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Draghi, Mattarella e gli scenari da incubo. Il mosaico di Fusi

Mattarella bis e Draghi al governo fino al 2023? Uno scenario idilliaco, ma non necessariamente realizzabile. Il Capo dello Stato infatti ha ribadito più volte di non voler fare il bis al Quirinale, mentre Draghi potrebbe non sopravvivere alla guida di un esecutivo che non fosse in grado di trovare un accordo sul nome del nuovo Presidente della Repubblica. Gli scenari alternativi non sono confortanti

Nonostante il diretto interessato abbia più volte  espresso la volontà di lasciare alla scadenza l’incarico e addirittura, come rivelato dal Corriere della Sera, stia cercando casa, sono in molti coloro che continuano ad insistere sulla prosecuzione dell’accoppiata Mattarella-Draghi e dunque sul bis del Capo dello Stato in carica. È facile intuire perché. Congelare due delle più alte cariche istituzionali fino alla scadenza delle Camere e la fine  naturale della legislatura risolverebbe i guai di quasi tutte le forze politiche. Chi sta in maggioranza continuerebbe a farlo seppur in un contesto sempre più travagliato; chi sta all’opposizione idem, preparando le truppe per lo scontro elettorale del 2023. Mentre lo stesso presidente del Consiglio potrebbe continuare ad operare rassicurato dalla sponda di chi lo ha scelto per Palazzo Chigi, e addirittura potendo immaginare di succedergli con intatte possibilità di successo tra una manciata di mesi.

È uno scenario di sapore idilliaco, destinato tuttavia a cozzare con la realtà. Mattarella vuole lasciare e solo un appello unanime del Parlamento lo indurrebbe a cambiare idea: ma quell’unanimità manca già adesso, figuriamoci all’avvicinarsi della convocazione dei Grandi Elettori. Bisogna perciò – salvo appunto improbabili mutamenti dell’ultima ora – rassegnarsi all’idea di vedere il Colle sede vacante a partire dalla fine di gennaio 2022. È per questo che sono cominciate manovre esplicite e soprattutto sotterranee da parte delle forze politiche per non farsi trovare impreparate all’avvio degli scrutini segreti.

È palpabile il desiderio di lasciare SuperMario sulla poltrona di presidente del Consiglio a sobbarcarsi l’onere di governo mentre i partiti fanno i loro giochi per individuare un Presidente della Repubblica il più possibile vicino alle loro necessità e interessi. Ma anche qui il rischio è che la realtà irrompa mandano all’aria progetti e previsioni. Per non terremotare l’equilibrio di governo, infatti, è obbligatorio che la maggioranza che sorregge l’esecutivo sia la medesima che trova un’intesa sul nome da mandare al Colle. Operazione spericolata e priva di certezze. Però se così non fosse, è davvero impervio immaginare che possibili strappi per il Quirinale non si ripercuotano negativamente sulle cosiddette larghe intese, prevedibilmente mandandole in frantumi. E dunque costringendo Draghi a dire addio alla presidenza della Repubblica ed avendo come conseguenza il suo addio anche a Palazzo Chigi. In plateale contraddizione con quanti al contrario chiedono all’ex presidente della Bce di continuare la sua azione.

Bisognerebbe perciò trovare una personalità in grado non solo di cucire le varie anime della coalizione di governo ma anche di rassicurare il capo dell’esecutivo. Un esercizio da equilibristi senza rete di protezione.

Non solo. Nell’attesa dell’appuntamento di inizio anno, i partiti della maggioranza hanno avviato una competition niente male sulla legge di Bilancio, preludio alle contrapposizioni che inevitabilmente scaturiranno nel 2022, anno prelettorale nel quale ogni forza politica cercherà di avvantaggiarsi per conquistare la migliore posizione in vista dell’apertura delle urne.

In sostanza: Mattarella non c’è per il bis, Draghi potrebbe non esserci per la continuazione della sua opera. Il 2022 si aprirebbe nel pieno della confusione e all’insegna del tutti contro tutti per la partita del Quirinale. Proseguendo per il progressivo smantellamento dell’equilibrio di governo e lasciando aperte tutte le opzioni, anche quelle di un altro esecutivo con un piedistallo politico tutto da costruire e con numeri parlamentari tutti da inventare, oppure elezioni obbligatoriamente anticipate. Scenari da incubo che vanificherebbe il buono finora fatto e metterebbero a rischio i finanziamenti del Recovery.


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