Presentando la proposta di revisione della direttiva europea sulla sicurezza delle reti, l’europarlamentare Groothuis, che ne è relatore, ha messo in guardia dalle “sospette operazioni russe contro i cavi sottomarini”. Nella “guerra dei fondali” Mosca schiera l’Unità militare 40056, già al centro di sospetti e incendi a bordo dei suoi mezzi. Ecco cosa fa
“Molti ministri della Difesa nella Nato e nell’Unione europea ed esperti hanno messo in guardia su sospette operazioni russe contro i cavi sottomarini in fibra ottica”, ha spiegato a Formiche.net Bart Groothuis, europarlamentare olandese membro del gruppo macroniano Renew Europe e relatore della proposta di revisione della direttiva europea Nis sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi. “Il timore è che possano mettersi in condizione di sabotarli. E proprio la Russia ha già fatto due test per disconnettersi da internet”, ha aggiunto con riferimento ai tentativi da parte del governo di Mosca di mettere alla prova la tecnologia per un “internet sovrano”. Non sfugga che prima di diventare europarlamentare Groothuis era a capo del bureau per la sicurezza cibernetica del ministero della Difesa dei Paesi Bassi.
Nella “guerra dei fondali”, con l’Occidente che teme cavi tagliati o intercettati, la Russia può schierare il Direttorato principale della ricerca sottomarina, noto anche con l’acronimo russo Gugi o come Unità militare 40056. Si occupa di ricerca, si apprende dalla denominazione, ma forse anche di qualcosa in più. Basti pensare che gestisce un’importante base navale chiamata Olenya Guba (cioè Baia dei cervi) vicino alla famosa penisola di Kola nell’Artico russo. Si tratta della principale base operativa dei sottomarini per la 29° Brigata separata di sottomarini della Flotta del Nord, un’unità che dispone di una serie di sottomarini per missioni speciali (i cosiddetti “sottomarini spia”) per conto del Gugi.
Tra i mezzi a disposizione del Direttorato c’è anche la Yantar, che ufficialmente Mosca definisce una nave oceanografica ma che spesso è stata tracciata nei pressi di cavi sottomarini e dorsali di reti (poche settimane fa era nel Canale della Manica, ora mentre scriviamo si trova tra lo Jutland e la Norvegia). Si tratta di un esempio di uno dei due strumenti principali (questo è di superficie) con cui la Russia può minacciare direttamente i cavi, come spiega una recente analisi del think tank statunitense Center for Strategic and International Studies. L’altro è rappresentato dai sottomarini. Come il Losharik e il Poseidon.
Due anni fa il Cremlino si trovò in difficoltà a dover gestire un incendio scoppiato a bordo del primo, uno dei battelli basati a basato a Olenya Guba. L’unità è a propulsione nucleare ed è utilizzata per operazioni speciali mai definite, equipaggiato con bracci meccanici in grado di agire sul fondale — questo il poco che si sa, la gran parte delle caratteristiche sono riservatissime. In quell’incidente del luglio 2019 sul Losharik morirono 14 marinai.
Ma il governo russo non si preoccupò solo di quelli ai tempi (sebbene l’immagine evocasse lo spettro del Kursk e fosse una pessima pubblicità per il Cremlino). L’attenzione di Mosca era probabilmente collegata alle attività che quel sommergibile stava compiendo sul quadrante occidentale del Mare di Barents, quando si è sviluppato l’incendio. Lungo quei fondali passa lo Svalbard Undersea Cable System, cavo sottomarino da 2.714 chilometri che collega Breivka, in Norvegia, a Longyearbyen, in Groelandia. Ossia taglia parte della regione artica che è un interesse strategico di Mosca sempre più forte. Tra i misteri che avvolgono questi battelli, c’è la possibilità che siano usati in missioni dal Gru, l’intelligence militare, anche per agire sui cavi sottomarini per spionaggi e sabotaggi.
E infatti, da diversi anni ormai la Nato ha accesso i riflettori sulle attività sottomarine russe. Non ci sono evidenze di operazioni contro l’Occidente ma è indubbio che Mosca abbia puntato molto, e sempre più, su questo tipo di capacità da guerra ibrida che minaccia un sistema di cavi sottomarini che a livello globale è stimata in 1,3 milioni di chilometri. La Nato ha recentemente istituto un comando a Norfolk, in Virginia, il primo quartier generale dell’Alleanza dedicato specificatamente alla regione dell’Oceano Atlantico. Si tratta di un completamento del comando di Ulma, nella regione tedesca del Baden-Württemberg.
Ora, con la direttiva Nis 2 che sembra prendere forma, anche l’Unione europea appare decisa a forgiare uno scudo a difesa dei cavi sottomarini. E non è un caso. Il 97% delle comunicazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa, infatti, passa attraverso questa infrastruttura.
(Nella foto tratta da VesselFinder la Yantar)