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Migranti, missili e hacker. Il filo russo spiegato da Rojansky

Intervista a Matthew Rojansky, direttore del Kennan Institute del Wilson Center. Usa e Russia sul filo, tra attacchi cyber e tensioni militari in Ucraina manca poco all’escalation. Intelligence e diplomazia possono evitare una guerra aperta. Con la Cina invece…

Sul filo del rasoio. Attacchi cyber, manovre militari nell’Est Europa, spionaggio. Basta un passo falso per trascinare Russia e Stati Uniti in uno scontro frontale, avvisa Matthew Rojansky, direttore del Kennan Institute al Wilson Center di Washington DC, tra i massimi esperti americani del settore.

Rojansky, ci sono segnali preoccupanti?

Alcuni trend non sono nuovi. Il conflitto in Ucraina non è mai cessato, costa ogni mese vittime, danni all’ambiente. Così come non è cambiato il quadro strategico generale. Dall’estensione del trattato New Start sui missili, mossa saggia di Biden, all’emergenza cyber e in particolare degli attacchi ransowmare dalla Russia.

Eppure in questi mesi ci sono stati diversi incontri fra le parti. Sono serviti?

In parte sì. Quest’estate c’è stata una riduzione degli attacchi ransomware originati sul territorio russo che alcuni ufficiali riconducono proprio a quei negoziati. Personalmente credo sia presto per dirlo. L’escalation sul fronte cibernetico rimane una priorità.

Perché?

Perché è imprevedibile. Ultimamente il governo americano ha affilato le sue armi, colpisce singoli criminali congelando i loro conti in banca. Ma il fenomeno ransowmare è vasto e ancora molto periocoloso. Un collettivo di hacker in Russia può riuscire a uccidere pazienti in cura negli ospedali americani, con conseguenze gravi sui rapporti bilaterali.

La minaccia però non è solo cyber. L’Est Europa è una polveriera, tra manovre militari, crisi dei migranti e corsa agli armamenti. C’è un filo rosso?

A Washington c’è allarme per l’aumento di truppe russe al confine ucraino. C’è chi in pubblico collega questa escalation alla crisi dei migranti pilotata dalla Bielorussia contro Polonia e Lituania. A mio parere è un errore mettere sullo stesso piano una manovra militare e la repressione interna di questi due Paesi, due fenomeni preoccupanti e non necessariamente legati.

Biden ha il polso della situazione?

È consapevole di queste minacce, e tuttavia cerca di mantenere il più stabile possibile il rapporto con Mosca. La trafila di incontri fra alti ufficiali, compreso un prossimo vertice fra presidenti, è un segnale di buona diplomazia, una promessa fatta da Biden già in campagna elettorale.

Il via vai è aumentato, anche fra ufficiali di intelligence. Non si può dire lo stesso della Cina di Xi Jinping, che invece continua a sfuggire ai radar americani. C’è da preoccuparsi?

C’è chi, anche a Washington, è preoccupato. In questo momento sembra che la competizione strategica fra Stati Uniti e Cina possa solo sfociare in uno scontro. Non c’è neanche l’ombra di una tregua, di un compromesso, come se il conflitto militare fosse inevitabile. Un po’ come la pistola di Checov: è sul tavolo, e prima o poi va usata.

Anche la Russia teme il “bunker” cinese?

La Russia ha una sua strategia cinese, non si farà trascinare dagli Stati Uniti in una competizione. Per il Cremlino la Cina non è un Paese alleato, è un Paese “allineato”, con cui non si deve mai entrare in conflitto. Quello fra Cina e Stati Uniti, invece, è un gioco a somma zero.

Angela Merkel ha tenuto per anni in mano le redini della politica europea verso la Russia. Con la sua uscita di scena si apre un vuoto?

Quella della leadership europea è una vecchia questione, il famoso “telefono” da chiamare di Kissinger. Oggi è una leadership multiforme, si esercita a Roma, Parigi, Berlino ma anche nei Paesi baltici o al Nord, dipende dalle sfide. La verità è che la transizione tedesca avrà un impatto limitato.

Perché?

L’assenza di Merkel si farà sentire ai summit internazionali. Ma la politica estera tedesca non vedrà grandi virate. La retorica accesa dei Verdi non cambierà il pragmatismo di fondo della diplomazia tedesca, tra fedeltà alla Nato e all’Ue e mutui interessi economici con Mosca.

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