“Non potremmo essere più orgogliosi di ciò che abbiamo costruito per supportare le aziende e servire i nostri clienti negli ultimi 45 anni”, hanno detto Henry Kravis e George Roberts che resteranno co-presidenti esecutivi nel consiglio dell’azienda. Ecco cosa cambierà per il fondo americano
La società di private equity KKR saluta i suoi fondatori. Henry Kravis e George Roberts, rispettivamente di 77 e 78 anni, sono infatti in procinto di lasciare il loro ruolo di manager, mantenendo però quello di co-presidenti esecutivi nel consiglio dell’azienda. L’annuncio è arrivato attraverso una nota della stessa società, in cui i due cugini spiegano come “non potremmo essere più orgogliosi di ciò che abbiamo costruito per supportare le aziende e servire i nostri clienti negli ultimi quattro decenni e mezzo”.
Dopo gli studi al Cleramont Men’s College alla fine degli anni Sessanta, Kravis e Roberts si ritrovarono a lavorare uno a fianco all’altro nella banca di investimenti Bear Stearns. La svolta professionale arriva nel 1976, quando insieme Jerome Kohlberg decidono di fondare la società di private equity che prenderà il nome dalle loro iniziali e si imporrà sul mercato finanziario nei decenni a venire. L’arrivo dei junk bond, noti anche come obbligazioni spazzatura – titoli dall’alto rendimento ma anche dal grande rischio per chi investe -, ha permesso alla KKR di emergere grazie all’acquisto di aziende come Safeway (la seconda catena di supermercati più grande degli Stati Uniti) e Duracell. Da quel momento non si sono più fermati e, dal capitale iniziale di 30 milioni, oggi l’azienda può contare su 2.000 dipendenti e un pacchetto 429 miliardi di dollari distribuito tra le varie attività di assicurazione, investimenti nel credito, immobili e ovviamente private equity.
Nel diventare leader, la KKR è riuscita a creare un nuovo tipo di finanza, molto più aggressiva, che nel corso degli anni è diventata la norma. Simbolo di questa politica che produce pochi vincitori e molti vinti fu l’acquisto della RJR Nabisco per 25 miliardi di dollari nel 1989, due anni dopo l’addio di Jerome Kohlberg dalla sua creatura. Quell’acquisizione, che finì anche nel bestseller di Brian Burrough e John Helyar, Barbarians at the Gate, segnò il confine tra un prima e un dopo nel mondo finanziario, molto più concentrato sulla necessità di arricchirsi piuttosto che sulla sostenibilità delle sue azioni. L’ultima società ad essere finita sotto l’ala della KKR è stata la compagnia di assicurazioni Global Atlantic, costata 5 miliardi di dollari. D’altronde, dal 2020 la crescita del 130% delle azioni ha garantito alla KKR una capitalizzazione di mercato di circa 60 miliardi di dollari.
Seppur dal grande peso, la notizia non sembra aver spaventato il mercato, tutt’altro. La possibilità di un addio di Kravis e Roberts era nell’aria già da diversi anni e non dovrebbe cogliere impreparati gli investitori. Testimonianza ne è il rialzo registrato lunedì del 2% delle azioni dell’azienda, scambiate a 68,80 dollari l’una. Anche perché coloro che prenderanno il loro posto sono facce ben note. Scott Nuttal, 49 anni, e Joseph Bae, 48, saranno infatti promossi da co-presidenti a co-presidenti esecutivi. Dopo l’annuncio della loro promozione, il valore delle aziende è triplicato mentre le attività di gestione e gli utili distribuibili raddoppiati.
Segno di come la fiducia negli eredi di K&R sia diffusa. D’altro canto, i due sono parte della famiglia KKR dal 1996, quando entrarono nella compagnia appena ventenni. Mentre Nutall aveva trascorso un breve periodo in Blackston, Bae si è formato alla Goldman Sachs. I due hanno svolto ruoli importanti e fondamentali per l’azienda. La fusione con un fondo olandese con sede ad Amsterdam nel 2009, che ha contribuito a render pubblica la KKR e a trasferire la sua quotazione a New York l’anno successivo, è opera del lavoro di Nutall che ha gestito anche i mercati dei capitali, le assicurazioni, il credito, gli hedge fund e altre attività dell’azienda. Insomma, da ormai diverso tempo ha le mani in pasta. Stessa considerazione che si può fare per Bae, principale promotore dalla KKR nel mercato asiatico fino a rendere l’azienda uno dei maggiori investitori di private equity statunitensi nell’area.
Il passamano è arrivato sicuramente dopo aver gettato un occhio alla concorrenza. Ad esempio nel 2018 Kewsong Lee, il Ceo del Gruppo Carlyle, era succeduto ai tre fondatori David Rubestein, William Conway e Daniel D’Aniello. Così come l’attuale amministratore delegato della Ares Management, Michael Arougheti, prese il posto di Tony Ressler, padre dell’azienda. Più travagliato il cambio nell’Apollo Global Management, con Marc Rowan promosso a Ceo dopo le dimissioni di Leon Black in seguito ai suoi legami con il discusso finanziere Jeffrey Epstein, accusato di molestie sessuali e morto suicida in carcere due anni fa. La necessità di un ricambio generazionale, quindi, accomuna tutte le grandi aziende, specie quelle che vogliono rimanere al passo con i tempi.
Nella nota, la KKR ha spiegato anche come nell’arco di cinque anni verrà modificata la governance, passando a un sistema di voto capitario in base a cui ogni socio detiene un voto a prescindere dalle azioni possedute. Anche qui, la decisione è stata presa seguendo l’esempio delle varie Carlyle – la prima a passare a questo tipo di votazione nel 2019 – e Apollo. Il passaggio di testimone chiude quindi un’era e il mondo della finanza contemporanea si prepara a salutare due dei suoi pionieri. Per Kravis e Roberts, in ogni modo, il farsi (parzialmente) da parte non potrebbe essere più dolce: secondo Forbes, i due detengono un patrimonio netto rispettivamente di 8,6 miliardi e 9,1 miliardi di dollari. Un ottimo premio di consolazione.