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Investimenti, export e nomine. Il momento della Difesa

Sette programmi militari sono all’attenzione delle Commissioni Difesa di Camera e Senato. Tra elicotteri e veicoli, danno l’idea della spinta impressa al comparto da Lorenzo Guerini. Con il messaggio di Draghi sulla necessità di “spendere molto di più” e le parole di Giorgetti sull’esigenza di “cambiare le regole dell’export”, pare il momentum della Difesa. Intanto, per le nomine ai vertici arriva la modifica al codice dell’ordinamento militare…

Sono giorni intensi per la Difesa italiana. L’ultima notizia riguarda la firma da parte di Lorenzo Guerini sul decreto interministeriale per l’acquisizione di sei velivoli P180 prodotti da Piaggio Aerospace, l’azienda di Villanova d’Albenga tuttora in amministrazione straordinaria. Vale 171 milioni di euro e comprende anche un simulatore di volo e l’estensione delle attività di manutenzione dei motori Viper utilizzati per gli MB-339 dell’Aeronautica militare. Porta così a oltre 700 milioni le risorse stanziate dal 2019 a favore della società ligure. “Sebbene le problematiche aziendali non rientrino nell’ambito delle competenze del dicastero – ha detto Guerini – la Difesa è comunque a conoscenza e segue attentamente le azioni poste in essere dal commissario per la valorizzazione della ditta e alla finalizzazione del processo di vendita”.

Il contratto per Piaggio Aerospace arriva mentre in Parlamento si inizia a discutere su una nuova serie di programmi militari. Da inizio settembre sono approdati alle Commissioni Difesa di Senato e Camera sette schemi di decreti ministeriali. I primi due, presentati a inizio agosto dal dicastero della Difesa, sono relativi all’EuroDrone (1,9 miliardi fino al 2035 per cinque sistemi, ciascuno composto da tre velivoli e due stazioni di terra, con i primi 85 milioni quest’anno) e agli elicotteri Luh per i Carabinieri (tranche da 221 milioni fino al 2034, di cui sette nel 2021). Per gli altri cinque schemi all’attenzione delle Commissioni parlamentari i dossier di documentazione sono stati pubblicati questa mattina, da integrare con i riferimenti del Documento programmatico pluriennale pubblicato dalla Difesa a inizio agosto.

Il programma maggiore riguarda il prosieguo dell’acquisizione della seconda versione del veicolo leggero multiruolo Lince (Vtlm 2), il più usato nelle missioni internazionali. L’esigenza complessiva è di 1.600 macchine per un valore di 3,5 miliardi di euro. Nel Dpp si prevedono 680 milioni fino al 2030, mentre lo schema di decreto al vaglio delle Commissioni parla di 385 milioni (2,5 milioni quest’anno) per acquisire 175 veicoli. Nel 2019 un analogo decreto diede luce verde alle prime 650 macchine.

Rilevante anche il programma per ammodernare e rinnovare i sistemi missilistici Paams e i radar dei due cacciatorpediniere lanciamissili di classe Orizzonte. Il programma vale 640 milioni fino al 2035, ma lo schema di decreto prevede un cronoprogramma da 502 milioni, con i primi 24 nel 2021. Da notare che nel Dpp si prevedono fino al 2027 170 milioni per l’ammodernamento di mezza vita delle stesse unità. Trova riscontro del documento pluriennale anche lo schema relativo all’acquisizione di “veicoli tattici ad alta tecnologia per la mobilità tattica terrestre dell’Arma dei carabinieri”. Per il Dpp vale 165 milioni fino al 2035, con 6 milioni quest’anno. Lo schema di decreto riguarda una seconda tranche (dopo quella approvata nel 2019) da 112,2 milioni fino al 2035 per oltre 120 veicoli a diverso utilizzo, dal trasporto alla ricognizione. Nel complesso il programma vale 329,2 milioni.

Un altro decreto riguarda la “implementazione, potenziamento e aggiornamento di una capacità di Space situational awareness (Ssa), basata su sensori (radar e ottici) e un centro operativo Ssa”. Copre una prima tanche da 90 milioni (fino al 2027) per un programma che vale 129 milioni, con l’obiettivo di incrementare la capacità di comprendere ciò che accade oltre l’atmosfera. Infine, il settimo schema riguarda l’aggiornamento delle “capacità di comando e controllo multi-dominio delle Brigate dell’Esercito italiano”. Si basa su due macro-aree: la dotazione di posti di comando digitalizzati e “il potenziamento dell’infostruttura nazionale mediante l’estensione e la razionalizzazione della connettività a banda larga”. Nel complesso (fino al 2031) vale 1,1 miliardi, ma il decreto in questione riguarda solo la prima tranche pari a 501 milioni (12 quest’anno).

