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Una Darpa per la Difesa europea. La proposta di Profumo

Di Marco Battaglia e Stefano Pioppi

Alessandro Profumo lancia dal Sole24Ore l’idea di un’agenzia sovranazionale europea dedicata alla ricerca avanzata in campo militare, sul modello della Darpa americana. Le ipotesi sono molteplici, anche oltre il perimetro dell’Ue. Alla base c’è l’esigenza per il Vecchio continente di stare al passo dell’innovazione tecnologica, ormai determinante nel confronto geopolitico globale

“Un’agenzia sovranazionale sul modello della Darpa americana”. È la proposta di Alessandro Profumo, amministratore delegato di Leonardo e presidente di Asd (l’associazione delle industrie europee dell’aerospazio e difesa), per il consolidamento delle progettualità dell’Ue nel campo della Difesa. Arriva dalle pagine del Sole24Ore nei giorni della visita a Bruxelles, tra l’assemblea generale dell’Asd, gli incontri con gli EuroParlamentari e i festeggiamenti per i sessant’anni di Telespazio. Arriva anche nei giorni intensi del dibattito sulla Difesa comune, visto il disvelamento da parte dell’Alto rappresentante Josep Borrell di una prima bozza dello Strategic Compass, attesa ora al Consiglio di lunedì e martedì a cui prenderanno parte anche Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini.

Profumo affronta il tema della “politica industriale della Difesa”, considerata “primo prerequisito per lo sviluppo di capacità militari comuni”. Un ragionamento per cerchi concentrici, che parte dal sistema della Difesa nazionale, si allarga all’intero sistema-Paese (con gli altri dicasteri coinvolti) e si afferma sugli scenari cooperativi internazionali, in primis quello europeo. Il primo riferimento di Profumo è per la direttiva ministeriale per la politica industriale della Difesa, firmata da Lorenzo Guerini a inizio agosto. Trenta pagine per sette linee di sviluppo, otto d’azione e un obiettivo: un “sistema Difesa” integrato, a servizio del Paese, in grado di sostenere la modernizzazione delle Forze armate e preservare le eccellenze dell’industria. “Al centro del provvedimento si pone il concetto di sovranità tecnologica – spiega Profumo – caro all’Europa e inteso come requisito essenziale per la tutela degli interessi nazionali”.

È per questo che il perimetro del ragionamento si allarga oltre quello classico della Difesa. Profumo rilancia in tal senso “la costituzione di un tavolo tecnico di coordinamento per la politica industriale tra i ministeri di riferimento, Difesa e Sviluppo economico in primis, con la partecipazione dell’industria”, così da costruire “finalmente una visione strategica comune”. Il passaggio non è casuale. A metà luglio, Lorenzo Guerini e Giancarlo Giorgetti si sono incontrati per lanciare un tavolo congiunto tra i due dicasteri finalizzato a “una strategia comune di rilancio” per aerospazio e difesa. Come ci spiegava allora Michele Nones, vice presidente dello Iai, l’iniziativa è “molto importante, perché la politica industriale della Difesa si deve muovere nel quadro della più generale politica industriale del Paese”. Sul fronte industriale, la stessa logica sottende l’accordo siglato a inizio mese da Profumo ed Enzo Benigni, presidente di Elettronica, finalizzato a sostenere “la crescita delle tecnologie sovrane”. L’idea è definire una strategia nazionale condivisa e unitaria sulle frontiere tecnologiche, con cui supportare la ripresa e resilienza del Paese e con cui presentarsi pronti sui tavoli di Bruxelles.

