L’ultima inchiesta sui beneficiari del Reddito di cittadinanza mi ha fatto ricordare la questione dei cosiddetti “falsi invalidi”: ai tempi della mia presidenza l’Inps eseguì quasi un milione di verifiche straordinarie sulle pensioni di invalidità civile, tra il 2009 e il 2012. Più o meno una su quattro era stata erogata senza che vi fosse titolo
Ci sono curiose ricorrenze nelle truffe ai danni dello Stato. In questi giorni abbiamo letto agghiaccianti report di Carabinieri e Guardia di Finanza circa l’erogazione indebita del Reddito di cittadinanza. Mi è venuta alla memoria la questione dei cosiddetti “falsi invalidi”: ai tempi della mia presidenza l’Inps eseguì poco meno di un milione di verifiche straordinarie sulle pensioni di invalidità civile, tra il 2009 e il 2012. Più o meno una su quattro era stata erogata senza che vi fosse titolo. Connivenze con medici di base compiacenti, controlli amministrativi sommari, difficile dialogo con le Asl: il diavolo si nasconde nei particolari, e il processo dell’erogazione di una prestazione assistenziale è ricco di particolari.
I controlli di allora vennero tacciati, da qualcuno, come un’aggressione alla parte più debole del Paese, dimenticando l’onta che per un Paese civile rappresenta il denaro pubblico destinato a chi non ne ha titolo. Nulla di più vergognoso che lucrare indebitamente sulle opportunità di protezione sociale assicurata ai più deboli. I lupi vestiti da agnelli sono la razza più spregevole della convivenza sociale.
La cronaca delle indagini condotte contro i “furbetti” del Reddito di cittadinanza, ripropongono lo schema della truffa ai danni della collettività, più o meno come nella fattispecie delle pensioni di invalidità di una decina d’anni fa. Credo che sarebbe necessaria una reazione forte e inequivoca da parte dello Stato, non solo attraverso le Forze dell’ordine, ma prima e soprattutto da parte degli enti preposti all’istruttoria della prestazione.
L’Inps deve essere messo nelle condizioni di incrociare dati a disposizione di altre amministrazioni, per evitare di dover credere, senza contraddittorio alle autodichiarazioni dei più cinici e criminali profittatori.
Chi aveva la Ferrari, chi la barca, chi molteplici appartamenti, chi un autonoleggio con 27 auto, chi una scuola di ballo. E c’è persino chi si è inventato di avere dei figli. E ci sono anche persone incarcerate per reati gravi, private dei diritti civili, ma non di quello di poter lucrare sulla provvidenza pubblica. C’è un po’ di tutto tra coloro che hanno percepito indebitamente il Reddito di cittadinanza in diverse regioni del Sud Italia. Già, il Sud Italia si conferma il territorio dove si moltiplicano le erogazioni indebite. In Campania il 30% degli assegni è erogato a chi non ne ha diritto. In media il 12% dei percettori sottoposti ai controlli dell’indagine d polizia giudiziaria è senza titolo.
Se dovessimo proiettare queste percentuali su scala nazionale potremmo dire che una cifra tra uno e tre miliardi all’anno è stata goduta illegittimamente dai soliti furbetti, protetti dall’inefficienza delle amministrazioni che non danno adeguata trasparenza (effettiva, non formale) ai dati in loro possesso. Il Catasto non parla con l’Inps, la Motorizzazione civile nemmeno, né il ministero della Giustizia offre l’elenco aggiornato dei cittadini condannati e carcerati. O l’Inps non l’ha chiesto?
Di certo c’è materia per uno sguardo non distratto della Corte dei Conti. Il danno erariale è evidente. Da capire a chi può e deve essere imputato. La retorica scatenata sul reddito di cittadinanza – al momento del suo varo, nel corso della sua erogazione, durante le indagini condotte dalle Forze dell’ordine – dovrebbe essere arrivata al capolinea. Il problema non sono solo i controlli a valle, tantomeno quelli eseguiti da Carabinieri e Guardia di Finanza che avrebbero anche altro da indagare; c’è un evidente problema di procedura di autorizzazione a monte. Non si possono buttare 8-9 miliardi di euro all’anno con una leggerezza inconsapevole, o peggio con una consapevole e ambigua indifferenza sulla destinazione delle somme.
E questo vale per il futuro. Ma il passato, quei 1,4 milioni di beneficiari che godono dell’assegno mensile, come saranno verificati? In attesa delle nuove norme annunciate per il primo gennaio 2022, ha senso rassegnarsi a perdere un miliardo e mezzo di risorse (quello che costa il reddito di cittadinanza per due mesi: novembre e dicembre 2021) perché non ci si adopera per avviare delle verifiche straordinarie? Se non c’è dolo, c’è certamente colpa. E colpa grave. Non si gioca con le risorse pubbliche.