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La Cina userà le Olimpiadi 2022 per imporre la sua valuta digitale

Pechino mette sotto pressioni le grandi catene straniere: accettate i pagamenti in yuan digitale prima che inizino i Giochi invernali il prossimo febbraio. Un test finale per l’operazione cinese tanto temuta dagli Usa. Intanto Evergrande…

Le Olimpiadi invernali sono a un passo, mancano tre mesi o poco più, ma la Cina è pronta a tirare tutta l’acqua al suo mulino. Per esempio, invitando caldamente le grandi aziende straniere ma operative nell’ex Celeste Impero ad accettare pagamenti in yuan digitale. Come raccontato a più riprese da Formiche.net, Pechino sta ultimando la fase pilota per l’utilizzo della moneta sovrana emessa dalla Banca centrale (Pboc), ma in formato elettronico. Un modo, non è certo un mistero, per aumentare sensibilmente il grip del governo sui pagamenti e le transazioni, anche in ottica di controllo e repressione.

In vista dei Giochi che inizieranno il prossimo febbraio, Pechino ha deciso di aumentare la pressione sulle imprese, molte delle quali americane, affinché si attrezzino per consentire i pagamenti in moneta digitale. L’obiettivo è chiaro: approfittare, pandemia permettendo, dei flussi in arrivo per l’evento sportivo per utilizzare su larga scala la moneta digitale. Più controllo, più transazioni e una generale messa a punto della nuova creatura del Dragone.

Su tutti vale il caso di McDonald’s (ma anche Nike e H&M) cui il governo ha chiesto espressamente di accettare il sistema di pagamento digitale in yuan nei ristoranti di tutto il Paese prima delle Olimpiadi. Non solo. Anche la stessa clientela, racconta il Financial Times, sarebbe stata sollecitata a pagare prodotti e servizi con lo e-yuan. Insomma, un’operazione su larga scala. D’altronde, “le Olimpiadi invernali sono uno dei terreni di prova per lo yuan digitale”, ha affermato Bao Linghao a capo della società di consulenza Trivium.

Ora, c’è il rovescio della medaglia. L’avvento dello yuan digitale ha messo nuovamente in allarme gli Stati Uniti, preoccupati delle ripercussioni sulla sovranità monetaria del dollaro. Non pochi economisti affermano che Washington dovrebbe prestare maggiore attenzione alle implicazioni sulla sicurezza derivanti dalla nuova valuta, che consentirà a Pechino di accedere ai dati sulle transazioni finanziarie, aumentando le sue capacità di sorveglianza.

Eric Sayers, dell’American Enterprise Institute, ha affermato che Pechino otterrebbe un “nuovo potente strumento per fare pressione sulle aziende globali se lo e-yuan  diventasse onnipresente. L’amministrazione, il Congresso e la comunità dei think tank dovrebbero porsi il problema anche perché c’è di mezzo la sovranità monetaria della moneta americana”.

Intanto, un piccolo colpo di scena, con il gruppo immobiliare cinese Evergrande che si salva in corner. A poche ore dall’ufficializzazione del default (ossia 30 giorni dopo il mancato rispetto dei termini di pagamento) è infatti riuscita a pagare la cedola da 83 milioni di dollari (70 milioni di euro) sull’obbligazione che non era stata onorata lo scorso 23 settembre. Questo permette al gruppo di guadagnare un po’ di tempo e di risollevarsi in borsa (+ 4%) ma non è certo la fine dei suoi problemi. Senza interventi si sostegno esterni il destino del gruppo sembra comunque segnato.

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