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L’enciclica Fratelli tutti un anno dopo arriva al Senato

Il discorso del papa sulla fratellanza pubblicato proprio un anno fa è stato presentato al Senato della Repubblica Italiana da uno dei suoi più acuti e fedeli interpreti, il direttore de La Civiltà Cattolica padre Antonio Spadaro, per farne oggetto di riflessione davvero politica, quindi davvero comune

Lezione al Senato. Il direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, ha parlato oggi dell’enciclica Fratelli tutti, firmata da papa Francesco proprio un anno fa.

Una bella occasione di laicità. Il discorso del papa sulla fratellanza è stato infatti presentato al Senato della Repubblica Italiana da uno dei suoi più acuti e fedeli interpreti non per ossequio, ma per farne oggetto di riflessione davvero politica, quindi davvero comune.

Anche sul tema urticante, per alcuni, della proprietà privata? Ovviamente l’accenno non poteva mancare, e chiaro, visto che “la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata. Il principio dell’uso comune dei beni creati per tutti è il primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale, è un diritto naturale, originario e prioritario. Tutti gli altri diritti sui beni necessari alla realizzazione integrale delle persone, inclusi quello della proprietà privata e qualunque altro, «non devono quindi intralciare, bensì, al contrario, facilitarne la realizzazione», come affermava San Paolo VI. È un punto molto importante per parlare di fratellanza, ma il discorso ha riguardato ovviamente tutti i temi di fondo di un’enciclica potente e innovativa, che coglie il complesso rapporto tra politica ed economia in tutta la valenza soprattutto per la politica, che deve trovare un pari livello di espressione e rappresentazione.

Ascoltando mi è parso che il discorso del direttore de La Civiltà Cattolica abbia avuto soprattutto il merito di porci davanti all’urgenza di superare quello stanco refrain che ci invita da tempo a trovare la forza e la capacità di essere davvero noi stessi. “Sii te stesso”, è un invito che ci sentiamo rivolgere come un’esortazione fondamentale a trovare la chiave fondamentale per passare un esame, una prova, una sfida. “Sii te stesso”. Dunque siamo delle monadi, immodificabili, indifferenti al rapporto con il resto del mondo. Questo tipo di concezione salta nella visione della fratellanza umana, a mio avviso, che ci determina non in base ad un rapporto “io, l’altro”, o “io e il resto”, ma ci determina con l’altro, elimina “il resto”, vede tutto ciò che interagisce con noi, determinandoci. Questo ovviamente il discorso pronunciato da padre Antonio Spadaro non lo ha detto in questi termini, ma lo ha posto sul campo della determinazione di ciascuno di noi, quel noi che sparisce sempre più facilmente dalle percezioni di chi viene invitato ad “essere se stesso”.

Cartesio è stato certamente un alunno dei gesuiti e padre Spadaro lo saprà benissimo, certo meglio di me, ma la dimensione relazione dell’individuo, che non esiste quindi soltanto in quanto se stesso pensante, ma interagente, a mio avviso l’ha posto. Sarebbe interessante se il Senato pubblicasse il testo per potere aprire proprio su questo una discussione più ampia a partire da quanto esattamente detto.

La fratellanza dunque è anche la presa d’atto di un’umanità fatta da esseri relazionali, che ha ispirato anche il pensiero dei Lumi, che l’hanno posta dopo “libertà” e “uguaglianza” quasi a dare compimento alle loro valenze e prospettiva che nella fratellanza si compiono pienamente. Come essere liberi e come essere uguali senza riconoscersi fratelli? Qui il direttore de La Civiltà Cattolica ha notato con acume che però questo concetto finale, perché riassuntivo ed esplicativo di come poter essere liberi e uguali, è svanito nei grandi documenti illuministi, dal 1789 al 1791 e anche dopo, per ricomparire, ad esempio in Francia, soltanto con la vigente costituzione. Che cosa ostacola la comprensione della centralità della fratellanza? Una cultura basata sulla solitudine esistenziale? L’individualismo?

Qui è molto interessante notare che il vocabolo “individuo” è intraducibile in alcune lingue: in arabo ad esempio il termine più utilizzato per rendere l’idea di individuo letteralmente vuol dire “uno di una coppia”. Questa visione diversa della singola persona rispetto a quella che la rende un “tutto chiuso e finito” dà all’architrave del discorso politico dell’enciclica, il bene comune, un sapore meno lezioso. Non è un bene comune da pubblicità Barilla, non rimuove il conflitto, ma dando valore alle diversità. Il conflitto non è mera contrapposizione di propagande, ma strumento di confronto e di crescita tra visioni parziali che nel conflitto possono crescere cercando il bene comune. Le diversità così sono il cuore della fratellanza e del suo obiettivo, la costruzione comune del bene comune. I diversi che si sanno tali non mirano a rimanere se stessi, ma possono coltivare insieme il sogno di diventare tutto, non di rimanere se stessi per sempre.

È qui che il discorso di padre Spadaro ha offerto elementi di stretta attualità. Questa fratellanza infatti non crea una ipotetica fratellanza sferica, o astrattamente globale. No. Parte dalla polis per creare la fratellanza di quartiere, di città, di Paese e ovviamente globale. Il cuore di questa fratellanza che parte dalla cittadinanza ci rende tutti partecipi. È la partecipazione uguale e diversa alla vita comune nel quartiere, nella città, nel Paese e quindi nel mondo la norma imprescindibile, che individua quindi, come ha fatto espressamente padre Spadaro, la rilevanza del problema dell’astensione. Astensione dal voto, o astensione dall’essere polis? Basta Wikipedia per sapere che tratto distintivo della polis greca era “il fatto che tutti i cittadini liberi fossero sottoposti alle stesse norme di diritto, secondo una concezione che identificava l’ordine naturale dell’universo con le leggi della città”. Dunque la fratellanza è un fatto cosmico e fonda lo stesso rispetto degli ecosistemi che sono base indispensabile per le diversità culturali che rendono “mondo” il mondo.

Nessuna discriminazione è possibile, nella polis e nell’ordine naturale. Le fortissime parole di papa Francesco di ieri sulla situazione dei profughi rinchiusi in veri e propri lager in Libia lo rendono chiaro per ciascuno di noi. Un riferimento che aiuta a capire l’importanza che padre Spadaro ha detto nel suo discorso alla convergenza sul tema della fratellanza e della comune e paritaria cittadinanza tra il papa, l’imam di al-Azhar, massima autorità sunnita, e l’ayatollah al Sistani, massima autorità teologica sciita. Una convergenza che potrebbe sviluppare in qualcosa che potremmo chiamare “la nuova Santa Alleanza contro tutte le Guerre Sante”. Ovviamente, nel nome della fratellanza, la sola che può consentirla.


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