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Storia legale dell’ora legale. Scrive Celotto

ora legale

In Italia non abbiamo ancora deciso cosa fare. Ma venuto meno l’obbligo europeo, stanotte potrebbe essere stata davvero l’ultima volta che abbiamo spostato le lancette per legge. Forse

Stanotte abbiamo spostato le lancette per tornare all’ora solare. Potrebbe essere stata l’ultima volta . E forse già ci dispiace, perché siano affezionanti all’ora legale, anche se è un istituto recente.

La misurazione del tempo per come la usiamo noi è nata meno di due secoli fa. Prima bastavano clessidre e meridiane. Per parlare di ora legale bisogna arrivare alla unificazione degli orari a livello nazionale e mondiale.
Perché fino a metà dell’800 si usava il riferimento al sole e si applicava l’ora locale. Cioè il mezzogiorno di Roma era diverso da quello di Palermo da quello di Perugia e ancor più che da quello di Cagliari.

Del resto i sistemi di trasporto e di comunicazione erano così lenti che a nessuno interessava avere un orario preciso di collegamento fra i diversi luoghi. Infatti è stata proprio la rivoluzione industriale e la diffusione di telegrafi e treni a creare un problema di unificazione degli orari.

Così a metà ‘800 venne introdotta un’ora “ferroviaria” per gli orari dei treni, corrispondente all’ora della città principale da cui si diramava la linea (le prime in Italia furono la Napoli-Portici e la Milano-Monza).

Gli studi geografici iniziarono a puntare attenzione a latitudini e longitudini e così venne pensato di stabilire il sistema dei fusi orari che ebbero le prime applicazioni a metà del secolo e trovarono la prima codificazione mondiale con la Conferenza internazionale dei meridiani convocata (Washington ottobre del 1884).
Visto che bisognava regolare, ecco che scende in campo il legislatore.

In Italia si parte con il Regio Decreto 22 settembre 1866, n. 3224 “Col quale il servizio dei convogli nelle ferrovie, quello dei telegrafi, delle poste, delle messaggerie e dei piroscafi postali nelle Provincie continentali del Regno verrà regolato col tempo medio di Roma e quello nelle isole di Sicilia e di Sardegna ad un meridiano preso nelle città di Palermo e di Cagliari” (in Gazz. Uff., Serie Generale n. 278 del 9-10-1866).
In pratica si stabiliva ufficialmente che in Italia vigevano tre fusi orari. Uno per Roma e altri due differenti per Sardegna e Sicilia.

Poi in Italia l’orario unico arriverà con il regio decreto 10 agosto 1893, n. 490 sempre a fini ferroviari. Infatti aveva come titolo: “Disciplina del servizio delle strade ferrate in tutto il Regno d’Italia secondo il tempo solare medio del meridiano situato a 15 gradi all’Est di Greenwich, che si denominerà tempo dell’Europa centrale”.

Nel frattempo si iniziava a parlare anche di ora legale, essenzialmente per risparmiare combustibili.
In vero, si narra che il primo a parlarne fu Benjamin Franklin, più noto come padre fondatore degli Stati uniti.
Franklin per risparmiare sulla spesa in candele divulgò la sua idea: obbligare la popolazione ad alzarsi ad orari più mattinieri, esercitando varie forme di pressione (tassazione delle persiane, razionamento candele, divieto di circolazione notturna, una sveglia rumorosa all’alba)

L’idea venne ripresa molte volte fino a che il costruttore britannico William Willett, nel quadro delle esigenze economiche provocate dalla Prima guerra mondiale, la perseguì fortemente.

Nel 1916 la Camera dei Comuni diede il via libera al British Summer Time, che implicava lo spostamento delle lancette un’ora in avanti durante l’estate. Molti paesi imitarono il Regno Unito in quanto in tempo di guerra il risparmio energetico era una priorità.

Puntualmente anche l’Italia si adeguò, ovviamente con una legge
Il Decreto Luogotenenziale 25 maggio 1916, n. 631, in cui “Ritenuta la convenienza di economizzare per quanto  sia  possibile sul consumo di combustibili usati per la illuminazione  artificiale, meglio utilizzando le ore d’illuminazione solare”, si disponeva: “Dalla mezzanotte del 3 giugno 1916 l’ora legale  verrà  anticipata di 60 minuti primi a tutti gli effetti”. A firma di Tomaso Di Savoia Duca Di Genova, Luogotenente Generale di Sua Maestà, Vittorio Emanuele III.

Alla fine della guerra l’ora legale venne abolita per tornare puntualmente con la II guerra mondiale, dal 14 giugno 1940 ed essere tenuta in vigore anche nell’inverno del 1941 fino a tutto il 2 novembre 1942. In pratica per due anni e mezzo l’Italia ebbe soltanto l’ora legale.

Poi con la fine della guerra la confusione aumentò e nel 1944 l’ora legale fu in vigore solo nei territori della Repubblica sociale (dal 3 aprile al 17 settembre) e non in quelli del Sud

Con la Repubblica italiana dal 1948 l’ora legale non venne più utilizzata per essere definitivamente reintrodotta nel 1966, con la legge 503 del 1965, in periodo di crisi energetica.

L’ora legale stabilita da tale legge durava quattro mesi, dall’ultima domenica di maggio all’ultima domenica di settembre; in quell’anno specifico restò in vigore dal 22 maggio al 24 settembre. Tale durata venne estesa a sei mesi nel 1980 anticipando l’inizio alla prima domenica di aprile e poi dal 1981 all’ultima domenica di marzo (d.l. n. 270 del 1980). Un ulteriore prolungamento di un mese è stato introdotto nel 1996, insieme al resto dell’Europa quando la fine fu spostata all’ultima domenica di ottobre.

Poi l’ora legale è stata disciplina dell’Unione europea e recepita in tutti gli Stati.
Con le lancette che si spostavano ai sensi e per gli effetti dell’art. 22 della legge 4 giugno 2010, n. 96 (di attuazione della direttiva 2000/84/CE): “A decorrere dall’anno 2010 il periodo dell’ora estiva, in attuazione della direttiva 2000/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 gennaio 2001, ha inizio alle ore 1,00 del mattino, tempo universale coordinato, dell’ultima domenica di marzo e termina alle ore 1,00 del mattino, tempo universale coordinato, dell’ultima domenica di ottobre”.

Tuttavia, negli ultimi anni i paesi del Nord Europa hanno iniziato a dissentire, perché con l’ora legale hanno troppa luce fino a tarda sera. Così nel 2019 il Parlamento ha adottato una decisione di compromesso. Assegnando due anni agli Stati per decidere definitivamente de tenere o cancellare l’ora legale. Per ora ha deciso soltanto la Francia, in senso negativo assieme ai paesi del nord Europa.

In Italia non abbiamo ancora deciso cosa fare. Ma venuto meno l’obbligo europeo, stanotte potrebbe essere stata davvero l’ultima volta che abbiamo spostato le lancette per legge. Forse


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