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Tentativi di Ulivo, attecchirà a Roma con Gualtieri? Forse… Il mosaico di Fusi

Come Berlusconi nel ’94, Gualtieri potrebbe riuscire nell’impresa di governare pur avendo alleati riottosi. Le mire del segretario Pd Letta vanno però nella direzione di un “nuovo Ulivo” che metta insieme tutte le forze di sinistra e moderate, da Conte a Calenda, arruolando anche Renzi. Sarà Roma il laboratorio di possibili future intese nazionali?

Dunque. C’è un leader che si ritrova alla guida di uno schieramento con un pilastro centrale, il suo partito, e alleati riottosi e formalmente incompatibili. Con qualche ammiccamento qua e là, alla fine prende i voti di entrambi e governa. Fin dove, non è scritto. Ricorda qualcosa? Giusto, Silvio Berlusconi del ‘94. Allora il Cavaliere si basò su Forza Italia per vincere le elezioni ma poi per governare fece accordi separati con la Lega di Umberto Bossi e l’Msi di Gianfranco Fini: il primo inveiva contro “la porcilaia fascista”, il secondo avvertiva che con il Senatùr non avrebbe preso neanche un caffè. Il miracolo si compì sotto la regia di quel genialoide di Pinuccio Tatarella. Dopo sei mesi l’intesa si ruppe.

Sembra Berlusconi ma, si parva licet, è Roberto Gualtieri. Ovviamente è un paradosso e certi paragoni possono essere fatti per gioco, non in realtà. Tuttavia a volte perfino i parallelismi più arditi nascondono un nucleo di verità. Il candidato sindaco del Pd per il Campidoglio non ha nulla a che vedere con il Signore di Arcore, ma è alle prese con un incastro nel centrosinistra che ricorda quello del centrodestra di 27 anni fa. L’ex ministro dell’Economia ha bisogno dei voti di Carlo Calenda e possibilmente anche di quelli di Virginia Raggi per assicurarsi la vittoria su Enrico Michetti. Che nel ballottaggio del 17 aprile parte in vantaggio di qualche punto ma ha meno chances di imbastire alleanze con i due esponenti di Azione e di M5S rimasti esclusi.

Il problema però è che Calenda e Conte non si parlano, anzi si insultano. Per Calenda, l’ex presidente del Consiglio è fuffa: “Per essere chiari considero Conte campione di qualunquismo e trasformismo. Non gli ho mai sentito fare un ragionamento interessante o affrontare una questione con competenza”. Basta? Macché: “Detesto le sue furbizie sui decreti sicurezza e le sue giravolte da sovranista a riformista a seconda dell’opportunità. Questa la mia opinione”.

Il capo dei 5 Stelle è più parco e misurato come nel suo stile, ma la sostanza polemica e sminuitiva è la stessa: “Carlo Calenda fa un suo percorso politico autoreferenziale e noi glielo lasciamo fare tranquillamente. Siamo orgogliosamente forti della nostra tradizione e della nostra storia. Lui si affaccia adesso alla politica, si è presentato a Roma. Ma essere una forza nazionale è un’altra prospettiva. Quindi, gli auguriamo buona fortuna del suo cammino, ma è molto all’inizio di un cammino politico che possa vantare un percorso nazionale. Quindi, dettare condizioni agli altri mi sembra quantomeno arrogante”.

Ecco, allora come si fa? Gualtieri ha accolto la richiesta di Calenda di non avere esponenti grillini nella sua giunta, e il leader di Azione ha manifestato soddisfazione annunciando di voler personalmente votare per l’ex ministro. Ma senza apparentamenti: “Resteremo all’opposizione”. Anche Conte ha espresso giudizi favorevoli su Gualtieri ma pure lui si è ben guardato dal parlare di accordi specifici, anche perché, con un bisticcio di parole, deve fare i conti con l’ex sindaca Virginia Raggi, piuttosto seccata dell’atteggiamento del leader pentastellato e vogliosa di sgambettare il candidato del partito con cui ha litigato per tutti i cinque anni del suo mandato. Magari covando perfino la tentazione di fargli lo scherzetto nel segreto dell’urna, votando Michetti. Con il quale ha intanto preso un caffè: se son rose…

Il parallelo Gualtieri-Berlusconi è un gioco da salotto. Tuttavia cela un problema politico di per nulla trascurabile spessore. Il segretario del Nazareno, Enrico Letta, non hai mai nascosto – e anzi dopo i risultati amministrativi ancor più caldeggiato – la formazione di un “nuovo Ulivo” che vada appunto da Calenda a Conte arruolando anche Renzi e i moderati del centrodestra. Perciò Roma, al di là della ovvia importanza in termini di immagine e di influenza sugli equilibri politici nazionali, è anche e soprattutto il laboratorio dove amalgamare le possibili intese di governo dopo le elezioni politiche, quando si terranno.

Però, appunto, al momento più che un luogo di alchimie positive appare la stanza degli apprendisti stregoni. Forse alla fine Gualtieri ce la farà e getterà il primo, grosso, seme dell’Ulivo che deve arrivare. Oppure farà fiasco e bisognerà ricominciare daccapo. La cosa certa comunque è che di Berlusconi ce n’è stato uno solo e non ci sono eredi: in particolare per volontà del Cav.

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