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La Nato è ancora più forte. Cosa si è deciso al vertice di Bruxelles

Un fondo per l’innovazione da un miliardo di euro, una strategia per l’Intelligenza artificiale e un piano aggiornato per difendere l’area euro-atlantica. Oltre le parole di  Stoltenberg, Austin e dei ministri europei, sono state le decisioni prese alla ministeriale di Bruxelles a dare sostanza della volontà di rilancio dell’Alleanza Atlantica dopo il dibattito generato dal ritiro dell’Afghanistan e dall’intesa Aukus. E sulla Difesa europea prevale la linea italiana…

È un’alleanza più unita quella che esce dalla due-giorni a Bruxelles tra i ministri della Difesa. A dare la cifra della volontà di rilancio non sono solo i messaggi di Jens Stoltenberg e Lloyd Austin, segretario generale della Nato e capo del Pentagono, ma anche e soprattutto le novità sul fronte operativo e strategico, utili a spianare la strada che condurrà al summit di Madrid del prossimo anno, dove tutto confluirà nel nuovo Strategic Concept. A oltre un anno e mezzo dall’ultima ministeriale in presenza, Lorenzo Guerini e colleghi hanno trovato ad attenderli la corposa agenda predisposta da Stoltenberg, tra i rapporti (critici) con la Russia, i nuovi piani di difesa e deterrenza e il lancio dell’Innovation fund già approvato a giugno dai capi di Stato e di governo.

LA FIDUCIA RITROVATA

Eppure, l’attesa maggiore era per la tenuta dell’Alleanza dopo lo sconquasso provocato dall’Aukus e l’esito drammatico dell’impegno in Afghanistan. La Nato è sembrata reggere l’urto, trasformando “i problemi” in “opportunità”. Tra i bilaterali in programma ha spiccato quello tra Austin e la ministra francese Florence Parly, chiamati a proseguire il processo di ricostruzione della fiducia (incrinata dall’Aukus) che dovrebbe trovare definitivo compimento al G20 di Roma tra Joe Biden ed Emmanuel Macron. “La relazione bilaterale tra Stati Uniti e Francia è più importante che mai – ha detto il capo del Pentagono – mentre esploriamo nuove opportunità per espandere la cooperazione in materia di difesa”. Al centro dell’incontro i temi strategici: “Sahel, Levante, Indo-Pacifico e sostegno alla difesa europea”, ha aggiunto Parly. “La ricostruzione metodica della fiducia passa da qui”, ha rimarcato la ministra, facendo intendere che ci sono margini per una sorta di compensazione rispetto al danno che Parigi ha subito sul dossier sottomarino.

E LA DIFESA EUROPEA?

La fiducia è parso comunque estendersi al dibattito relativo alla Difesa comune europea. Ieri, prima di arrivare al quartier generale della Nato, i ministri dell’Ue si sono ritrovati con l’Alto rappresentate Josep Borrell per procedere sul fronte dello Strategic Compass, l’attesa bussola con cui l’Unione vuole alzare il suo livello d’ambizione identificando obiettivi e interessi comuni. A confronto si sono ritrovate le due visioni ormai note, quella francese, per un’autonomia strategia da Nato e Usa, e quella più cauta (dei Paesi dell’Est) che intende l’Alleanza Atlantica come l’unico baluardo di difesa credibile rispetto all’assertività russa. Nel corso dell’incontro si è affermata la via mediana, responsabile, promossa anche dall’Italia con Lorenzo Guerini: sì alla Difesa europea, ma sempre in sinergia con l’Alleanza. Tale affermazione è arrivata anche alla ministeriale Nato, che oggi ha previsto come sempre una riunione congiunta con l’Ue. “Accolgo con favore i maggiori sforzi dell’Unione in materia di difesa”, ha detto Stoltenberg a margine dell’incontro. “La Nato chiede da molti anni agli alleati europei di investire di più e di fornire maggiori capacità di alto livello, ma questi sforzi non dovrebbero duplicare la Nato”. In sintesi, ha chiosato il segretario generale, “servono più capacità, non nuove strutture”.

LA LINEA DI GUERINI

Per Lorenzo Guerini “si tratta di un momento per molti aspetti storico per l’Unione Europea, poiché finalmente si sta riconoscendo nella dimensione della sicurezza e della difesa un tassello fondamentale nella costruzione di un’Unione maggiormente in grado di competere sulla scena mondiale, attraverso una maggiore autonomia strategica”. In ogni caso, ha aggiunto nell’incontro di ieri con i colleghi dell’Ue, “per l’Italia questa autonomia non deve tradursi come la volontà di affrancarsi da qualcosa, ma come opportunità di rafforzare le proprie capacità per diventare attore di livello globale, in stretta cooperazione con la Nato, che resta l’organizzazione di riferimento per la Difesa collettiva nonché partner indispensabile per l’Unione”.

L’attesa è tutta per la nuova dichiarazione congiunta Nato-Ue che dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno. “Dobbiamo garantire che il nostro approccio alla sicurezza rimanga coerente”, ha rimarcato oggi Stoltenberg. Il momento è quello giusto. Con l’Alleanza al lavoro sul Concetto strategico da portare a Madrid, e l’Unione impegnata a definire il suo Strategic Compass, si ragiona su come integrare i due percorsi.

