LinkedIn dice addio alla Cina. L’azienda si era vista costretta a chiudere i profili di alcuni giornalisti e attivisti, colpevoli di aver condiviso materiale proibito agli occhi di Pechino. Era l’ultima grande compagnia tech americana sul territorio cinese
Anche LinkedIn saluta la Cina. Per Microsoft, infatti, la censura di Pechino è talmente ingombrante che rende “difficile operare” secondo i criteri dell’azienda. L’esser stati costretti, lo scorso settembre, a bloccare alcuni giornalisti e attivisti per i diritti umani che avevano condiviso materiale proibito per la propaganda cinese è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Una situazione già verificatesi in passato, quando alcuni studenti e ricercatori si sono visti bannati dal social senza una reale motivazione.
A riportare la notizia era stata il Wall Street Journal, così come a marzo, quando le autorità di sorveglianza cinesi avevano concesso un mese di tempo a LinkedIn per regolare meglio i loro contenuti. Una somma di fattori che hanno portato Microsoft – titolare dell’azienda dal 2016 – a prendere la decisione di chiudere entro la fine dell’anno la sua piattaforma. Al suo posto arriverà InJobs, sprovvisto delle tipiche caratteristiche di un social media come la condivisione di post o articoli e i vari feed.
Per l’azienda di Sadya Nadella si tratta di un duro colpo. Presente da otto anni in Cina, questa rappresentava il terzo mercato più florido per LinkedIn, come dimostrato da un report di luglio pubblicato da Statista. Inoltre, si trattava dell’ultimo grande baluardo tecnologico statunitense operativo sul territorio cinese. I vari Facebook e Twitter, infatti, erano stati bloccati nel corso degli ultimi anni e al loro posto sono comparsi social network simili ma sotto la stretta supervisione del governo centrale. Google, invece, aveva anticipato la mossa di andarsene già nel 2010.
Come spiegato da vicedirettore esecutivo Mohak Shroff, “la nostra decisione di lanciare una versione locale di LinkedIn era stata guidata dalla nostra missione di connettere i professionisti di tutto il mondo per renderli più produttivi e di successo”. L’azienda si era anche attenuta alle regole per operare su Internet previste da Pechino, ma non è bastato. “Stiamo affrontando un ambiente operativo significativamente più impegnativo e maggiori requisiti di conformità in Cina”.
Tuttavia, la mission di LinkedIn non cambierà con la nuova piattaforma InJobs. L’idea è quella di “concentrarci nell’aiutare i professionisti con sede in Cina a trovare lavoro nel Paese e le aziende cinesi a trovare candidati di qualità”, così come “a lavorare con loro per aiutarle a creare opportunità economiche”. Nel frattempo, l’ennesimo gigante tech si prepara a riempire le valigie, pronto a dire addio a un mercato tanto florido quanto controllato come quello cinese.