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Cosa dice la Costituzione sulle manifestazioni. La versione di Celotto

La locuzione “pacificamente e senz’armi” presente nell’articolo 17 della Costituzione repubblicana era presente anche nello Statuto Albertino. Ecco perché fu conservata, e cosa disse nel corso dell’Assemblea costituente chi voleva, invece, cancellarla

“I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi”. In questa riga dell’art. 17 della nostra Costituzione c’è tutta la disciplina delle manifestazioni no vax di ieri.

La Costituzione italiana riconosce il diritto di manifestare liberamente non soltanto come forma di riunione, ma anche come forma di manifestazione del pensiero, perché l’art. 21 Cost. lo riconosce in maniera altrettanto ampia.

Nella nostra impostazione liberale si può quindi manifestare per sostenere qualsiasi posizione o idea anche se si è contro le vaccinazioni o per qualsiasi altra finalità. Addirittura si possono anche manifestare idee fasciste, basta che non arrivino a orientarsi verso la ricostituzione del partito fascista (vietato dalla XII disp. trans della Cost., come ben chiarito dalla Corte cost. già nella sent. n. 1 del 1957: “L’apologia del fascismo, per assumere carattere di reato, deve consistere non in una difesa elogiativa, ma in una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista. Ciò significa che deve essere considerata non già in sé e per sé, ma in rapporto a quella riorganizzazione, che è vietata”).

In questo quadro di grandissima libertà che è alla base del nostro sistema, anche i diritti fondamentali non possono non essere senza limiti e l’art. 17 Cost. è molto chiaro nell’individuarli. La formula “pacificamente e senz’armi” la troviamo, identica, già nell’art. 32 dello Statuto albertino, anche se in una costruzione della frase del tutto diversa.

Nel 1848 si affermava che “è riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senz’armi”. Così da far intendere in maniera nitida che il diritto di riunirsi non era proprio delle persone, ma era “riconosciuto” dallo Stato, perché in quella impostazione ottocentesca i diritti erano attribuiti dallo Stato a quelli che allora erano sudditi e non cittadini.

Nella Costituzione repubblicana passa invece l’idea che i diritti siano propri di noi cittadini, anche se i limiti appaiono letteralmente gli stessi. Al punto che in Assemblea costituente l’onorevole Caroleo chiese “l’eliminazione dell’avverbio ‘pacificamente’, che mi sembra per una parte superfluo e d’altro lato eccessivo. Superfluo, se si intende riferirsi alla necessità che la riunione sia tranquilla e non dia luogo a preoccupazioni per l’ordine pubblico, in quanto dei cittadini a cui si riconosce il diritto di riunirsi senz’armi non possono dare preoccupazione di questa indole; eccessivo, se si intende fare riferimento alle intenzioni, perché non possono introdursi limitazioni di questo genere” (seduta dell’11 aprile 1947).

Invece il testo venne mantenuto inalterato e oggi abbiamo nei due avverbi tutto il senso del limite alle manifestazioni, a conferma che la violenza non è mai ammessa dalla nostra Costituzione, che tutela la manifestazione pluralistica e pacifica delle idee.


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