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Le ragioni per cui è (quasi) impossibile tassare i miliardari

I democratici studiano un prelievo sui guadagni non ancora realizzati dei 700 miliardari a stelle e strisce, da Jeff Bezos a Elon Musk, che tengono il grosso del loro patrimonio in azioni e obbligazioni e dunque non sono tassati finché non sono venduti. Ma gli ostacoli sono enormi

Tassare i paperoni d’America fa sempre una certa suggestione. Elon Musk, Bill Gates, Jeff Bezos e l’inossidabile ultra-novantenne Warren Buffett potrebbero essere l’asso nella manica dei democratici, in perenne caccia a risorse con cui finanziare i piani pandemici di Joe Biden, ora che l’accordo politico al Congresso sembra fatto.  La crociata, che poi non è certo la prima, è partita poche ore fa, da quel Senato di cui il partito dell’Asinello non ha il controllo.

I democratici hanno presentato una nuova proposta fiscale, cucita su misura sui miliardari americani, le cui aziende già dovranno vedersela con l’aliquota del 15% sui profitti realizzati nei Paesi nelle quali operano: la minimum global tax. Ora però si punta a qualcosa di più casalingo, in grado di colpire i fatturati annui oltre il miliardo di dollari e i patrimoni personali e rendite (i capital gain) al di sopra dei 100 milioni di attività. Secondo i calcoli degli stessi democratici, un prelievo secco annuale del 23,5% sulle rendite finanziarie (si stima una platea di 700 unità), basterebbe a coprire buona parte dei pacchetti pandemici (2 mila miliardi di dollari, dopo il compromesso al Senato) messi in piedi da Biden e il suo staff.

Se si considera poi la combinazione con la global tax, ecco che si dovrebbe essere in grado di sostenere lo sforzo di Biden verso le classi più deboli e bisognose, senza considerare la realizzazione di centinaia di infrastrutture, dalle strade alle scuole, passando per i trasporti. Fin qui i desiderata della Casa Bianca. Ma c’è una realtà di cui forse dalle parti dello Studio Ovale non ha tenuto conto.

Come ha sottolineato il Washington Post (la cui proprietà è proprio di Jeff Bezos), il grosso dei patrimoni e delle rendite dei billionaires made in Usa è all’estero e non certo dentro i confini statunitensi. “In apparenza sembra semplice tassare di più i ricchi. Ma la verità è che i miliardari in realtà non hanno una grossa fetta del loro reddito nei loro conti bancari, che però sono offshore. Inoltre molti dei loro soldi sono sotto forma di obbligazioni e azioni, asset non tassabili perché considerati guadagni non realizzati”. A titolo di esempio, Warren Buffett dal 2014 a oggi ha pagato circa 25 milioni di dollari in tasse. In base alla legge proposta, sarebbero stati praticamente mille volte di più, oltre 25 miliardi in sette anni.

Elon Musk è l’uomo più ricco del mondo, ma solo sulla carta, perché non prende un dollaro dal suo ruolo al vertice di Tesla. La sua ricchezza è calcolata sul valore delle azioni della società, ma finché non le vende o esercita le opzioni (sarà costretto a farlo a breve per una fetta dei titoli), lo Stato non può tassare nulla. La proposta vorrebbe intervenire proprio in casi come questi. Ma il problema è uno, e non secondario: se l’anno prossimo le azioni Tesla precipitassero e il loro valore si dimezzasse, l’erario americano dovrebbe restituire le tasse che aveva incassato su guadagni mai realizzati?

C’è poi un problema costituzionale, visto che il 16° emendamento, afferma che il governo federale può tassare il reddito, ma non le rendite sotto forma di obbligazioni o azioni. Quelle sono competenza dei singoli stati. La nuova tassa potrebbe mettere i miliardari nella straordinaria posizione di poter effettivamente citare in giudizio il governo e sostenere di essere stati tassati in modo incostituzionale. Insomma, non bastano le buone intenzioni, che però non mancano. “Quando infermieri e vigili del fuoco pagano le tasse con ogni busta paga, i miliardari, che hanno capito come non pagare le tasse perché non prendono uno stipendio, dovranno pagare la loro giusta quota”, ha detto il senatore dem Ron Wyden. Ma sono, appunto, buone intenzioni. Che si scontreranno sempre sulla capacità di chi ha svariati miliardi di patrimonio, di mettere le proprie ricchezze su asset poco tassati.

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