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Dalle macerie 5 Stelle al ruolo di Di Battista. “Il futuro? Col Pd”, secondo Padellaro

Il fondatore del Fatto Quotidiano all’indomani dello spoglio elettorale: “Conte ha come orizzonte le politiche del 2023. Si è trovato un movimento a pezzi. Ora rischio di un’emorragia di parlamentari, se Di Battista torna in campo”. Il centrodestra? “Candidati sbiaditi, già perdenti in partenza”

All’indomani dello spoglio delle urne, chi deve davvero prendere coscienza del fallimento è l’ex premier Giuseppe Conte. Certo, raccogliere le vestigia di un movimento lacerato non era impresa facile. E Conte lo sapeva dall’inizio. Il tonfo è stato leggermente mitigato dalla vittoria di Manfredi a Napoli che lui stesso aveva voluto come ministro dell’Università. L’insidia maggiore, in questo momento, è il fuoco amico. “Temo un’emorragia di parlamentari che possano convergere sul movimentismo di Di Battista”. A dirlo è Antonio Padellaro, giornalista, firma di punta del Fatto Quotidiano e profondo conoscitore del Movimento: dagli albori alla palingenesi contiana.

Padellaro, per il Movimento è stata una disfatta. Ora, che succede?

Non è per giustificare Giuseppe Conte. Per onestà, bisogna dire che ha trovato un movimento in macerie. E, il suo orizzonte politico sono le elezioni politiche del 2023. Questa tornata di amministrative era un appuntamento troppo prossimo. In più, l’elettorato è smarrito e il Movimento non si sa bene cosa sia.

Morale: perse le due città simbolo Torino e Roma.

La sconfitta in entrambe le città è stata significativa. D’altra parte, la volta precedente le persone sono corse alle urne motivate da un’ondata di entusiasmo che questa volta, dati alla mano, non c’è stata. Anzi, l’astensionismo così alto ha penalizzato profondamente i grillini. Sono convinto che chi aveva votato per Appendino e Raggi alle amministrative precedenti, sia rimasto a casa scegliendo di non scegliere.

La domanda sul futuro del Movimento resta.

Per come la vedo ora Conte si accuccerà all’ombra del Partito Democratico, sperando di rinsaldare l’alleanza per un campo di centrosinistra allargato. E’ la prospettiva più auspicabile per un movimento allo stremo.

In premessa ha detto che teme l’emorragia di una parte del gruppo parlamentare. Chi, nella fattispecie?

Fare nomi è improbabile. Sicuramente la frangia più ‘purista’ del Movimento accarezza l’idea di uscire e fondare qualcosa di alternativo. Poi, se si verificherà l’ipotesi di una discesa in campo di Di Battista, ecco che si potrebbe concretizzare qualcosa di realmente alternativo al Movimento stesso. Un gruppo che in qualche modo ricalchi le 5 Stelle delle origini.

La strategia di Enrico Letta ha dato buoni frutti al Partito Democratico.

Letta ha vinto facendo il morto a galla (ride). Al di là delle battute, benevole, il segretario dem è il vero vincitore. Probabilmente perché, al tempo della politica di Draghi, più che le chiacchiere pagano i silenzi e il lavoro sui territori: quello che non fa rumore ma che porta consenso. Poi, Letta ha il grande merito di aver salvato il Pd da baruffe e lacerazioni.

La vittoria non scontata era quella di Siena. Che ne pensa?

Un risultato difficilmente raggiungibile. Anche se, ora non so cosa Letta dovrà riconoscere a Renzi. Perché in fondo, se il leader di Iv si fosse messo di traverso, sarebbe stata dura per il segretario dem raggiungere l’obiettivo senese.

E il centrodestra?

Ha perso perché la coalizione è composta da due partiti – quello di Salvini e Meloni – essenzialmente sovrapponibili. Dunque, per non fasi sgambetti a vicenda, hanno designato candidati sbiaditi, già perdenti in partenza.

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