È a questo punto che Profumo lancia l’idea di una “agenzia sovranazionale sul modello della Darpa”. È la Defense advanced research projects agency (Darpa), che opera negli Stati Uniti dagli anni 50, alle dirette dipendenze del capo del Pentagono, per ricercare e sviluppare avanzate tecnologie a sostegno della Difesa americana. Dall’intelligenza artificiale all’ipersonica, dai nuovi materiali al quantum computing, sono molteplici i campi di studio dell’agenzia in questione. Da almeno un paio d’anni si discute dalla creazione di “un modello Darpa per l’Italia”, con annessi disegni di legge in Parlamento e dibattiti, tutti basati sull’idea generale di razionalizzare le attività di ricerca tecnologica nel campo della Difesa, facendo convergere eccellenze e competenze dagli altri dicasteri (Miur e Mise su tutti), dal comparto industriale e dai centri di ricerca e università. Profumo alza il tiro, parlando di “agenzia sovranazionale”.

Le possibilità possono essere molteplici. Nel perimetro dell’Ue c’è l’Eda, l’Agenzia europea di difesa che già si occupa di tecnologie emergenti e dirompenti, e per cui potrebbero palesare ipotesi di riforma, anche in considerazione della nuova direzione generale Difesa, Industria Spazio (Defis) della Commissione europea, alle dirette dipendenze del commissario al Mercato interno, Thierry Breton, con competenza sui fondi dell’Edf (7,9 miliardi di euro in sette anni).

Il contesto è vivace anche in ambito Nato. Lo scorso mese i ministri della Difesa di 17 Paesi membri dell’Alleanza hanno dato il via libera al “fondo per l’innovazione”, con un miliardo di euro da investire sulle tecnologie emergenti e dirompenti. A giugno scorso, insieme al fondo, dai capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles è arrivata una prima luce verde anche per la “Defence innovation accelerator for the North Atlantic”, pensata come un hub civile-militare che potenzi il ruolo del settore privato, dalle startup alle grandi Big Tech. L’obiettivo è dichiarare la piena operatività di entrambe le iniziative al summit di Madrid. In ogni caso, ci sarà da affrontare il capitolo budget. La Darpa americana ha per quest’anno una disponibilità di spesa pari a 3,5 miliardi di dollari, poco più di tre miliardi di euro. Il nuovo fondo della Nato parla di un miliardo (che potrà aumentare) senza specifiche temporali. Nell’Edf ci sono per la ricerca 2,7 miliardi di euro che, seppur pensati come co-finanziamento rispetto agli impegni dei Paesi, sono da spalmare su sette anni.

Tuttavia, il contributo dell’agenzia sovranazionale immaginata da Profumo sembra essere prima di tutto di pensiero strategico. “La scelta delle tecnologie su cui investire risulta la decisione più difficile da prendere”, nota il manager. Ci si dovrà focalizzare prima di tutto sulle “competenze in grado di guidare i cicli tecnologici: spazio, digitale, cyber-sicurezza”. Poi vengono “le sinergie derivanti dalla convergenza tra digitale e manifattura”. In ogni campo, “per sviluppare capacità strategiche abilitanti salvaguardando una dimensione nazionale, l’Italia non può prescindere dalla cooperazione internazionale”, che amplia la disponibilità di risorse e il mercato potenziale.

Sulla ricerca avanzata Leonardo ha scommesso una buona dose del proprio futuro. D’altra parte, prima di essere un’opportunità di mercato, per chi realizza sistemi destinati alle Forze armate, la capacità di anticipare i trend tecnologici è un’esigenza irrinunciabile. Già prima della pandemia l’azienda lanciava il piano strategico “Be Tomorrow 2030”. Dopo il rafforzamento del core business e la trasformazione interna, il terzo pilastro è la spinta all’innovazione, riassunta nel piano “Master the new”. Qui si inseriscono tante iniziative, a partire dal supercomputer di Genova, il “davinci-1” che, al via di dicembre 2020, già figurava tra i primi cento super-calcolatori al mondo, nato per accelerare su tecnologie “disruptive” come intelligenza artificiale e automazione. Rientra nei “Leonardo Labs”, laboratori inter-divisionali che vogliono “anticipare l’innovazione”, offrendo altresì al sistema-Paese elementi di resilienza e occupazione altamente qualificata.

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