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Le spie inglesi vanno sul cloud (americano) di Amazon

L’Intelligenza artificiale entra nel mondo dello spionaggio. Porterà più velocità nella trasmissione di dati, che saranno interamente gestiti da un’azienda straniera

L’accordo siglato tra le tre agenzie di spionaggio britanniche e Amazon Web Services – sempre di proprietà di Jeff Bezos – apre scenari interessanti per l’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo della sorveglianza, così come mette in allarme per la grande quantità di dati trasmessa a una singola società. A riportare la notizia è il Financial Times, che spiega come il sistema di cloud ad alta sicurezza sia stato sostenuto dall’agenzia governativa Gchq, ma sarà utilizzata anche da MI5 e MI6, oltre che dai vari organi statali, ministero della Difesa compreso.

I pochi dettagli che si conoscono del contratto riguardano il piano di investimento, che varia da 500 milioni a un miliardo di sterline per il prossimo decennio, oltre alla garanzia che, sebbene si tratti di un’azienda statunitense, tutti i dati saranno mantenuti all’interno del Regno Unito. La collaborazione tra l’intelligence britannica e Amazon consentirà alle spie di Sua Maestà di condividere con maggiore semplicità i dati dalle postazioni sul campo all’estero e di rafforzare applicazioni già in uso, come il riconoscimento vocale e la traduzione di voci particolari in registrazioni lunghe anche diverse ore.

La velocità del cloud sarà in grado di far “ottenere informazioni da enormi quantità di dati in pochi minuti, anziché in settimane e mesi”, ha commentato Ciaran Martin, già capo della cybersecurity del Gchq e primo amministratore delegato del National Cyber Security Centre. Da parte sua, però, non c’è allarme per l’enorme quantità di dati che finirà nelle mani di pochi – e non britannici. “Non si tratta di raccogliere o accumulare più dati”, ha aggiunto sottolineando come la vera novità riguarda solo l’efficienza con cui questi saranno trattati.

Di tutt’altra opinione Gus Hosein, direttore esecutivo di Privacy International, allarmato per le minime informazioni che le parti interessate hanno fatto trapelare al Parlamento e al pubblico. “Si tratta dell’ennesimo preoccupante partenariato pubblico-privato, concordato in segreto. Se questo contratto andrà in porto, Amazon si posizionerà come fornitore di cloud di riferimento per le agenzie di intelligence del mondo”, ha affermato. L’azienda di Bezos, quindi, “dovrebbe rispondere da sola per quali servizi di sicurezza dei Paesi sarebbe disposta a lavorare”.

Tra questi, neanche dirlo, ci sono gli Stati Uniti che già dal 2013 si è affidata per il cloud a Aws tramite un accordo da 600 milioni di dollari. Lo scorso anno, Aws, Microsoft, Google, Oracle e Ibm hanno stipulato un nuovo accordo aggiornato per permettere all’intelligence statunitense di essere più veloce e precisa nelle sue operazioni e trasmissioni di dati. Proprio per questo il Regno Unito, indietro rispetto a Washington, ha voluto imitarla.

Il problema per la maggior parte degli addetti ai lavori, però, non riguarda tanto il volersi modernizzare tramite una partnership privata, quanto piuttosto il rivolgersi a aziende di altre nazioni. In questo caso, il colosso tech per eccellenza. Se per Martin non importa con chi si scenda a patti purché si ottengano i risultati desiderati – “finché la società proviene da un Paese affidabile, che capisce di tecnologia, ci sono modi per farlo che consentiranno alle agenzie di gestire il rischio” – per altri questo potrebbe rappresentare un cavallo di Troia per il Regno Unito.

In realtà, il Gchq aveva provato a fare un tentativo iniziale rivolgendosi alle compagnie nazionali per cercare di capire se fossero in grado di erogare servizi di cloud. Ma non è riuscito a trovarne alcuna che potesse offrire gli stessi proposti da Aws, neanche sul lungo periodo. La Francia, invece, ha creato proprio quest’anno Bleu, un cloud nazionale che verrà utilizzato dal settore pubblico per trattare i dati sensibili secondo metodi approvati dal governo. Un progetto che punta ad uscire fuori dai confini nazionali, con l’adesione a Gaia-X che si pone di realizzare un’industria cloud a livello europeo, così da proporre un’alternativa alle aziende americane.

Fuori dall’Europa, Boris Johnson si è rivolto Oltreoceano per chiedere una mano e Bezos, che gliel’ha tesa senza problemi nonostante la querelle tra i due quando veniva rimproverato dallo stesso primo ministro di dover pagare più tasse sul suolo britannico. Il faccia a faccia tra i due è avvenuto a New York lo scorso settembre, sebbene il suggerimento dell’imprenditrice Jennifer Arcuri al capo del governo di Londra potesse far presagire un esito tutt’altro che positivo. “Puoi fingere ovunque, magari a Los Angeles, ma a New York ti mangeranno vivo”. Ma oggi i britannici hanno affidato anche i dati più sensibili al gigante dell’e-commerce


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