Russia e Cina approfondiscono la loro cooperazione con attività congiunte nell’Indo Pacifico. Obiettivo: il Giappone, simbolo dell’Occidente nel quadrante
“La relazione tra Cina e Russia forse recentemente si è evoluta” e i due Paesi “stanno cercando di intimidire altre nazioni con le loro azioni, le quali non rispettano un ordine internazionale basato sulle regole”, ha detto Carlos Del Toro, segretario della Marina degli Stati Uniti, parlando ai giornalisti in un briefing telefonico da Tokyo, dove sta incontrando funzionari del governo e militari giapponesi.
Le attività di esercitazione congiunte tra cinesi e russi non sono certo passare inosservate, ma d’altronde — più che la capacità di integrazione tecnica in sé — l’obiettivo con cui i rispettivi governi le hanno organizzare era proprio quella di ottenere risalto. Sottolineatura tecnico-militare del momento che stanno vivendo gli affari internazionali. Da un lato i Paesi liberali, gli Stati di diritto che trovano forma di confluenza nella Lega delle Democrazie che Joe Biden promuove come vettore alla base delle dinamiche degli affari globali. Dall’altra gli autoritarismi di varia forma, che cercano di inviare un messaggio pragmatico a chi sta in mezzo, chi deve decidere che modello di mondo scegliere come riferimento.
Lunedì scorso, 10 navi da guerra cinesi e russe hanno attraversato lo stretto di Tsugaru, la lingua d’acqua che separa la principale isola dell’arcipelago giapponese, Honshu, e Hokkaido. Poi quelle stesse 10 navi hanno navigato verso ovest attraverso lo stretto di Osumi nella prefettura meridionale di Kagoshima (era venerdì), di fatto circumnavigando il Giappone in una mossa provocatoria senza precedenti. Mossa — coincisa con la fine di esercitazioni congiunte nel Mar del Giappone raccontare politicamente dal Global Times cinese — indirizzata non tanto nei confronti di Tokyo ma nei riguardi di quel Tokyo rappresenta, il baluardo occidentale nell’Est, snodo cruciale nell’Indo Pacifico e portatore di una propria strategia che si sta concretizzando anche attorno alla crescita del comparto militare (dopo essere stato avanguardia tecnologica per anni).
Lo stretto che le navi da guerra hanno attraversato conta solo tre miglia nautiche da ogni riva come acque territoriali, al contrario delle 12 miglia abituali, lasciando la porzione centrale di quel lineamento talassocratico come “acque internazionali”. L’Asia Nikkei Review spiega che si tratta di fatto di una reliquia della Guerra Fredda, che permette alle navi americane che trasportano armi nucleari di passare, senza violare i principi che vietano l’introduzione di armi nucleari nel territorio giapponese. Il passaggio della flottiglia sino-russa diventa ancora più simbolico stante questa spiegazione.
Gli stretti sono un elemento cruciale della partita. Basta pensare a quello che riguarda Taiwan. La presenza di unità americane (o alleate) lungo le acque che dividono l’isola dal mainland cinese serve a ricordare al Partito/Stato di Pechino che l’unificazione forzata è un’ambizione politica che — sebbene conti sull’appoggio di necessità russo, parte di quello scontro tra modelli — dovrà fare i conti con l’altro fronte, come ha recentemente ricordato lo stesso Biden. Negli ultimi mesi anche la posizione del Giappone sul destino di Taipei è diventata meno sfumata: Tokyo ha mostrato sostegno alle volontà di autonomia taiwanesi, e ha iniziato a coordinare pensieri militari con Washington.
La convergenza tra Russia e Cina è tattica, dettata dalla necessità di fare fronte comune contro un altro fronte comune. Tra Mosca e Pechino c’è diffidenza, ma anche comunione su alcuni interessi. Nell’Indo Pacifico, con la sponda cinese la Russia trova uno sbocco nel quadrante, sia per marcare la propria presenza sia per rafforzare le proprie rivendicazioni sulle isole Curili (queste estate tornate al centro dei contenziosi tra Tokyo e Mosca). A sua volta la Cina ottiene un appoggio importante, mentre gli Stati Uniti, potenza non regionale approfondiscono la catena di alleanze, Pechino usa la spalla russa — la cui dimensione navale gode ancora di rispetto.
“Faremo di tutto, come marina, per essere il più avanti possibile per assicurare che possiamo proteggere la sicurezza nazionale e gli interessi economici del nostro Paese, e quelli dei nostri alleati e partner”, ha detto Del Toro: “Abbiamo intenzione di lavorare a stretto contatto con i nostri partner per posizionarci, collettivamente, per essere in grado di scoraggiare la Cina, o qualsiasi altro Paese che si presenta in modo [contrario] al nostro interesse di sicurezza nazionale”.