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Rivoluzione bitcoin a New York? Si inizia dallo stipendio del sindaco

Eric Adams vuole portare l’esperienza di Miami nella Grande Mela per farla “il centro dell’industria delle criptovalute”. Da battere ci sono lo scetticismo e la resistenza al mondo del denaro digitale

Eric Adams è il sindaco numero 110 nella storia di New York, il secondo afroamericano a essere eletto in città e il primo a venire pagato in bitcoin. A quanto pare, infatti, l’ex poliziotto avrebbe intenzione di rendere New York City “il centro dell’industria delle criptovalute e di altre industrie innovative e in rapida crescita”.

La notizia è stata resa pubblica attraverso uno scambio di risposte su Twitter tra Adams e il suo omologo di Miami, Francis Suarez, che dopo la rielezione aveva dichiarato di voler ricevere il suo primo stipendio in bitcoin. Il neo sindaco della città più popolosa degli Stati Uniti, invece, ha voluto triplicare: “A New York andiamo sempre alla grande”, ha scritto, “quindi prenderò i miei primi tre stipendi in bitcoin”. A fornire maggiori dettagli ci ha pensato la sua portavoce, Even Thies, che ha spiegato come il neosindaco riceverà i pagamenti attraverso lo scambio con il dollaro, dato che non è prevista (almeno per ora) una retribuzione differente.

La risposta del sindaco di Miami non si è fatta attendere. “Touché”, ha scritto Suarez sotto il commento, congratulandosi con Adams per l’elezione e sostenendo la possibilità di una “competizione amichevole per rendere le nostre rispettive città cripto-capitali”. La sinergia tra i due primi cittadini risale a diverso tempo fa e può rappresentare una nuova frontiera negli Stati Uniti, dove le criptomonete stanno assumendo un ruolo sempre più importante, ma controverso.

Durante il suo primo mandato Suarez ha cercato di rendere Miami un hub per l’innovazione delle monete digitali, introducendo in città la MiamiCoin, presentata ad agosto, frutto della collaborazione con l’organizzazione no profit CityCoins. Una partnership che sembrerebbe giovare alle casse comunali. Questa infatti invia il 30% alla città da ciascun MiamiCoin creato – o estratto, che dir si voglia. Così, soltanto nel mese di settembre, avrebbe garantito 7,1 milioni di dollari a Miami.

Anche per questo, Adams si è incuriosito alla questione e il suo augurio è che tra le due metropoli possa nascere una cooperazione, capace di portare altri sviluppi significativi nel nuovo metodo di pagamento. Già quando trionfò alle primarie democratiche per la carica a sindaco, Adams aveva avvertito come da quel momento avrebbe fatto qualsiasi cosa per trasformare New York nel “centro dei bitcoin” e, più in generale, “di tutta la tecnologia”. Scherzando, ma forse neanche troppo, aveva avvertito il sindaco Suarez di come le gerarchie stessero per cambiare.

Tutto ciò “mostra come il bitcoin sta attirando una vasta gamma di interesse”, in cui “ora puoi includere anche il sindaco di New York”, ha sostenuto Edward Moya, analista di mercato della FX Oandam. Eppure, non tutti sembrerebbero entusiasti della strada che si sta intraprendendo. “Sto solo cercando di immaginare il processo affinché ciò si realizzi. Sembra un incubo”, ha dichiarato allarmato Stephen Palley, esperto di blockchain e partner dello studio legale Anderson Kill. La preoccupazione principale è sempre la stessa. In mancanza di una regolamentazione, non è ancora stato chiarito chi deterrà il portafoglio digitale e in che modo gli stipendi in bitcoin possano rispettare le leggi federali sul lavoro. Al momento, non è possibile neanche garantire i pagamenti quotidiani con le criptomonete.

Negli Stati Uniti, il dibattito spaventa ma è aperto e molto dibattuto. Lo sviluppatore Jameson Loop, per esempio, ha creato una piattaforma per controllare chi tra i membri del Congresso possiede bitcoin. Secondo Bitcoin Politicians, sarebbero sei al momento, tutti repubblicani. Tra i senatori figurano Cynthia Lummis (Wyoming), favorevole fin dalla prima ora alle criptovalute tanto da volerne diffondere la cultura tra i suoi colleghi, e Patrick Toomey (Pennsylvania). Alla Camera dei rappresentanti, invece, ci sono Michael McCaul (Texas), Barry Moore (Alabama), Jefferson van Drew (New Jersey) e Michael Watz (Florida).

Certo è che su 535 membri del Congresso rappresentano un numero troppo piccolo per poter avviare un discorso più serio sulle criptovalute come metodi di pagamento quotidiani. Forse, se l’esperimento riuscisse in una città come New York, si potrebbero aprire scenari differenti.

(Foto: Twitter @ericadamsfornyc)

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