Il prestigio e il rilievo internazionale dell’Italia di Mario Draghi escono rafforzati dal G20, complice il rapporto solido con Joe Biden. Ma è Emmanuel Macron il vero protagonista del summit a Roma. A un mese dallo strappo Aukus, la Francia ritrova l’asse con gli Usa, dalla Difesa alla tecnologia. E nella capitale prepara (senza l’Italia) una nuova strategia africana
Di tutti i summit internazionali, il G20 ha una capacità unica tanto di generare alte aspettative – il gruppo di Paesi che ne fanno parte rappresenta oggi l’80% del Pil mondiale – quanto di disattenderle. Il perché si capisce: sarebbe ingenuo pensare di racchiudere in un comunicato congiunto di venti potenze mondiali una road map univoca e unanime sui grandi temi all’ordine del giorno, dal clima alla pandemia alla lotta al terrorismo.
Non fa eccezione il G20 in corso a Roma. E però il tempismo della kermesse convocata all’Eur sotto la presidenza italiana la carica di un peso politico sconosciuto negli anni passati. Come in tutti i negoziati ci saranno vincitori e vinti. È stato detto che questo è il G20 di Mario Draghi: come ha riconosciuto all’unisono la stampa internazionale, la congiuntura storica e in particolare l’uscita di scena di Angela Merkel fa del premier italiano, padrone di casa della riunione a Roma, un punto di riferimento imprescindibile per la politica estera europea.
La posta in gioco per l’Italia è alta. Da una parte la riconferma di un legame solido e di un’amicizia sincera con gli Stati Uniti, confermato dalle parole di elogio niente affatto formali spese dal presidente americano Joe Biden nella sua visita a Palazzo Chigi e al Quirinale, da Sergio Mattarella. Dall’altra un nuovo protagonismo della diplomazia italiana anche in aree tradizionalmente lontane dalla bussola strategica del Paese, come l’Indo-Pacifico. Di qui l’attenzione data al bilaterale fra Draghi e Narendra Modi, primo ministro dell’India, Paese che negli ultimi anni ha vissuto più bassi che alti con l’Italia, dalla vicenda dei Marò alle accuse di corruzione per il caso Agusta Westland. Per Roma, insomma, il bilancio del G20 è positivo.
Meno fortunate invece le circostanze, che hanno fatto della Francia di Emmanuel Macron, più ancora dell’Italia, la vera protagonista della due giorni alla Nuvola di Fuksas. È l’agenda transatlantica di questo G20 a confermare che il presidente francese è il leader a uscirne con il bottino più grande.
Per Biden e la sua amministrazione due erano le priorità della traversata atlantica. La prima: l’incontro in Vaticano con papa Francesco, un faccia a faccia tanto decisivo sul piano politico quanto atteso sul piano personale. La seconda: ricucire, un mese e mezzo dopo, lo strappo consumato con Parigi dopo l’annuncio di Aukus, il patto militare nell’Indo-Pacifico con Inghilterra e Australia che ha mandato in fumo una commessa francese da 56 miliardi di euro.
Macron sapeva di poter riscuotere a Roma il credito con gli americani per quella che, a settembre, nel cuore di una crisi diplomatica senza precedenti, ha definito “una coltellata alle spalle”. Il comunicato congiunto di Washington e Parigi non lascia dubbi. Inusualmente lungo, dettagliato, è il risultato di un lavoro durato un mese delle rispettive diplomazie.
Dagli inizi di ottobre è stata un’escalation. Sono almeno sei gli alti ufficiali americani volati alla volta della Tour Eiffel, nota su twitter l’esperta della Brookings Institution Célia Belin. Dal segretario di Stato Anthony Blinken al titolare della Difesa Lloyd Austin, dalla Segretaria al Tesoro Yanet Yellen al Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan, dall’inviato per il Clima John Kerry alla vicepresidente Kamala Harris, ospite del “Forum della pace” il prossimo a novembre, il via vai non si ferma.
Nella nota congiunta gli americani danno la loro benedizione a una serie di iniziative bilaterali. Clima, energia, tecnologia, spazio, commercio. Terrorismo: la Casa Bianca promette “nuovi asset” per aiutare la Francia nel Sahel, soprattutto in Niger. Perfino la Difesa europea, bandiera dell’“autonomia strategica” targata Macron e vista con sospetto a Washington, viene oggi definita “complementare” alla Nato.
Per l’Eliseo è una vittoria, e non solo d’immagine. A un mese dall’umiliazione subita con il patto per i sottomarini anticinesi, la Francia si prende una rivincita e ritrova l’asse privilegiato con gli Stati Uniti. Ma il protagonismo francese al G20 non finisce qui. Se da una parte Parigi continua a consolidare i (buoni) rapporti con il governo italiano, tanto che – ha anticipato La Verità – il “Trattato del Quirinale” è ormai giunto ai capitoli finali – dall’altra non ha paura di muoversi in autonomia, anche a Roma.
Sabato pomeriggio, per esempio, nell’ambasciata di Piazza Farnese, Macron ha convocato una riunione informale tra Unione africana e Ue per studiare una strategia di contenimento delle mire russe e cinesi sul “continente nero”. Tra gli invitati, presenti le delegazioni di Olanda, Spagna e Germania. Non l’Italia, forse (comprensibilmente) distratta dalla preparazione del summit. Se non fosse per il Colosseo e i sanpietrini, si direbbe che in questi giorni Macron abbia davvero giocato in casa.