Se i leader sindacali ne hanno approfittato per rilanciare temi importanti come la riforma fiscale, le pensioni, il peso della busta paga di un lavoratore medio, le manifestazioni di protesta non modificheranno la linea del presidente del Consiglio sull’obbligo del green pass. Il punto di Stefano Vespa
Dopo gli incidenti di sabato scorso con l’assalto alla sede della Cgil e i successivi arresti dei leader di Forza nuova, il timore per altri giorni di tensione era giustificato. Eppure, pur con la prudenza del caso, la giornata di ieri, venerdì, non ha fatto registrare sostanziali ritardi nell’attività dei porti nonostante le minacce di blocco da parte degli irriducibili contrari alla certificazione verde e oggi la manifestazione sindacale di piazza San Giovanni a Roma si è svolta secondo copione con la consueta contraddizione sui numeri: 200.000 partecipanti per gli organizzatori, 50.000 per la Questura.
LE TENSIONI A MILANO E TORINO
Diversa la situazione a Milano dove per il tredicesimo sabato consecutivo i “no green pass” hanno organizzato una manifestazione, stavolta non autorizzata per un percorso non concordato con i responsabili dell’ordine pubblico. Circa 4.000 i partecipanti, secondo le prime stime, fotografia di quel mondo contestatore che si pronuncia a favore dei portuali di Trieste e contro il segretario della Cgil, Maurizio Landini, oltre che contro i giornalisti. È un mondo complesso che preoccupa il Viminale anche perché potrebbe unire su obiettivi comuni estrema destra e anarchici, come è avvenuto a Torino dove, alla manifestazione di piazza Castello, erano rappresentati entrambi gli estremismi anche con un dirigente nazionale di Forza nuova, Stefano Saija, indagato dalla procura di Torino per apologia di fascismo e da quella di Roma per istigazione a delinquere per un comunicato pubblicato dopo l’assalto alla Cgil in cui si affermava che “il livello dello scontro non si fermerà”.
A ROMA UNA MANIFESTAZIONE “POLITICA”
La scelta discutibile di organizzare una manifestazione sindacale alla vigilia dei ballottaggi, manifestazione che è politica per definizione e che è stata contestata dal centrodestra per il mancato rispetto del silenzio elettorale, difficilmente sposterà voti a Roma dove la sorte di Enrico Michetti e di Roberto Gualtieri dipenderà in gran parte dai flussi di chi ha votato per Carlo Calenda e per Virginia Raggi al primo turno, oltre all’incognita astensione. Una manifestazione organizzata per rispondere agli incidenti di una settimana fa, sviluppatasi sulla richiesta di scioglimento delle organizzazioni fasciste e divenuta una sorta di riunione di una potenziale coalizione prossima ventura, visto che a sostenere i segretari generali di Cgil (Maurizio Landini), Cisl (Luigi Sbarra) e Uil (Pierpaolo Bombardieri) c’erano Enrico Letta, Luigi Di Maio, Giuseppe Conte oltre a Massimo D’Alema e a tanti altri esponenti di sinistra.
POLSO FERMO E PIÙ SICUREZZA
Se i leader sindacali ne hanno approfittato per rilanciare temi importanti come la riforma fiscale, le pensioni, il peso della busta paga di un lavoratore medio, le manifestazioni di protesta non modificheranno la linea del presidente del Consiglio sull’obbligo del green pass. Mario Draghi potrebbe discutere di eventuali modifiche solo nelle prossime settimane, soprattutto se si vaccineranno gli indecisi e se prenderà il via la campagna per la terza dose. Ieri, venerdì, si è registrato il record per l’emissione del certificato verde: sono stati 867.039, dopo gli 860.094 del giorno precedente. È vero che tre quarti dipendono dal boom dei tamponi senza i quali non si può lavorare e solo un quarto dai vaccinati, ma è possibile che nelle prossime settimane molti riottosi si convertiranno a un più conveniente vaccino. Nello stesso tempo, al ministero dell’Interno hanno assestato la “macchina” e tra indagini, controllo del web e informative dell’intelligence sanno che non potranno più verificarsi incidenti come quelli del 9 ottobre. Sicurezza sul posto di lavoro e sicurezza in piazza.