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La doppia faccia del Pireo (e di Cosco). Numeri da record, ma lavoratori in panne

La morte di un operaio 45enne nel porto greco privatizzato dai cinesi riapre il dibattito sulle condizioni di lavoro e sul rispetto dei diritti. Intanto nel Mediterraneo orientale Ankara disturba Exxon

Da un lato ha conquistato la palma di primo porto nel Mediterraneo, dall’altro si sta caratterizzando per le dure condizioni di lavoro, proprio mentre un operaio 45enne ha perso la vita. È questa la doppia faccia del porto greco del Pireo, privatizzato nel 2016 dai cinesi di Cosco che lo hanno portato dal 93mo posto nel mondo, dove si trovava dieci anni fa, a scalare tutte le classifiche (ora è quarto in Europa). Pechino ora controlla il 67% del porto, con implicazioni non solo commerciali ma evidentemente anche geopolitiche. E intanto nel Mediterraneo orientale Ankara disturba Exxon.

QUI PIREO

I lavoratori portuali lanciano l’allarme sulle dure condizioni di lavoro, date, dicono, dal sistema dei subappalti e da rapporti di lavoro precari. Una situazione che è stata presa a cuore dal partito di opposizione greco, quel Syriza che dopo la parentesi governativa di Alexis Tsipras torna ad occuparsi di diritti e sociale. Si tratta di una situazione, osserva il partito, che consente ai datori di lavoro di ricattare i dipendenti e, con la minaccia di licenziamento, “imporre condizioni miserabili”.

Le strategie cinesi si sono intrecciate con il porto greco perché snodo pricipae della Via della Seta, basata su quelle nuove rotte marittime che hanno progressivamente trasformato il porto in un centro di distribuzione logistica regionale.

TRATTATIVA

Ma c’è un problema: l’originario accordo di privatizzazione firmato nel 2016 dava a COSCO Shipping il 51% nell’Autorità Portuale del Pireo (PPA) per 280 milioni di euro. I cinesi avrebbero dovuto effettuare obbligatoramente investimenti per circa 294 milioni di euro in cinque anni al fine di acquisire un’ulteriore quota del 16% per 88 milioni di euro e giungere al 67% di oggi. Il termine è però scaduto ad agosto scorso ma, nonostante il mancato rispetto della condizione, ha avviato una trattativa con il governo greco e pochi giorni fa ha ottenuto la percentuale mancante, ma senza terminare gli investimenti in questione, che potranno essere realizzati in cinque anni.

I cinesi danno la colpa alle lentezze burocratiche elleniche, mentre i residenti accusano il player cinese di aver danneggiato l’ambiente marino. Si tratta, nello specifico, dei lavori di ammodernamento di un terminal crociere per consentire l’attracco di navi più grandi e incrementare le presenze turistiche.

I NUMERI DEL PIREO

In attesa delle rilevazioni che saranno diffuse nel prossimo dicembre, stando ai numeri del 2020, il Pireo ha fatto registrare un altro record: è stato il primo scalo del Mediterraneo e il quarto in Europa, nonostante la crisi legata al Covid e quindi all’impatto sul commercio mondiale. Nel terzo trimestre dell’anno sono stati scambiati 1,287 milioni di TEU che si sono aggiunti ai 2.569 milioni di TEU del primo semestre dell’anno, con il risultato che nei 9 mesi dell’anno la movimentazione dei container ha raggiunto i 3.687 milioni di TEU.

Già dal 2019 Pireo aveva raggiunto il primato nel mare nostrum scavalcando Valencia. Per inquadrare il peso specifico del balzo in avanti compiuto, occorre fare un passo indietro di tre lustri quando il porto ateniese era fuori dai primi 15 porti d’Europa, mentre oggi nella classifica mondiale si posiziona al 26mo posto migliorando la 93esima posizione che occupava dieci anni fa. Fino ad oggi Cosco ha creato circa 3.000 posti di lavoro diretti e oltre 10.000 connessi.

SCENARI

Al di là della singola questione legata alla burocrazia e ai contratti, spicca la volontà di Pechino di rafforzarsi ulteriormente all’interno del Mediterraneo, tornato centrale nello scacchiere geopolitico sia per questioni di carattere commerciale che legate al dossier energetico. Sul punto infatti si registra l’interesse cinese per altri due porti greci molto appetiti: Alexandrupolis e Kavala. Attraverso una serie di società connesse e con l’appoggio dell’oligarca ellino-russo Savvidis, che già controlla il porto di Salonicco, pare che Pechino punti a strappare i due porti ai players americani interessati alla privatizzazione. Sarebbe un cazzotto in pieno viso non solo alla Casa Bianca ma all’intera strategia energetica per l’Ue.

Intanto i prossimi 30 giorni saranno cruciali per gli sviluppi nel Mediterraneo orientale, poiché Ankara esaminerà gli scenari relativi ai piani di trivellazione di Nicosia all’interno della zona economica esclusiva di Cipro (ZEE) dove l’americana EXXON è impegnata fino a dicembre in virtù di un accordo siglato tra Usa e Cipro. Uno scenario che, solo apparentemente sembrerebbe staccato dalle vicende portuali e geopolitiche ma che, invece, presenta una (poco) sottile linea rossa che lo lega alle ripercussioni della BRI.

@FDepalo



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