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Bollette russe. Se il gas di Putin divide l’Ue

Gas, ecco come il ricatto russo indebolisce l’Ue

La dipendenza europea dal metano russo è dolorosamente evidente. Mentre Putin continua a usare Gazprom come uno strumento di influenza geopolitica, è scontro in Ue tra chi non ci sta (Italia inclusa) e chi schiaccia sul freno (come la Germania). Ecco il terreno di gioco, in vista del consiglio energetico straordinario di martedì

Si riaccende il dibattito europeo intorno al gas naturale. Con l’inverno alle porte e gli analisti che avvertono che la crisi energetica non si risolverà prima della primavera, c’è chi in Europa alza la voce contro il primo azionista del mercato europeo: la Russia. I dati non mentono: oltre il 40% del gas in Europa arriva da Gazprom, il colosso controllato dal Cremlino.

Lo scontro in corso vede da una parte il presidente russo Vladimir Putin intento a pungolare i Ventisette, dall’altra la risposta disgiunta dei Paesi Ue.

Politico spiega che alla riunione del Consiglio europeo della settimana scorsa il premier polacco Mateusz Morawiecki ha proposto di “far smaltire la sbornia” a Gazprom per “insegnarle una lezione”. Varsavia ha chiesto alla commissaria per la concorrenza Margrethe Vestager di indagare sul comportamento di Gazprom per manipolazione del mercato e abuso di posizione dominante sui mercati dell’energia. Italia e Olanda avevano già dato il loro benestare alla richiesta polacca, mentre la Germania continua a opporsi “vigorosamente”.

La posizione ufficiale dell’Unione europea, reiterata alla riunione del Consiglio, ha un imprinting decisamente tedesco. Per la Commissione guidata da Ursula von der Leyen il caro-bollette deriva da una combinazione di fattori ed è un fenomeno globale, transitorio e gestibile. Si studierà la possibilità (caldeggiata anche da Mario Draghi) di stoccare gas comune, ma i rigoristi hanno respinto la revisione del mercato e contromisure di più largo respiro.

Dietro le porte chiuse del Consiglio, il commissario per gli esteri Josep Borrell ha però ammesso che la crisi del gas ha “profonde radici geopolitiche” e va peggiorando. Come riporta Politico, parte del problema è il gas naturale in eccedenza estratto dagli Usa e dal Qatar e venduto sul mercato spot (cioè non sotto un contratto di fornitura). Quel gas finisce in Asia, dove gli acquirenti sono disposti a pagarlo ancora di più degli europei.

Peccato che l’Ue contasse sul mercato spot proprio per periodi come questo, anche per ridurre la dipendenza dai fornitori extracomunitari. “Da un punto di vista geopolitico e securitario, non dovremmo offrire ai fornitori di gas la leva che hanno oggi”, ha ammesso Borrell. La stessa von der Leyen ha detto al Parlamento europeo che “sebbene Gazprom abbia onorato gli impegni contrattuali a lungo termine, non ha risposto alla domanda più alta come ha fatto negli scorsi anni […] questo ci rende vulnerabili”.

Del resto è lo stesso Putin a dettare le condizioni: già da tempo lo “zar” ha chiarito che da buoni rapporti derivano forniture vantaggiose, pur negando di voler fare di Gazprom uno strumento di influenza e spiegando la mancata risposta al rialzo della domanda al fatto con la necessità per la Russia di rimpinguare le riserve.

Giovedì, prendendo la parola a un evento a Sochi, il presidente russo ha ironizzato sull’Ue per aver ridotto i contratti a lungo termine con Gazprom e ha suggerito di poter aumentare le forniture solo se i regolatori tedeschi approveranno l’apertura del conteso gasdotto Nord Stream 2, ormai pronto a entrare in azione. Intanto Putin alza la pressione: “Le aziende europee che ricevono gas da Gazprom con contratti a lungo termine lo pagano quattro volte di meno”.

A settembre la russofila Ungheria di Viktor Orban ha firmato con Gazprom due contratti di fornitura da quindici anni. Oggi, al contrario del resto d’Europa, non ha problemi di carenza di gas. Anche per questo il premier ceco Andrej Babiš si è lamentato durante la riunione del Consiglio: il capo del governo ha invitato i colleghi a “scordarsi” di ridurre la dipendenza dalla Russia acquistando meno gas e chiesto alla Commissione di ripensare la sua strategia.

Nel frattempo la Germania continua a viaggiare nel solco tracciato da Angela Merkel tra diplomazia e opportunità economiche. Dopo aver rinunciato al nucleare, costretta a bruciare più carbone per far fronte alla crisi energetica, Berlino dipende dal gas più di altri Paesi europei e non può non tifare la quiete con Mosca. Poco importa se significa fare il gioco di Putin: in ballo ci sono la transizione ecologica e l’inaugurazione del Nord Stream 2

Altri Paesi europei sono meno comprensivi. Il primo ministro lettone Krišjānis Kariņš non ha usato mezzi termini: quello di Putin altro non è se non “un ricatto”. Il dossier comunque è sul tavolo del Consiglio straordinario tra i ministri europei dell’energia di martedì.



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