Tale pletora di capacità risponde a esigenze operative ben precise, da inserire in un contesto in profonda evoluzione, denso di sfide e deteriorato dalla pandemia da Covid-19. Dopo l’Afghanistan, è il rischio escalation nel Kosovo del nord ad aver evidenziato negli ultimi giorni la fragilità degli scenari operativi. Tra Medio Oriente, nord Africa e Sahel, il “Mediterraneo allargato” appare “luogo di incontro e di scontro, caratterizzato da una complessità crescente” (si legge nel Dpp), imponendo dunque una maggiore capacità d’azione. Da qui la rinnovata attenzione istituzionale ai temi della Difesa e alla modernizzazione dello strumento militare, e dunque la spinta impressa dal ministro Guerini.

A fine luglio è arrivata la prima direttiva ministeriale per la politica industriale della Difesa: sette linee di sviluppo e otto linee d’azione per la creazione di un “sistema Difesa”, integrato, a servizio del Paese, in grado di soddisfare le esigenze delle Forze armate e di preservare le eccellenze tecnologiche del comparto industriale. A inizio agosto è stata la volta del Dpp, con la copertura finanziaria prevista per tanti programmi attesi dalle forze armate, a partire dal Tempest (2 miliardi in quindici anni). Più di recente i grandi riflettori si siano accesi sul piano d’armamento dei droni Mq9 (Reaper) e sulla prospettiva di dotare di missili da crociera i nuovi sottomarini e le Fremm (riportata da Repubblica e prima emersa da un’intervista di Rid all’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone), anch’essi in linea con l’esigenza di maggiore efficacia.

A dare sostanza allo sviluppo del settore c’è l’impressione di una linea comune a livello governativo (e oltre). Mercoledì non sono passate inosservate le parole pronunciate da Mario Draghi nella conferenza stampa post-Cdm sulla nota di aggiornamento al Def. Descrivendo lo scenario internazionale e riferendosi alle prospettive di una maggiore integrazione europea, il presidente del Consiglio ha detto: “è chiarissimo che bisognerà spendere molto di più in Difesa di quanto fatto finora”.

A ciò si aggiungono le parole del titolare del Mise Giancarlo Giorgetti dal salone Sea Future, che in questi giorni ha riunito a La Spezia l’economia del mare. Come raccontato dal Secolo XIX, il ministro ha spiegato l’esigenza di “cambiare le regole sul controllo delle esportazioni militari”, rispolverando il dibattito innescato nella prima parte d’estate dalla crisi diplomatica con gli Emirati Arabi, e rilanciando così le ipotesi di aggiornare la normativa vigente (risalente al 1990) per consentire alle aziende nazionali di essere ancora più competitivi su mercati ormai spietati (si veda la concorrenza con i francesi sulle fregate per la Grecia).

Infine, ad aggiungere rilevanza al “momentum” ci sono le nomine dei vertici militari. L’ultimo Consiglio dei ministri ha scelto il generale Luciano Portolano per la successione a Niccolò Falsaperna per il ruolo di segretario generale della Difesa. Si è liberata così la casella per la guida del Comando operativo di vertice interforze. Presto toccherà poi all’Aeronautica militare, considerando che il 31 ottobre termineranno i tre anni del generale Alberto Rosso. Contestualmente ci dovrebbe essere il cambio al vertice dello Stato maggiore della Difesa, con il generale Enzo Vecciarelli in scadenza il 6 novembre. Se venisse confermata la legge non scritta dell’alternanza tra le Forze armate, l’incarico dovrebbe passare a un esponente della Marina militare. Con la modifica al Codice dell’ordinamento militare introdotta dalle “disposizioni urgenti in materia di difesa” inserite nel decreto-legge licenziato dal governo mercoledì, sarà possibile nominare anche un generale non più “in servizio permanente”, che abbia dunque superato il limite di età dei 63 anni, come l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, attuale capo di Stato maggiore della Marina.

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