UN NUOVO PIANO DI DIFESA

La Nato lo fa rinvigorita dalle decisioni prese dai ministri della Difesa in questi due giorni. Rientrano tutte le concetto di “adattamento” alla sfide attuali, che vanno dalle lezioni apprese in Afghanistan (a cui è stata dedicata parte della ministeriale) alla Cina che, ha detto Stoltenberg, “sta fondamentalmente cambiando l’equilibro mondiale del potere”. In cima all’agenda resta la Russia, che solo qualche giorno fa ha ritirato per intero la sua missione diplomatica presso la Nato. L’Alleanza ha deciso di conservare “un pacchetto equilibrato di misure politiche e militari” di fronte “alla crescente minaccia dei sistemi missilistici della Russia”. Come notato da Stoltenberg, vi rientrano “miglioramenti significativi alle nostre difese aeree e missilistiche, il rafforzamento delle nostre capacità convenzionali con jet di quinta generazione, l’adattamento delle nostre esercitazioni e dell’intelligence, e il miglioramento della prontezza e dell’efficacia del nostro deterrente nucleare”. In più, “manterremo i nostri sforzi di promozione del controllo degli armamenti, del disarmo e della non proliferazione”.

Nonostante il focus a est, sembra comunque far breccia (seppur progressivamente) l’idea di guardare la sicurezza a 360 gradi, prospettiva promossa da tempo dall’Italia vista la tumultuosità del cosiddetto fronte sud. Dalla ministeriale è arrivato un nuovo “piano complessivo per difendere l’Alleanza in crisi e conflitti”, così da aver “le forze giuste al posto giusto al tempo giusto”. Definiti anche nuovi obiettivi capacitivi, parte del “Nato defence planning process” che troverà maggiore strutturazione con lo Strategic Concept.

IL FOCUS A SUD

In tal senso, tra gli incontri a margini della ministeriale se ne è tenuto uno tra i rappresentanti dei Paesi che fanno parte della coalizione globale anti-Isis, organizzato da Lloyd Austin. Intesa sulla priorità per il 2022: contrastare le reti globali dell’Isis in Afghanistan e Africa. Guerini, spiega la Difesa in una nota, ha sottolineato “la centrale importanza che l’Italia annette al continente africano; la minaccia terroristica di matrice jihadista preoccupa sempre più, anche a causa di alcuni fattori persistenti, quali la fragilità istituzionale, la vertiginosa crescita demografica e l’effetto dei cambiamenti climatici che stanno acuendo le frizioni inter-etniche”. In questo contesto, ha aggiunto, “la strategia di intervento dell’Italia si rivolge ad alcune aree specifiche: in Sahel, nel Corno d’africa e nel Golfo di Guinea, aree dove da tempo abbiamo incrementato l’impegno militare in tutti i formati (bilaterali, Ue e multilaterali) con lo scopo di aumentare il supporto alle istituzioni locali nel contrasto al terrorismo”.

IL FONDO PER L’INNOVAZIONE

A guadagnarsi però i titoli maggiori della stampa internazionale è il via libera al “fondo per l’innovazione”, con un miliardo di euro da investire sulle tecnologie emergenti e dirompenti. “Assicurerà che gli alleati non restano indietro sulle capacità e novità tecnologiche che saranno fondamentali per la nostra sicurezza”, ha spiegato Stoltenberg. Ad aderire al fondo sono stati per adesso 17 Paesi, tra cui Italia, Germania, Regno Unito e pressoché tutti i membri dell’Est (non ci sono Francia, Spagna, Stati Uniti e Canada). Rientra in un quadro più ampio (l’agenda #Nato2030) che pone la “preservazione del vantaggio tecnologico” in cima all’agenda. Già a giugno i capi di Stato e di governo diedero la prima luce verde al fondo, accompagnata da quella per il “Defence innovation accelerator for the North Atlantic”, un hub civile-militare che chiama a raccolta il settore privato, dalle startup alle grandi BigTech per l’innovazione. L’obiettivo è dichiarare la piena operatività di entrambe le iniziative al summit di Madrid.

LA STRATEGIA PER L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Che l’attenzione a questi temi sia elevata l’ha dimostrato anche l’accordo trovato dai ministri sulla prima strategia dedicata all’intelligenza artificiale. “Stabilisce gli standard per un uso responsabile dell’intelligenza artificiale, in conformità con il diritto internazionale”, ha chiarito Stoltenberg. Il documento (qui una sintesi) “delinea come accelereremo l’adozione dell’intelligenza artificiale in ciò che facciamo” e “definirà come proteggeremo questa tecnologia, affrontando le minacce poste dall’uso dell’intelligenza artificiale da parte degli avversari”. A maggio dello scorso anno la Nato ha pubblicato il rapporto “Science & Technology Trends: 2020-2040”, dedicato alla tecnologie “disruptive” che cambieranno la guerra del futuro. Al primo posto c’è l’intelligenza artificiale, ritenuta capace nel giro di un decennio di rivoluzionare il confronto militare con effetti sulla competizione globale paragonabili a quelli generati dalla bomba atomica.

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