Nelle prossime ore il capo della Casa Bianca potrebbe decidere se sponsorizzare la riconferma di Powell o proporre l’avvicendamento con Lael Brainard, già stretta collaboratrice di Clinton e Obama. Ma c’è l’onnipresente scoglio repubblicano al Senato, mentre l’inflazione galoppa sempre più forte
Potrebbe essere questione di giorni, forse ore. Joe Biden è pronto al ricambio al vertice della Federal Reserve, la principale banca centrale del mondo, le cui scelte di politica monetaria condizionano da sempre le mosse degli altri istituti. Traballa quindi la poltrona di Jerome Powell, chiamato nel 2017 a capo della Fed da Donald Trump, con cui di lì a poco sarebbe entrato in rotta di collisione a causa dell’ostinazione di quest’ultimo nel mantenere i tassi fermi.
POWELL AL CAPOLINEA?
Ora che però il numero uno ha cambiato passo, avviando la stagione del tapering, cioè riducendo poco alla volta gli stimoli all’economia, gli acquisti di debito e preparandosi a un rialzo dei tassi, potrebbe arrivare l’avvicendamento, magari con Lael Brainard, di cui si fa sempre più insistentemente il nome, ricevuta due settimane fa alla Casa Bianca da Biden. I segnali ci sono tutti. E forse ci sono anche delle ragioni macroeconomiche. Tanto per cominciare gli Stati Uniti hanno un problema piuttosto grosso di inflazione, che continua a galoppare mettendo sempre più in crisi l’agenda economica del presidente.
I prezzi sono aumentati del 6,2% nel mese di ottobre e i rincari sono sempre più pesanti per i cittadini americani, soprattutto con l’approssimarsi dell’inverno (con l’incremento dei consumi di energia) e delle festività natalizie. I costi di una spesa per quattro persone sono passati dai 674 dollari al mese del 2020 ai 849 dollari di oggi. Tutto questo potrebbe ben presto polverizzare i benefici frutto dei maxi-piani pandemici messi in piedi dai democratici, soprattutto del pacchetto da 1.750 miliardi di dollari appena approvato dal Congresso. La prudenza mostrata fin qui da Powell, il cui mandato (rinnovabile) scade a febbraio, nello stringere i cordoni della borsa, riducendo i tassi, potrebbe rivelarsi letale nell’ambito del contrasto al surriscaldamento dei prezzi.
IL DILEMMA DI BIDEN
Forse è proprio per questo che l’annuncio sul futuro presidente della Federal Reserve sarebbe imminente. Almeno secondo Sherrod Brown, il presidente della commissione Bancaria del Senato, il quale ha chiarito di aver ricevuto la notizia da fonti della Casa Bianca. Ora, Biden sa fin troppo bene che negli anni Powell si è guadagnato il plauso di una parte dei democratici per aver posto, per esempio, l’attenzione della Fed sull’obiettivo di ridurre la disoccupazione. Ma anche per aver semplicemente contrastato Trump.
Eppure, l’ala progressista del partito non è contenta dell’allentamento delle regole finanziarie imposte dopo la crisi del 2008 e crede che a capo della banca centrale serva qualcuno più in sintonia con le priorità democratiche. Biden, però, sa anche che il Senato approverebbe a larga maggioranza la conferma di Powell, che gode del sostegno della maggior parte dei repubblicani. C’è però, almeno sulla carta, una via d’uscita.
A fine anno, infatti, scade il mandato di uno dei vice di Powell, il repubblicano Randall Quarles, potente responsabile della supervisione sulle banche. Non solo. Anche l’altro vice, altro repubblicano Richard Clarida, cui si deve nei fatti la strategia sui tassi, lascerà presto la banca centrale. Di qui la possibile quadratura del cerchio: pur confermando Powell alla presidenza, Biden può garantire sulla carta ai democratici la maggioranza della Fed.
LA CARTA BRAINARD
Sempre che il presidente non decida sua sponte di buttare giù dalla torre Powell, per fare spazio a Lael Brainard, 59 anni, master ad Harvard, già brillante sottosegretario al Tesoro Usa con Barack Obama che nel 2014 le aprì le porte della Fed, dove Brainard ha interpretato in questi anni il ruolo dell’opposizione, votando contro ogni alleggerimento della legislazione sul sistema bancario e, negli ultimi anni, a favore di un ruolo attivo della banca centrale sul tema dell’ambiente.
Figlia di un diplomatico statunitense, è nata ad Amburgo e cresciuta nella Germania occidentale e successivamente in Polonia nel periodo precedente le rivoluzioni del 1989 e la caduta del muro di Berlino. Brainard ha iniziato a lavorare presso McKinsey fornendo consulenza a clienti aziendali sulle sfide strategiche e anche su microimprese in Africa occidentale. Quindi è stata assistente e professore associato di economia applicata presso la Mit Sloan School of Management dal 1990 al 1996 con le sue pubblicazioni che hanno fornito importanti contributi sul rapporto tra produzione offshore, commercio e lavoro.
Nel 1997, l’approdo dalla Casa Bianca, dove Brainard è stata vice consigliere economico nazionale e vice assistente del presidente durante l’amministrazione Clinton. Il 23 marzo 2009, Obama l’ha nominata sottosegretario al Tesoro per gli affari internazionali. Il 23 dicembre 2009 Reuters ha riferito che la Commissione Finanze del Senato aveva approvato Brainard per diventare “il principale diplomatico globale del Dipartimento del Tesoro, un lavoro che le avrebbe dato un ruolo chiave nel tentativo di spingere la Cina verso una valuta flessibile”. Non è finita. Perché nel gennaio 2014 la sfidante di Powell è stata nominata membro del consiglio dei governatori del sistema della Federal Reserve, iniziando il suo mandato il 16 giugno 2014.