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Elezioni, sicurezza, economia e diritti umani. Così Draghi vuole aiutare la Libia

Dalla Conferenza internazionale sulla Libia di Parigi l’Italia esce con le idee chiare. Per Draghi ci sono quattro “pilastri” fondamentali per aiutare il Paese nordafricano

Ci sono “quattro pilastri” quando si parla di Libia, ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi durante la conferenza stampa conclusiva della Conferenza internazionale che si è tenuta oggi a Parigi. Il primo riguarda le elezioni, possibili solo attraverso la costruzione di una legge elettorale “urgente” e frutto di un “lavoro tutti insieme”. Il secondo la sicurezza: il cessate il fuoco sta funzionando da un anno e mezzo, ha detto il premier italiano, e dimostra che da questa condizione di pace è possibile la ricostruzione. Poi l’economia, con la necessità, secondo il capo del governo di Roma, di un bilancio unico (fermo perché mai votato dal parlamento libico) e la “consolidazione della Banca centrale”. Infine il quarto pilastro riguarda i diritti umani, un problema anche questo “da affrontare insieme” ha detto, ma dal quale non ci si può tirare indietro.

Il primo a commentare i risultati della della riunione era stato l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, che su Twitter scrive: “Ci sono due chiare priorità per la Libia: le elezioni presidenziali e legislative devono svolgersi come previsto; le sfide alla sicurezza legate al completo ritiro delle forze straniere devono essere risolte”. Due delle priorità che compongono la strategia italiana, portata alla Maison de la Chimie dal presidente del Consiglio italiano.

“L’Ue è pronta a sostenere la ricostruzione delle istituzioni politiche, economiche e sociali”, ha aggiunto Borrell. Ed è proprio questo il punto: la riunione di Parigi serviva a cercare una compattezza dell’Unione europea sul dossier – questo chiede Draghi da sempre, e su questo ha portato Emmanuel Macron dopo anni che la Francia ha giocato da battitore libero, trovando la sponda di Berlino. Sui risultati ci sarà da vedere: le elezioni, punto cruciale della conferenza, si dovrebbero tenere il 24 dicembre come da convocazione Onu.

Il contesto libico è pieno di tensioni e divisioni, l’avvicinarsi del voto ha portato i vari centri di potere a prendere posizioni aggressive. Il rischio che la situazione scivoli nella violenza è concreto, per questo la Conferenza ha cercato di far leva diplomatica. Essenziale evitare scossoni in un percorso che in questa fase procede, ma gli ostacoli possono presentarsi in ogni momento. “Dopo anni di conflitto, il popolo libico deve potersi esprimere in elezioni libere, trasparenti e credibili”, ha detto Draghi nel suo intervento.

Il lavoro più grande l’Italia l’ha fatto a livello diplomatico, lontano dai riflettori, trovando un’intesa sulla convocazione del voto per un singolo giorno. La diplomazia di Roma è riuscita a inserire un riferimento “all’inizio” delle elezioni presidenziali e parlamentari in Libia il 24 dicembre e a sottolineare che vengano “annunciati insieme”, nel documento conclusivo votato da tutti – a eccezione che dalla Turchia, che ha preso una linea polemica su tutta la Conferenza a causa della presenza della Grecia.

“Se non si va d’accordo non si aiuta la Libia” ha aggiunto Draghi, sollecitato da una domanda a proposito delle posizioni un tempo distanti tra Italia e Francia sul dossier. Il presidente del Consiglio ha spiegato che il riavvicinamento rispecchia l’avvicinamento interno tra le posizioni libiche, ed è anche frutto del “rapporto di fiducia personale” che il leader italiano ha con il francese.

Alla Conferenza, oltre ai leader dei Paesi co-presidenti – Italia, Francia, Germania e Libia (inserita all’ultimo per richiesta italiana) – hanno partecipato capi di Stato e di governo di Egitto, Ciad, Niger, Tunisia, Cipro, Grecia, Malta, Paesi Bassi, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Spagna, Regno Unito. Per gli Stati Uniti era presente la vice presidente Kamala Harris, già a Parigi per incontri all’Eliseso, mentre Russia, Cina, Giordania, Svizzera, Algeria e Marocco hanno inviato solo i ministri degli Esteri.

 

 

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