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Attentato in Iraq, ferito il premier Kadhimi. Sospetti e nemici

Chi ha cercato di assassinare con un attacco drone il premier iracheno? Perché? Il contesto nel Paese è complesso, in tanti hanno armi in mano. Soprattutto le milizie filo-iraniane

Nella notte tra sabato e domenica 7 novembre, la casa in cui vive a Baghdad il premier iracheno, Mustafa al Kadhimi, è stata colpita da almeno un drone esplosivo lasciando lui e altri cinque uomini della sua sicurezza leggermente feriti. Dopo essere stato trasportato in ospedale per ricevere cure mediche e controlli, il primo ministro ha rilasciato una dichiarazione video rassicurando sulle sue condizioni di salute e chiedendo di evitare l’innesco di tensioni: “La mia casa è stata vigliaccamente attaccata, ma grazie a Dio io e chi lavora con me stiamo bene […] Invito tutti a un dialogo calmo e costruttivo per il bene dell’Iraq e per il futuro dell’Iraq”.

Un “attacco terroristico”  l’ha definito Moqatada al Sadr, leader politico che ha ottenuto il maggior consenso popolare dopo le recenti elezioni e player centrale nella coalizione che sostiene Kadhimi, in carica da maggio 2020.

Chi ha guidato il drone per uccidere il primo ministro durante la notte? L’Iraq è ancora un Paese controverso. Kadhimi ha nemici politici, ma anche extra-politici. Il primo ministro guida col suo governo gli sforzi per soffocare definitivamente lo Stato islamico, che non controlla più ampie fette di territorio iracheno come anni fa, ma è ancora una realtà strisciante in grado di organizzare attentati. Ma Kadhimi si è anche dimostrato duro nei riguardi dei partiti/milizia sciiti che infestano il Paese come clan mafiosi. Eterodiretti con varie sfumature dai Pasdaran iraniani, questi gruppi armati con rappresentanza politica — o questi leader politici con armi al seguito — hanno più volte colpito la Green Zone di Baghdad.

Lanciano missili e droni di solito contro obiettivi internazionali — il preferito è l’ambasciata americana, ma di recente hanno colpito anche altrove. È un modo per sfogare tensioni internazionali (spesso collegate a quello che succede all’Iran o in Iran). Contro di loro — la loro esistenza mafiosa, l’uso che i Pasdaran ne fanno — hanno protestato i cittadini iracheni, e il premier Kadhimi ha usato questo malcontento per cercare di limitare il ruolo e la diffusione delle milizie; che dopo la guerra all’Is sono state inglobate nelle forze di sicurezza attraverso il gruppo ombrello che va sotto il nome di “Forze di unità popolare”.

Ieri notte, subito dopo l’attacco alcuni canali Telegram collegati alle milizie hanno iniziato a diffondere video ironici sull’attacco e contro Kadhimi. Nel pomeriggio, un leader miliziano — Qais Kazali, leader della Lega dei Giusti — aveva partecipato a una manifestazione organizzata dalle milizie per contestare il voto del 10 ottobre, in cui non hanno ottenuto il risultato sperato. Kazali ha incitato il suo popolo parlando di brogli (non veri) e minacciando Kadhimi.

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