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Dal Re al Presidente. La nascita della Repubblica raccontata da Celotto

Giugno 1946 fu un mese intensissimo per lo Stato italiano, quasi pirotecnico. Bisognava votare il referendum istituzionale, dopo mesi di attesa e di dubbi. La spaccatura era profonda non soltanto fra i partiti, ma anche sul territorio. Pubblichiamo un estratto del volume “L’enigma della successione. Ascesa e declino del Capo da Diocleziano a Enrico De Nicola” (Feltrinelli), del costituzionalista Alfonso Celotto

Come può funzionare la successione di un Presidente democraticamente eletto a un Re?

Si tratta di un momento di rottura delle Istituzioni, raro e particolare, che porta a soluzioni molto originali. A partire dai poteri che vengono attribuiti al Presidente eletto dopo un Re: che altro non sono che gli stessi poteri del re, per quanto compatibili!

Sembrerà assurdo, ma è quanto avvenuto con la successione di Enrico De Nicola a Umberto II. Perché il Decreto legislativo del 1946 sul referendum istituzionale e l’Assemblea costituente prevedeva proprio così: “Fino a quando non sia entrata in funzione la nuova Costituzione le attribuzioni del Capo dello Stato sono regolate dalle norme finora vigenti, in quanto applicabili” (art. 5 D.Lgs.Lgt. n. 98 del 1946). E forse non poteva fare altro, non sapendo se davvero avrebbe vinto la Repubblica e come andare a regolare i poteri del nuovo Presidente, eletto e non ereditario.
Raccontiamolo bene.

Giugno 1946 fu un mese intensissimo per lo Stato italiano, quasi pirotecnico.

De Gasperi guidava ancora il suo primo governo di unità nazionale, avviando la ricostruzione e tenendo faticosamente l’ordine pubblico. Socialisti e comunisti erano al governo, ma fiancheggiavano manifestazioni e scioperi, nella controversa politica del “doppio binario”. Vittorio Emanuele III aveva da pochi giorni finalmente abdicato a favore del figlio Umberto II, il Re di maggio.

Bisognava votare il referendum istituzionale, dopo mesi di attesa e di dubbi. La spaccatura era profonda non soltanto fra i partiti, ma anche sul territorio. Il Sud era conservatore e monarchico. Del resto, era dall’anno 1130 che a vario titolo i meridionali era sudditi di un Re, di Sicilia o di Napoli che fosse. Il Nord partigiano e repubblicano. Soffiava forte quello che Nenni chiamava il “vento del nord”: cioè quello “sforzo che sarà necessario, da parte delle masse lavoratrici e dei partigiani dell’Italia settentrionale, … per dire: – Qui definitivamente finisce l’Italia del fascismo e comincia l’Italia democratica”.

Del resto, la resistenza la aveva fatta il Nord, che aveva risentito tutta la durezza della guerra civile e della Repubblica sociale.

Finalmente il 2 e il 3 giugno si votò, a suffragio universale, con le donne al voto. Non solo per la scelta Monarchia o Repubblica, ma anche per eleggere l’Assemblea Costituente.
Poi, tutto in pochi giorni. Giorni di grande tensione.

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