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Diplomacy is back. Sereni (Pd) sulla scommessa italiana al G20

Intervista alla viceministra degli Esteri del governo Draghi: a Roma tornano diplomazia e multilateralismo, la politica sa andare oltre i bla bla. Sul clima un compromesso dovuto a tante resistenze, ma è una buona base. Macron? Anche l’Italia è protagonista in Africa e a Roma l’ha dimostrato

All’accusa del “bla bla” il G20 di Roma risponde con i fatti. La promessa fatta da Joe Biden al suo insediamento trova conferma nel summit sotto l’egida della presidenza italiana: la diplomazia è tornata. Per Marina Sereni, viceministra degli Esteri del governo Draghi e protagonista della kermesse all’Eur, il bilancio è positivo. Anche se qualche compromesso, come gli impegni sul clima stiracchiati dalle remore di Cina, Russia e India, è stato inevitabile.

Viceministra Sereni, il G20 ha la nomea di un forum di tante parole e pochi fatti. Questo è un’eccezione?

Penso di sì. All’inizio di ogni panel, il presidente Draghi ha ricordato che nessuna sfida globale si può vincere da soli. Questo è il senso profondo del nostro impegno per rilanciare un multilateralismo efficace, pragmatico, che riscopriamo necessario dopo un anno e mezzo di pandemia.

Si chiude una fase?

Si è già chiusa. Come ha detto Draghi, protezionismo e sovranismo hanno creato l’illusione, almeno per i Paesi più ricchi, di poter fare da soli. La pandemia è stata un bagno di realtà. Al G20 è tornata la diplomazia, in persona.

Diplomacy is back, diceva Joe Biden un anno fa. Promessa mantenuta?

Sicuramente l’arrivo dell’amministraizone Biden ha aiutato. Quando il più grande Paese del G20 torna negli Accordi di Parigi, nell’Oms e rilancia i rapporti con l’Europa la differenza si sente, e i risutati si vedono. Come l’annuncio dell’allentamento dei dazi su acciaio e alluminio fra Ue e Stati Uniti: un piccolo, grande segnale che chiude l’era delle guerre commerciali.

Veniamo a una nota dolente: il clima. Nel comunicato finale si parla di taglio delle emissioni entro “metà secolo”, ma non c’è il numero che tutti aspettavano: 2050. È un passo indietro?

È un compromesso, questo è certo, frutto di un negoziato difficile. Paesi come Cina, Russia, India e Australia non volevano un impegno netto: in questo modo si può arrivare qualche anno dopo il 2050. Però mi permetta di raccontare il bicchiere mezzo pieno.

Prego.

Abbiamo preparato una buona base per la Cop26 di Glasgow, indicato impegni rigorosi di medio e lungo termine, come mantenere la temperatura media globale al di sotto di 1,5 gradi centigradi o il divieto della finanza internazionale di finanziare centrali a carbone. E per il 2021 sono stati trovati i 100 miliardi per il clima che andranno in un fondo per aiutare i Paesi a più basso reddito nella transizione energetica ed ecologica: gli accordi di Parigi prevedono cento miliardi all’anno fino al 2025- È tutto nero su bianco.

È una risposta al “bla bla” di Greta Thunberg. La politica, al G20, ci ha messo la faccia?

I risultati parlano da soli. La politica, in questi giorni, ha dato risposte su vaccini, salute, debito, finanza. Ha siglato un accordo per una tassazione minima globale delle multinazionali. E sul clima ha trovato un’intesa, che è sempre meglio di una non intesa. Dopo anni di assenza degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi non era un risultato scontato.

Quanto ha pesato il forfait di Xi Jinping e di Vladimir Putin, presenti solo in videocollegamento?

Diciamo che non ha aiutato a invertire una certa immagine di Russia e Cina, spesso poco interessate alla cooperazione multilaterale. Va detto però che entrambi i Paesi hanno dato il loro contributo, in uno spirito inclusivo voluto dall’Italia nella preparazione del summit. Penso, ad esempio, all’incontro fra i ministri degli Esteri Blinken e Wang.

Sereni, non ci staremo scordando i diritti umani? Il caso di Taiwan, ad esempio, è rimasto in sordina..

Bisogna ammettere che da sempre il G20 è un forum che discute di sfide economiche. A ottobre abbiamo fatto un’eccezione, convocando un G20 straordinario sull’Afghanistan di cui siamo orgogliosi. Questo non significa abbandonare o ignorare il tema dei diritti umani: ci sono altri tavoli multilaterali dove devono essere affrontati.

Emmanuel Macron è il grande protagonista di questo G20. Ha ricucito con Biden, e ha convocato una riunione dell’Ue con l’Unione Africana. Questo suo attivismo è un problema per l’Italia?

Assolutamente no. Segnalo che l’Unione africana e il suo presidente Felix Tshisekedi, capo di Stato del Congo, sono stati invitati a Roma dal governo italiano, per la prima volta all’interno del G20. È stato un modo per rendere questa edizione più inclusiva possibile. Siamo entrati nel secolo africano e con l’Africa dobbiamo dialogare, mettere insieme le risorse. Non è più un optional.

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