Parla Ryan Fedasiuk, ricercatore del Cset, think tank della Georgetown University. Il missile cinese è un salto quantico, quella tecnologia ipersonica può diventare un enorme problema. Gli Usa restano avanti nella Difesa e nel tech, Xi lo sa
Nessun sorpasso, per ora. Il lancio del missile ipersonico cinese che ha messo in allerta l’intelligence americana non cambia le carte in tavola, dice a Formiche.net Ryan Fedasiuk, ricercatore del Center for Security and Emerging Technology (Cset) della Georgetown University.
Il governo cinese ha smentito: non era un missile ipersonico.
Non abbiamo modo di confermare le indiscrezioni del Financial Times. Ma sono più incline a credere a questa storia piuttosto che al ministero degli Esteri cinese. La ragione è semplice: il governo centrale dà sempre conto in pubblico delle marce o dei lanci di missili. Su questo test invece non c’è traccia, non volevano renderlo pubblico.
C’è da preoccuparsi?
Non è da prendere alla leggera. Un veicolo supersonico capace di trasportare una testata nucleare è una novità per la Cina e contraddice i piani annunciati da Xi di voler puntare sui missili DF-17. È un salto quantico, ma non sorprende davvero.
Perché?
Da una prospettiva cinese ha senso cercare di perforare la difesa missilistica americana. È una mossa attesa da tempo a Washington dagli addetti ai lavori, Russia e Corea del Nord stanno lavorando a sistemi simili.
Come funziona la nuova arma cinese?
È un missile a collisione ipersonica che viene rilasciato nella bassa orbita terrestre. Ha pro e contro. È utile ai cinesi perché ha un basso profilo, è ottimo per evadere i sensori terrestri e i sistemi di difesa dai missili balistici. Ma è al tempo stesso molto vulnerabile e difficile da manovrare.
Cosa dovrebbe davvero allarmare gli Stati Uniti?
Due cose in particolare. Il nuovo missile cinese, secondo i reportage, può portare armi nucleari. Finora la Cina ha testato solo missili in grado di trasportare armi convenzionali. Ma soprattutto è un missile Fobs (Fractional Orbital Bombardment System). Non fa il giro completo dell’orbita, rimane nella parte bassa per periodi estesi e può puntare un bersaglio senza preavviso. L’Urss aveva testato un programma simile alla fine degli anni ’60.
L’ex programmatore del Pentagono Chaillan dice che la Cina ha superato gli Stati Uniti nell’Intelligenza artificiale.
Non sono affatto d’accordo. È vero, la Cina ha fatto rapidi progressi nell’Intelligenza artificiale e gli Stati Uniti dovrebbero stare all’erta, investire di più nelle proprie capacità. Ma quando leggi i rapporti degli ufficiali militari cinesi, ti rendi conto di come vedano gli Stati Uniti dieci, venti anni avanti.
Da cosa si capisce?
Considerano le capacità americane in campo militare e tecnologico estremamente avanzate. E gli ingegneri della Difesa cinese lamentano di non avere accesso ad alcuni dati. Sono completamente dipendenti da chip e microprocessori di fabbricazione americana, taiwanese, sudcoreana. Hanno fatto grandi progressi, ma sono estremamente vulnerabili.
C’entra l’intervento pervasivo dello Stato nel settore?
Solo in parte. Con mia sorpresa, ho scoperto come diverse aziende private forniscano l’esercito e la Difesa cinese con sistemi di Intelligenza artificiale e altre tecnologie emergenti. Il governo è in grado di usare a suo vantaggio l’innovazione di queste aziende, molte delle quali sono di fatto start-up nel settore Difesa. Ma chiariamo una cosa una volta per tutte.
Quale?
Gli Stati Uniti sono chiaramente in vantaggio. In America c’è una relazione più sana fra industria e Pentagono. In Cina c’è un sistema regolatorio soffocante, le aziende non sanno cosa aspettarsi. Questo è un handicap importante.