Un nuovo “Mattino” per Giancarlo Siani. Un libro in edicola con il quotidiano di Napoli dove ha lavorato il giornalista ucciso dalla mafia riporta in vita articoli e battaglie a 36 anni dalla morte
A 36 anni dall’assassinio di Giancarlo Siani Il Mattino regalerà, giovedì 23 settembre in edicola, un libro che contiene un’antologia degli oltre cento articoli scritti tra il ’93 e il ’95. Dalla prima notizia pubblicata in esclusiva in prima pagina su Migliorino che aveva reso prime dichiarazioni su Siani, alla rilettura di tutti i faldoni delle precedenti inchieste miseramente naufragate, e poi la ricerca di chi aveva conosciuto Giancarlo, soprattutto fuori dal giornale, e che poteva rivelare aspetti del suo lavoro rimasti nell’ombra.
Un’inchiesta giornalistica resa possibile grazie al direttore dell’epoca, Paolo Graldi, che nel libro racconta di quegli anni. Un impegno giornalistico, sottolineato dal direttore Federico Monga, ma soprattutto morale perché non si trattava solo di condurre una lunga battaglia ma di provare, a distanza di otto anni, a rimarginare anche la ferita aperta con la famiglia Siani, facendo piazza pulita di pettegolezzi, false notizie, sbandate giudiziarie, avvalorate anche dal giornale e che avevano scandito gli anni precedenti tanto da incrinare il rapporto con i familiari della vittima.
Nel libro in edicola c’è infatti una lettera di Mario Siani, il papà di Giancarlo e che finora non era mai stata resa pubblica. È indirizzata a Pietro Gargano, il caporedattore dell’epoca che coordinò il lavoro di Pietro Perone e Giampaolo Longo, Daniela De Crescenzo. “L’unica nostra consolazione è che il sacrificio di Giancarlo non venga dimenticato, mai, l’azione del Il Mattino ci dà la fondata speranza che ciò avverrà”, scriveva il padre del cronista.
“Per Giancarlo, dalla verità sul delitto al mistero del dossier mai trovato” è il titolo del libro che sottolinea come restano degli aspetti oscuri perché Siani scriveva all’amica bolognese, Chiara Grattoni, “abbiamo foto bellissime e notizie che nessuno ha mai pubblicato”. Nel volume c’è anche lo schizzo della copertina, fatto da Giancarlo, in calce alla lettera. Dov’è finito il libro-dossier di Siani?
Quella lettera saltò fuori da vecchi faldoni e sembrò assurdo che nessuno avesse provato a imboccare quella pista. Non solo: i giornalisti del Mattino scoprirono che Chiara era stata sentita velocemente nei giorni successivi al delitto da un poliziotto bolognese e mai più convocata dai magistrati. Invece raccontò dopo otto anni che Siani le aveva detto di essere minacciato, per poi sminuire dicendo che “tanto a Napoli tutti i giornalisti subiscono intimidazioni…” Cercare dunque il dossier fu l’altro obiettivo dell’inchiesta giornalistica, ma né Il Mattino né gli investigatori sono mai riusciti a trovarlo.
Il giornale di Giancarlo raccontò intanto quasi quotidianamente, a partire dal ’93 e fino all’arresto di mandanti e killer avvenuto due anni dopo, di Siani per quello che era, un giovane coraggioso, l’unico a scrivere che il clan Gionta di Torre Annunziata, attraverso i Nuvoletta di Marano, era affiliato alla cosca di Totò Riina. Il solo a scrivere che sempre Gionta, quando era latitante e ospite dei Nuvoletta era stato venduto ai carabinieri dallo stesso clan alleato. Tanto si è discusso sul movente e si discute ancora: è stato il tradimento dei Nuvoletta, finito sul giornale, l’unico motivo per cui Giancarlo è stato ucciso?
Ovviamente no, ma è stato quello il “problema” più grosso causato nell’85 alla mafia, quella che Siani quotidianamente sfidava a viso aperto. C’era però tanto altro per cui quel “ficcanaso” di Giancarlo doveva morire: lui sapeva, per esempio, che ogni appalto del Comune di Torre Annunziata era comprensivo di tangenti per politici e camorra e lo faceva capire nei suoi pezzi, come quando fa dire a uno studente tra virgolette “la camorra è lì sul palco” riferendo di una cerimonia con l’allora sindaco Bertone.
“Siani, il cerchio di chiude” titolò Il Mattino in prima pagina il 25 ottobre del 1995 mentre il blitz per arrestare mandanti e killer di Giancarlo era ancora in corso.
Nel libro il caporedattore dell’epoca, Antonino Pane, amico di Siani e che aveva lavorato con lui nella redazione di Castellammare, racconta di quella notte quando entrò in tipografia gridando: “Ferma le macchine, cambiamo la prima pagina”. Non uno scoop, ma un dovere verso quel collega ucciso a 26 anni e che rinsaldava il rapporto imprescindibile tra Il Mattino e Siani.