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Ue, attenti al ritorno del “modello Mubarak”. Sveglia Ecfr sui diritti umani

Un’analisi di James Lynch sottolinea come l’influenza europea nell’area Mena si sia indebolita rispetto a un tempo. “Ora è il momento di cambiare”. Ecco come

L’influenza europea nell’area Mena, quella che sempre più spesso viene definito Mediterraneo allargato, “si è indebolita rispetto a un tempo, e la credibilità degli europei in materia di diritti umani si è guastata, non da ultimo a causa dell’approccio europeo in ambito di migrazione. Ma ora è il momento di cambiare”. A sostenerlo è James Lynch, ex diplomatico britannico oggi visiting fellow dello European Council on Foreign Relations, nel policy briefPart of the Problem: A better European approach to human rights in the Middle East and North Africa”. Gli europei, spiega “dovrebbero ambire a raggiungere obiettivi realistici e specifici sui diritti umani, che prendano in considerazione quelle aree dove hanno un’influenza più significativa”.

I Paesi europei stanno lasciando che siano immigrazione e sicurezza a guidare le relazioni con i governi della regione. Fino ad arrivare, spesso, a dimostrare un supporto implicito, a volte esplicito, nei confronti dei regimi, rendendosi così a propria volta parte del problema in materia di rispetto dei diritti umani, scrive l’esperto. Che mette in guardia dalla tentazione di tornare al “modello Mubarak” (dal nome di Hosni Mubarak, per tre decenni alla guida dell’Egitto) illudendosi che simili leadership repressive possano garantire la stabilità nel vicinato meridionale europeo.

Nonostante il progetto politico dell’Unione Europea sia basato sul rispetto delle norme sui diritti umani, nel decennio successivo alle Primavere arabe le preoccupazioni derivanti da questioni di sicurezza e flussi migratori hanno fatto sì che l’agenda europea value-based fosse messa da parte nelle relazioni con il vicinato meridionale. Sentendosi più fragili e isolati, gli europei stanno nuovamente sposando la causa dei cosiddetti “uomini forti” nella speranza di garantire stabilità nella regione, osserva Lynch.

Che identifica alcuni elementi essenziali per un approccio europeo rafforzato in quest’ambito. Tra questi, utilizzare la propria influenza, spesso sottovalutata, in modo più coerente, coordinato e autoriflessivo; l’Ue e i governi degli Stati membri dovrebbero valutare le proprie policy considerando se queste stiano rafforzando o meno l’autoritarismo, fornendo inoltre un sostegno alla società civile che vada oltre al solo finanziamento di progetti; porre maggiore attenzione ai diritti socioeconomici, anche sostenendo una migliore fornitura di servizi; concrentare maggiormente la propria attenzione sulla corruzione e sul ruolo delle imprese europee nella regione; trovare un approccio coerente sulla migrazione che, a differenza dell’attuale politica europea, sia fondato su quei valori di dignità e giustizia che Bruxelles sostiene di promuovere.

“Seppur gli europei non possono più dettare (né dovrebbero cercare di farlo) le condizioni in Medio Oriente e Nord Africa, possono ancora fare la differenza”, conclude l’esperto. “Ora non è il momento di andarsene. Piuttosto, dovrebbero puntare a: raggiungere obiettivi specifici e realistici in materia di diritti umani, sviluppati con una valutazione chiara di dove hanno un’influenza significativa; sostenere tutto ciò prendendo impegni generali per sfidare l’autoritarismo, o almeno per non sostenerlo; e fornire un sostegno affidabile e flessibile alla società civile”.

Un documento, quello di Lynch, che andrebbe letto in Italia, soprattutto in questa fase in cui il Mediterraneo Allargato è sempre più in cima all’agenda.



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