un approccio conciliativo. Il nuovo governo farà lo stesso?

Dipenderà anche da come muteranno i pesi elettorali nelle urne. Ci sono alcuni temi, come i diritti e l’immigrazione, sui quali peserà il prevalere di una forza o meno, e determinerà una maggiore o minore flessibilità del nuovo governo.

La tesi del suo libro è che Italia e Germania devono guardare ad un’intesa necessaria (per l’Europa). A quale prezzo?

Il prezzo che tutti i Paesi pagano è quello di un’apertura e di un continuo negoziato per cambiare. Italia e Germania rappresentano certamente uno dei legami più forti che caratterizza l’Ue e tale legame può alimentare l’Ue. Ma al contempo bisogna essere pronti ad accettare i compromessi al prezzo di una sovraesposizione di due paesi fondatori, rispetto ai molti problemi che caratterizzano l’Europa. Roma e Berlino, se continueranno a declinarsi come europee, dovranno farsi carico di un obbligo di governo, di visione e di gestione che è sicuramente oneroso, e potenzialmente, in grado di creare tensioni rispetto alla dimensione interna. Ma questa è l’unica via per permettere a questi due Paesi, non solo di riformare in meglio l’Europa, ma anche di riformare loro stessi.

@FDepalo


×

Iscriviti alla newsletter