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Dalla Cina con timore. Evergrande&Co spaventano le grandi città

Da Los Angeles a San Francisco, da Londra a Sydney, i colossi del mattone cinese insolventi e in crisi di liquidità hanno costruito molto in giro per il mondo, soprattutto uffici e resort. Un loro, probabile, default potrebbe innescare la svalutazione degli asset con conseguenze devastanti per il mercato immobiliare occidentale

Un lungo filo rosso unisce Shenzhen, quartier generale di Evergrande, alle principali metropoli mondiali. Il filo del debito cinese, che nella crisi del mattone di cui Evergrande è simbolo (e che secondo la banca Nomura vale il 28% del Pil della Cina), ha trovato la sua massima espressione. Il gruppo, un tempo tra le maggiori società immobiliari del Dragone, è oggi un colosso barcollante pronto ad andare da un momento all’altro knock-out, sempre che il suo fondatore e azionista, Hui Ka Yan, nono continui a pagare gli interessi sui bond di tasca propria, come richiesto senza troppi preamboli dal governo cinese.

Il danno è comunque ormai fatto, tanto le azioni di Evergrande quanto quelle di Fantasia, Modern Land e altri giganti del mattone valgono qualcosa in più di un pugno di carta straccia. A occhio nudo potrebbe sembrare un problema solo cinese, una patata bollente tra le mani di Xi Jinping dal momento che le majors hanno tutte base in Cina e un fortissimo legame con il territorio. Invece no, l’affare è anche di molti altri. Il motivo è presto spiegato. In Cina Evergrande vanta circa 1.300 progetti realizzati in 300 città. E altrettanti cantieri aperti su terreni per 800mila km quadrati, quasi 3 volte la superficie dell’Italia. Molti dei quali fermi, causa agonia delle società del mattone e migliaia di appartamenti invenduti, rimasti vuoti e senza compratori, con conseguente crollo del valore.

Tuttavia il canovaccio potrebbe ripetersi altrove, dal momento che il gruppo immobiliare e i suoi fratelli hanno in questi anni costruito molto anche in giro per il mondo, in metropoli quali Londra, New York e Sydney. Si tratta il più delle volte di complessi ospitanti uffici, siti nelle zone centrali delle grandi città. Una crisi all’origine potrebbe portare a improvvise svalutazioni degli asset, con conseguenti oscillazioni dei prezzi, con un effetto tellurico per i mercati immobiliari occidentali.

C’è per esempio la Greenland Holdings (52,1 miliardi di capitalizzazione in Borsa), con sede a Shanghai, gigante che naviga già in pessime acque e in odore di insolvenza e che ha appena costruito la torre residenziale più alta di Sydney. La stessa società ha in programma di fare lo stesso a Londra e ha altri progetti per miliardi di dollari a Brooklyn, Los Angeles, Parigi e Toronto. Un suo default, però, bloccherebbe tutto e chi ha comprato uffici e appartamenti sulla carta potrebbe passare un brutto quarto d’ora.

E che dire del caso di Oceanwide Holdings, che ha realizzato una delle torri più alte di San Francisco, ma finita da poco sotto sequestro in seguito a un’azione legale intrapresa dai creditori furenti per il mancato rimborso dei bond. Non è finita. Guangzhou R&F Properties, altro gigante a corto di liquidità e a un passo dall’inadempienza verso il mercato, è stata costretta a fermare i cantieri per la realizzazione di due giganteschi complessi immobiliari a Londra, oltre a una dozzina di grattacieli vicino al Tamigi. Fermi, poi, numerosi edifici dello stesso gruppo in Australia, Canada e Stati Uniti. Tutta colpa di un debito di 8 miliardi di dollari a fronte di liquidità in cassa per 2 miliardi.

“La capacità di R&F di gestire le scadenze del debito a breve termine dipenderà dall’esecuzione di vendite di asset considerevoli”, ha affermato Standard&Poor’s in una nota, prevedendo che edifici, hotel e numerosi asset potrebbero essere venduti (o svenduti) per generare la liquidità mancante.  Ed Evergrande? Negli ultimi anni le attenzioni del gruppo di Shenzhen si sono concentrate sul Canada, come dimostra la recente acquisizione dello Chateau Montebello, un resort di lusso da 26.305 ettari lungo le rive del fiume Ottawa tra Ottawa e Montreal. Che cosa ne sarà è tutto da vedere.

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