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Il Pd è un fuoco di paglia, il centrodestra confuso. Mastella vittorioso e scatenato

È uscito trionfante dal ballottaggio. Clemente Mastella sarà di nuovo sindaco di Benevento. Dopo aver sbaragliato gli avversari, non le manda a dire. “Il Pd qui è fricchettone. Sono stato votato dai quartieri popolari”. Il centrodestra? “Sembra il battibecco tra i capponi di Renzo”

Dalla sua aveva una figura pesante del centrosinistra, seppur spesso critico: il governatore campano Vincenzo De Luca. Clemente Mastella, il gattopardo della Democrazia cristiana, fondatore dell’Udeur, è stato nuovamente incoronato sovrano della sua Benevento. “In barba al Pd e ai miei detrattori. Ero solo, ma sono riuscito a vincere ugualmente”.

Mastella, si aspettava questo trionfo al ballottaggio?

Francamente confidavo che questa vittoria arrivasse. Peccato non aver vinto al primo turno, ma d’altra parte con una coalizione trasversale che mi hanno costruito attorno era matematicamente impossibile.

Come si spiega l’avversione nei suoi confronti?

Hanno tentato di creare una conventio ad excludendum per tenermi fuori dai giochi. In realtà, abbiamo assistito alla mestizia di persone che non digeriscono il fatto che io sia ancora qui, mentre loro ormai appartengono a parentesi politiche concluse.

Qual è l’elemento che le ha garantito la vittoria?

E’ un’analisi semplice tutto sommato: basta osservare da dove derivano le preferenze. Ho vinto nelle zone periferiche, perché le persone comuni mi considerano uno di loro. Sono un politico libero da qualsivoglia forma di condizionamento.

Sta dicendo che in un certo senso, come base elettorale, si è sostituito al Pd?

Mi pare evidente. D’altro canto il Pd, da queste parti, è molto fricchettone, con la puzza sotto al naso. Ma il Pd attraversa la grande crisi identitaria che, più in generale, coinvolge tutti i partiti tradizionali.

Eppure da questa tornata di amministrative i dem escono indubbiamente rafforzati.

E’ un fuoco di paglia. A ben guardare, né a Roma né a Torino c’era il centrodestra da sconfiggere. C’erano i 5 Stelle da ambo le parti, con i quali il Pd sta cercando di intessere rapporti per creare il campo progressista. Dirò di più: a Roma, se si fosse deciso tutto al primo turno, avrebbe vinto il candidato espressione del centrodestra.

Il quadro che dipinge, su scala nazionale, è piuttosto mesto.

La vera sconfitta di queste elezioni è la democrazia. Quando manca l’affluenza, significa che non c’è politica. O meglio che vince la politica dei professionisti. Il quadro politico complessivamente appare confuso e frammentato. Nel centrodestra c’è un continuo litigio dei “capponi di Renzo” per contendersi la leadership della coalizione. Questi continui battibecchi fra Salvini e Meloni destabilizzano l’elettorato. E, infatti, questi sono i risultati. In compenso il Pd guarda ai Cinque stelle dimenticandosi del centro e dei moderati.

Mi par di capire che la sua opinione dei pentastellati non sia particolarmente positiva.

Non è una posizione personale, mi limito a osservare la parabola di un movimento che ancora deve capire cos’è. La palingenesi che avrebbe dovuto costruire Conte non ha evidentemente sortito gli effetti sperati. In più, la distanza siderale (dal punto di vista sia umano che politico) fra Conte e Grillo finirà per lacerare ulteriormente un movimento che sembra sempre più aver perso l’orizzonte.

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