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La fratellanza per rinnovare la teologia. Scusate se è poco

Di Fabrizio Mastrofini

Il senso e il significato dell’appello di dieci teologhe e teologi intitolato Salvare la Fraternità – Insieme, elaborato sotto l’egida della Pontificia Accademia per la Vita e con Mons. Vincenzo Paglia e don Pierangelo Sequeri in veste di ispiratori

È di grande attualità l’appello di dieci teologhe e teologi che si intitola Salvare la Fraternità – Insieme, elaborato sotto l’egida della Pontificia Accademia per la Vita (mons. Vincenzo Paglia e don Pierangelo Sequeri gli ispiratori). La dimostrazione di quanto sia attuale viene da un passaggio dell’intervento dello psicanalista Massimo Recalcati, l’1 ottobre a Roma: “la fratellanza è esperienza di incontro e di apertura, mentre il mondo è fatto di muri, porti chiusi, filo spinato, in base ad una ‘pulsione’ a chiudere, ad estromettere l’altro dal mio mondo per paura. La paura, la chiusura, fa parte dell’umano”.

Massimo Recalcati, insieme alla filosofa Laura Boella, il 1 ottobre a Roma hanno dialogato con mons. Paglia e Pierangelo Sequeri, nella prima uscita pubblica dell’appello. Il dibattito, coordinato dalla teologa Isabella Guanzini, è avvenuto nella sede del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, nel contesto dell’Università Lateranense.

Il documento pubblicato lo scorso 8 giugno è una richiesta ai teologi e ai “saggi” ad assumere consapevolmente la prospettiva dell’enciclica Fratelli tutti. Questo dibattito – ha notato mons. Vincenzo Paglia, “è il primo passo di una più ampia azione italiana e internazionale, per aprire la discussione e trovare strade nuove capaci di rispondere alle domande di senso e di giustizia che salgono dalle nostre società colpite economicamente e indebolite esistenzialmente dalla pandemia. La Chiesa oggi ha il compito di intervenire e rivolgersi in modo nuovo alle donne e agli uomini di buona volontà. È la fraternità il nostro sfondo!”.

Laura Boella nel suo intervento ha puntato il dito contro i “tradimenti” degli intellettuali del Novecento: i sostenitori delle rivoluzioni culturali e sociali sono presto diventati degli ex dopo la caduta del Muro di Berlino. Perché la trappola in ci sono caduti molti era di non essere pensatori liberi davvero. Erano invece “pensatori dell’appartenenza politica, partitica, ideologica. Erano in sintonia con un partito o un’ideologia, non intellettuali in se stessi”.

Non così le donne del Novecento, da Hanna Arendt a Edith Stein a Simone Veil, che hanno invece interpretato in senso pieno un modo di “essere nel proprio tempo” senza allinearsi al “mainstream dell’epoca”. “Hanno interpretato pienamente un impegno di presenza attiva. Un intellettuale aiuta a pensare se esprime l’idea che quanto accade fuori di me non mi schiaccia e non mi lascia indifferente, riuscendo a trovare spazi di pensiero e azione”.

Massimo Recalcati ha posto al centro del suo intervento il tema dell’umanismo, lanciato in apertura da mons. Paglia. L’appello delle teologhe e dei teologi chiama ad un «nuova umanismo», una nuova alleanza dei saperi “per dare spazio all’umano comune in tutti noi». Umanismo, ha sottolineato Recalcati, va nella direzione contraria dell’antropocentrismo dominante anzi alla «follia antropocentrica» che divinizza la libertà individuale, il culto dell’economia e del denaro, lo sfruttamento indiscriminato di persone e risorse. Perché le persone «sono nomi, non numeri”.

E come sottolinea Lacan – ha detto – “l’amore è sempre amore per il nome; non è amore per un generico e indiscriminato concetto di ‘vita’ ma è amore per quel nome concreto”. Ma come rendere credibile l’appello? Recalcati ha posto la domanda ed ha sottolineato che la risposta deve andare nella direzione della “testimonianza”: nel periodo del lockdown abbiamo sperimentato la fratellanza, superando l’io, superando la “io-crazia”.

Ma attenti, ha aggiunto subito dopo, perché “uno dei nomi della fratellanza è l’istituzione. Il pregiudizio populistico ci dice che le istituzioni sono nemiche o antagoniste della vita. Invece le istituzioni rendono possibile la vita insieme. E la fratellanza è un’esperienza importante: i fratelli ci ricordano che non ci siamo solo noi nel mondo”.

Un tema su cui si è detta d’accordo Laura Boella: sarà importante ripensare le modalità della nostra relazione con gli altri, per lavorare sull’empatia, sulla solidarietà, sulla fratellanza. Il primo appuntamento del percorso di dialogo con i “saggi” è riuscito, ha concluso mons. Paglia. Ora è necessario allargare ad altri partners la riflessione una riflessione che vuole rinnovare la teologia, prendere sul serio l’idea di fraternità, contribuire a disegnare un mondo futuro migliore se sarà più fraterno, più umano.


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