Le elezioni al Quirinale riservano sempre sorprese. Queste le poche regole. Ma trovare il candidato giusto sarà ben più difficile
Ci avviciniamo all’elezione del successore di Sergio Mattarella e siamo tutti curiosi di sapere chi sarà il prossimo Capo dello Stato. Le elezioni al Quirinale riservano sempre sorprese, anche perché sono, in pratica, senza regole e senza candidati.
La Costituzione pone pochi e semplici requisiti: “Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni di età e goda dei diritti civili e politici”, come recita l’art. 84 Cost.
Il collegio elettorale è fissato dall’art. 85. Il Presidente della Repubblica viene eletto dal Parlamento in seduta comune, cioè dai 630 deputati e dai 320 senatori, integrati da 58 grandi elettori scelti dai Consigli regionali. Ogni regione nomina tre grandi elettori, due della maggioranza e uno dell’opposizione, mentre la Valle d’Aosta ne nomina solo uno.
Le elezioni si svolgono alla Camera dei deputati applicando “normalmente” il regolamento della Camera stessa (art. 35 del regolamento della Camera).
Proprio ai sensi dell’art. 49 del Regolamento il voto è a scrutinio segreto. Il quorum invece lo stabilisce ancora la Costituzione. Nelle prime tre votazioni serve il quorum qualificato dei due terzi del Parlamento in seduta comune: cioè 703 elettori su 1008. Dal quarto scrutinio è prevista la soglia della maggioranza assoluta: 503 elettori su 1008 (Art. 83 cost.). I presidenti della Camera e Senato non partecipano al voto, per prassi.
Fino ad oggi il Parlamento in seduta comune ha nominato 13 presidenti. Solo due sono riusciti nell’impresa di essere nominati al primo turno: Francesco Cossiga nel 1985 e Carlo Azeglio Ciampi nel 1999. Anche Enrico De Nicola ha vinto al primo scrutinio, ma nel 1946 venne eletto a Capo provvisorio dello Stato.
Altri quattro ce l’hanno fatta alla quarta votazione, quando il quorum scende dai due terzi alla maggioranza assoluta: Luigi Einaudi nel 1948, Giovanni Gronchi nel 1955, Giorgio Napolitano nel 2006 e Sergio Mattarella nel 2015. Per eleggere Antonio Segni nel 1962 servirono 9 sedute. Negli altri casi ci volle molto più tempo. Per eleggere Sandro Pertini nel 1978 servirono 16 votazioni. E per insediare al Colle Giuseppe Saragat, 1964 si dovettero svolgere 21 votazioni. Ma il record spetta a Giovanni Leone che nel 1971 venne nominato Presidente della Repubblica dopo 23 votazioni.
La seduta per l’elezione del Presidente della Repubblica è unica. Ciò significa che finché non viene eletto il successore al Quirinale l’assemblea non si scioglie. Pertanto si vota praticamente ogni giorno, anche se possono essere previste delle interruzioni, anche per favorire il dialogo e trovare un accordo su un possibile candidato.
Nel 1964 e nel 1971 si è arrivati a votare anche il giorno di Natale e quello della vigilia. Questa volta non sarà necessario, perché si inizia a votare a gennaio. Come prevede l’art. 85 Cost. “trenta giorni prima che scada il termine il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento”.
Visto che Sergio Mattarella scade il 3 febbraio, la convocazione arriverà il 3 gennaio e si inizierà a votare presumibilmente a metà del mese. Queste le poche regole. Trovare il candidato giusto, sarà ben più difficile.