Niente golpe sudamericani: l’eversione democratica no-vax e no-pass passa per una lenta erosione delle istituzioni democratiche. E ha una doppia regia: interna, ed esterna. Intervista ad Arjie Antinori, professore di Criminologia e Sociologia della Devianza alla Sapienza di Roma
Non ci saranno golpe alla cilena e tantomeno assalti al Campidoglio. L’erosione delle istituzioni democratiche a suon di propaganda, disinformazione ed eversione è come una goccia cinese: lenta, inesorabile. Parola di Arije Antinori, professore di Criminologia e Sociologia della Devianza alla Sapienza di Roma. Che sulla piazza incendiaria no-pass e no-vax a Roma spiega: sono eventi che si ripeteranno nel tempo. E possono avere una regia esterna.
Antinori, partiamo da qui: la piazza no-vax che assedia il palazzo, gli scontri con la polizia, gli infiltrati. Siamo al già visto?
Lo scorso aprile c’è stato un episodio simile. È stato ridotto a folklore, un caso isolato. Questo succede quando si legge con superficialità la complessità evolutiva della minaccia che abbiamo di fronte.
Si riferisce alla regia neofascista?
È un lato della medaglia. Le indagini faranno il loro corso, anche se la presenza di soggetti-chiave di quel mondo è incontrovertibile, soprattutto durante l’assalto alla Cgil. Bisogna prima chiedersi se questi gruppi estremisti stanno lavorando con una semplice finalità distruttiva o con un obiettivo più ambizioso.
Quale?
Un’opa sulla cittadinanza. Cercano di polarizzare il consenso intorno a un’azione tattico-operativa. Le ideologie del secolo scorso, dicotomiche, binarie, sono superate. Oggi per ottenere riconoscimento queste realtà eversive fanno ricorso all’azione violenta diretta.
Il Parlamento discuterà presto di una proposta: sciogliere Forza Nuova. È una soluzione?
Il fascismo deve necessariamente restare fuori dalla politica italiana, lo dice la Costituzione. L’ordine democratico viene prima di tutto.
Non si rischia un effetto boomerang? È pericoloso mettere fuori dall’arco costituzionale degli estremisti?
Non si può cedere al ricatto della “prospettiva-reattiva”. È pericoloso farlo? Le giro la domanda: non è pericoloso non farlo?
C’è chi paragona la piazza di Roma all’assalto al Congresso Usa di gennaio. Il confronto regge?
In parte. Dobbiamo evitare un errore: cercare sempre e a tutti i costi una sola, grande catena di comando. Ragionare in termini di masse – categoria novecentesca – e perdere di vista l’individuo.
Quindi?
Non è un golpe, è una lenta lacerazione del tessuto sociale di cui l’astensionismo è un sintomo eloquente. Una serie di azioni dirompenti sul territorio, a bassa intensità e a bassissima frequenza. Lo abbiamo visto con i Gilet jaunes in Francia, che infatti si preparano a tornare, semplicemente con un’altra casacca.
È eversione e come tale deve essere trattata?
È una strategia eversiva, non c’è dubbio, che punta all’erosione di lungo termine delle istituzioni. Un tempo si faceva propaganda, ora si fa “propulsione”. Le realtà estremiste che affondano le radici ideologiche nel secolo scorso, come neofascismo e marxismo-leninismo, hanno saputo adattarsi. Prima provavano a raggiungere le masse. Ora, con i social network, puntano alle vulnerabilità individuali.
Ecco, i social network: spesso chiudono un occhio. Ma il confine fra caccia alle fake news e censura può essere labile. Come se ne esce?
Lavorando sui precursori cyber-sociali, le infosfere che danno vita a eruzioni di violenza come quella vista a Roma sabato. Ci sono circa 240 piattaforme riconducibili all’universo estremista.
Quindi che si fa? La guerra alle big-tech?
Attenzione, non ci sono solo le big tech. Per portare in piazza un migliaio di persone non serve Facebook. Ci sono entità di “ancoraggio”, come Telegram. Altre ancora di “socializzazione”, come Twitter. Alcuni funzionano come aggregatori, è il caso di VKontakte e Gab, altri, come Xgo, sono anonimizzatori, favoriscono il de-platforming per bypassare la “censura”.
Ci può essere una regia esterna? Entità vicine al governo russo, ad esempio, sono state scoperte a fomentare il malcontento no-vax sul web.
Diverse delle inchieste recenti muovono in quella direzione. VKontakte, il Facebook russo, è un terreno ideale per far rimbalzare questo tipo di dissenso. È un percorso a tappe. Fare di un’arma la cittadinanza sui social network apre canali di penetrazione per attori esterni.
Ok, gli attori esterni. Ma la politica ha le sue colpe?
Certo, non si possono ignorare. La politica non ha saputo raccontare la crisi ai cittadini, che non l’hanno metabolizzata. Complice una comunicazione a singhiozzo, con grandi vuoti. Gli stessi che oggi diventano terreno fertile per l’odio e la rabbia sociale.
Oggi? Cioè è appena iniziata?
Esatto. Il discorso no-green pass è solo un pretesto per scendere in piazza, le libertà civili non c’entrano. E gli effetti di medio-lungo termine della crisi non sono ancora arrivati. Sarà un lungo inverno.