Il direttore di Carnegie Russia: i centomila soldati russi al confine ucraino servono da deterrenza. Dalla crisi dei migranti con Lukashenko al gas, vi spiego i piani di Putin. Alto rischio di incidenti: un drone di troppo e si torna al 2014
Più che una sorpresa, un dejavu. L’ammassamento di truppe russe vicino al confine ucraino – secondo Kiev si tratta di 100mila soldati – è un copione già visto, ha avvisato lunedì il segretario della Nato Jens Stoltenberg. Sette anni fa, nel marzo del 2014, l’invasione della Crimea e l’inizio della guerra in Donbas erano stati preceduti da simili tamburi di guerra. Solo che all’epoca i soldati russi stanziati al confine erano circa 30.000: meno di un terzo.
Sette anni dopo l’Est Europa è di nuovo una polveriera. Aleksander Lukashenko, presidente autocrate della Bielorussia, ha ingaggiato uno scontro aperto con l’Unione europea riversando sulla Polonia e la Lituania uno tsunami di migranti, vittime inermi di un tiro alla fune che va avanti da settimane. Bruxelles ha risposto con un nuovo round di sanzioni contro Minsk: ufficiali, voli aerei, aziende di Stato. Ma l’Ue ha il sospetto, per niente velato, che anche dietro la crisi bielorussa ci sia la mano di Vladimir Putin, padrino politico di Lukashenko.
Per Dmitri Trenin, politologo, direttore del Carnegie Russia, il quadro è più complicato. “Le accuse europee sono prive di qualsiasi evidenza, infondate”, dice. “Putin sta rispondendo a una situazione che non promette nulla di buono per la Russia. Per Polonia e Lituania è un’occasione per sottolineare il loro ruolo di baluardi del confine orientale. Per Varsavia è anche un modo per distogliere l’attenzione dai suoi problemi con Bruxelles”.
Se nello stallo bielorusso il coinvolgimento diretto del Cremlino è altalenante – lo stesso Putin ha rimproverato Lukashenko per aver minacciato di bloccare il transito di gas russo verso l’Europa – le manovre militari russe a Est del Donbas sono alla luce del sole. La Russia è davvero pronta a un’azione militare? “Il pericolo esiste – risponde Trenin – ma io vedo piuttosto il movimento delle truppe russe come un deterrente.
L’Ucraina provoca da tempo i russi, ha usato un drone turco in Donbas. E in passato ci sono stati altri episodi, come l’invio di una piccola nave nello stretto di Kerch, nel 2017. I russi sono convinti che ce ne siano altre in arrivo. Se si supera una linea rossa, ad esempio con una massiccia operazione ucraina per riprendere il Donbas, la Russia sarebbe costretta a rispondere”. Le esercitazioni a pochi chilometri dalla frontiera, dunque, sarebbero un avvertimento. “Il rischio è che si ripeta lo scenario del 2008, con Saakashvili (ex presidente della Georgia, ndr) in Ossezia del Sud”.
Il tempismo non aiuta. L’Europa deve ancora digerire la transizione di potere in Germania e il limbo rischia di compromettere qualsiasi efficacia del “Formato Normandia”, il consesso di Francia, Germania, Russia e Ucraina per garantire il cessate-il-fuoco e il rispetto degli accordi di Minsk. Trenin è convinto però che siano altri a dare le carte. “Non vedo grandi cambiamenti in vista. Né la Germania né la Francia sono player strategici. Sul fronte della sicurezza è Washington a dare le carte. Ai tedeschi rimangono i rapporti economici ed energetici con Mosca, starà al nuovo cancelliere decidere se mantenere un filo diretto”.
Per gli Stati Uniti di Joe Biden, impegnati in una tanto delicata quanto urgente de-escalation con la Cina di Xi Jinping, le tensioni in Europa orientale sono un problema serio. E pensare che sono trascorsi solo cinque mesi dal summit fra Biden e Putin a Ginevra. “Quell’incontro ha rilanciato il dialogo su diversi temi, ma non è riuscito a rinvigorire le relazioni, a dispetto dei pronostici”, spiega Trenin.
Di qui l’impegno a mantenere un canale aperto con Mosca, come dimostra il via vai di ufficiali diplomatici e di intelligence. “Su alcuni fronti, dalla stabilità strategica all’antiterrorismo fino al clima, c’è una forma di cooperazione. Su altri, come l’Est Europa, i rapporti sono ai minimi. Siamo di fronte a una compartimentalizzazione delle relazioni internazionali”. In Europa come a Washington, aggiunge, c’è chi spera che la Casa Bianca riesca a inserire un cuneo tra Russa e Cina, il suo primo rivale strategico. “Ma è un’illusione: Putin mantiene contatti stretti con la Cina, un vicino e un partner, e non metterebbe mai a rischio questa relazione per flirtare con gli americani”.