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Chi è Stefano Turchetto, il nuovo comandante dell’operazione Irini

Classe 1966, di Treviso, negli ultimi due anni Turchetto è stato comandante della Prima divisione navale di La Spezia, assumendo per quattro turni il comando dell’operazione Mare sicuro nel Mediterraneo centrale. Dal prossimo primo ottobre prenderà il posto di Fabio Agostini, al comando dell’operazioni Irini sin dalla sua nascita, a marzo dello scorso anno. Da allora ha investigato oltre 3.700 unità in navigazione nel Mediterraneo centrale

Sarà il contrammiraglio Stefano Turchetto a prendere il posto del collega Fabio Agostini al comando dell’operazione Irini, il massimo sforzo militare espresso dall’Unione europea per la stabilizzazione e pacificazione della Libia. Assumerà l’incarico a Centocelle dal prossimo primo ottobre, come deciso ieri dal Comitato politico e di sicurezza dell’Ue.

Classe 1966, di Treviso, negli ultimi due anni Turchetto è stato comandante della Prima divisione navale di La Spezia, assumendo per quattro turni il comando dell’operazione Mare sicuro nel Mediterraneo centrale. Precedentemente (2018-2019) è stato “force commander” della missione Sophia, l’impegno europeo che ha preceduto Irini, partito nel 2015 e poi progressivamente indebolitosi (fino a perdere la componente navale) per le frizioni politiche tra Paesi membri sul tema migratorio. Nel corso della sua carriera Turchetto è stato inoltre il secondo in comando all’Accademia navale e comandante di Nave Andrea Doria.

Dopo il via libera formale del Consiglio dell’Ue a marzo 2020, la missione Irini è ufficialmente partita il 4 maggio dello scorso anno, quando l’unità anfibia della Marina italiana San Giorgio ne ha assunto il ruolo di flagship. Rientra nella Politica di sicurezza e difesa comune dell’Ue e si configura come operazione militare nel Mediterraneo, mantenendo la dicitura EuNavForMed che era già di Sophia. Per superare le difficoltà politiche di quest’ultima, Irini è nata avendo come focus prioritario l’implementazione dell’embargo dell’Onu sulla Libia, definito soprattutto nella risoluzione 2292 del 2016 del Consiglio di sicurezza. Lo fa attraverso l’uso di assetti navali, aerei e satellitari, con una buona dose di capacità Isr, acronimo per intelligence, sorveglianza e riconoscimento. Tutto dipende dagli assetti messi a disposizione dagli Stati membri.

Non senza dibattito sull’efficacia dell’impegno, lo scorso marzo la missione è stata prorogata fino al 2023, sempre con Fabio Agostini al comando, sin dall’inizio grazie all’avvicendamento con Enrico Credendino (a febbraio 2020) per la guida della precedente Sophia. Nella delibera missioni approvata dal Parlamento per il 2021, il nostro Paese ha previsto per Irini una partecipazione massima in leggera crescita rispetto allo scorso anno: da 517 a 596 unità; da un assetto navale a due. Dallo scorso primo aprile è “force commander” dell’operazione l’ammiraglio Stefano Frumento, che ha assunto l’incarico contestualmente al ritorno di Nave San Giorgio in qualità di flagship.

Dal suo avvio, Irini ha investigato oltre 3.700 unità in navigazione nel Mediterraneo centrale, effettuando più di 170 di “friendly approach”, diciotto tra abbordaggi con ispezioni a bordo e dirottamenti (uno con conseguente sequestro di un carico di carburante per scopi militari). Ha inviato inoltre 28 report al gruppo di esperti dell’Onu.

Fin dal suo avvio la missione è stata accompagnata da una certa insofferenza da parte della Turchia, determinata a supportare negli ultimi anni l’ormai ex Governo di accordo nazionale (Gna) di Fayez al Serraj nel confronto con le forze della Cirenaica di Khalifa Haftar. Ankara ha ritenuto l’operazione un fattore di sostegno indiretto ad Haftar, in grado di ricevere armamenti via terra dall’Egitto. È per questo che Irini ha sempre lavorato per presentarsi bilanciata ed equidistante rispetto alle parti in campo, ed è per questo che l’Italia ha spinto per un supporto politico quanto più ampio possibile e per un suo rafforzamento in vista dei compiti di “capacity building” che arriveranno nei prossimi mesi. L’attenzione al momento è tutta per il delicato percorso del governo guidato da  Abdelhamid Dabaiba (sfiduciato) in vista della elezioni del 24 dicembre (al momento non scontate). Dopo ci sarà da costruire la nuova Libia.


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