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Ancora scarpe e panchine rosse per il 25 novembre. Basta violenza sulle donne

Anche quest’anno, il 25 novembre, le scarpe e le panchine rosse ci inviteranno a ricordare che la sfida di oggi è un sentire comune, di una “femminilità” non di genere ma di valori come condivisione, empatia, cura. È la storia delle donne. Per un incontro fatto di rispetto e una domanda d’amore che non può tollerare sopruso e violenza. Un dovere morale, umano e di civiltà da promuovere insieme, uomini e donne. Senza omertà e indifferenza. Ogni giorno

Era il 2009 quando Elina Chauvet utilizzò trentatré paia di scarpe rosse in un’installazione artistica (Zapatos rojos) davanti al consolato messicano di El Paso, in Texas, per ricordare le centinaia di donne rapite, stuprate, mutilate e uccise nella città di Juarez.

Rosso, colore dai tanti significati. Per i cinesi rappresenta fortuna e felicità, per gli indiani protezione, fertilità, purezza. In Sud Africa è associato al lutto. Percepito come simbolo di indipendenza e emancipazione o di forte identità, il rosso, in Occidente, significa energia, amore, passione e seduzione, feste natalizie.

Le scarpe rosse, come il colore del sangue, sono il simbolo, per tutto il mondo, della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.

Dietro quelle scarpe, sistemate nelle strade e nelle piazze delle città, ci sono storie di paura, di solitudine e di sofferenza delle donne e disprezzo della vita da parte di mani e menti criminali di alcuni uomini. Simbolicamente, un fiume rosso è quel che resta di un numero impressionante di vite travolte dalla brutalità.

Ma le “scarpette rosse” testimoniano anche la ferma volontà di opporsi alla violenza, in qualsiasi forma e in ogni latitudine. Protagoniste, nella giornata del 25 novembre, del grido di denuncia di tutte le donne contro una delle più terribili violazioni dei diritti umani.

E sempre maggiore è il numero delle “panchine rosse” nei parchi e nelle piazze, per sensibilizzare la società ricordando il vuoto lasciato dalle vittime. Sono proprio quelle panchine ad esortare le donne ad “uscire fuori” e a chiedere aiuto senza paura e vergogna di svelare il proprio incubo.

È il monito delle istituzioni, pubbliche e private, delle scuole, della cultura e delle associazioni femminili, per diffondere un messaggio di memoria e, insieme, di coraggio e di speranza.

Il tempo presente ha una memoria che si accresce ogni giorno di una nuova violenza. Sempre più inaccettabile, feroce e inaspettata.

In Italia, ogni tre giorni una donna viene uccisa, spesso da un uomo che diceva di amarla. Quasi ad evocare ancora il delitto d’onore, abolito solo nel 1981.

È un “flagello mondiale”, un fenomeno trasversale senza distinzione di classe sociale né di livello d’istruzione. Spesso per mano di individui cosiddetti “normali”. La violenza si annida in ogni ambiente e contesto. Vissuta tra storie di sesso, droga, alcool, stupri e festini in appartamenti di lusso come nell’anonimato della “porta accanto”.

Secondo i dati Istat, il 31,5 per cento delle donne ha subìto, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale.

Per la Direzione Centrale della Polizia Criminale, nel periodo 1° gennaio – 7 novembre 2021, su 247 omicidi registrati, 103 vittime sono donne (+6% rispetto allo scorso anno), di cui 87 uccise in ambito familiare e affettivo (60 partner o ex partner).

Una violenza dai mille volti. Atti persecutori fisici e psichici, molestie in strada, abusi sessuali, fino al femminicidio, esito estremo delle disuguaglianze di genere. Un agguato nutrito da indifferenza come da subdole attenzioni.

Una ferocia che non sottrae le donne minorenni, spesso incapaci di comprenderne le conseguenze, vivendo in una condizione costante, avvertita quasi colpevole, di doloroso segreto. Ma colpisce anche quelle in età più avanzata.

Disagi, fragilità e bisogni armano uomini che vivono nel mito della “forza virile” che, nell’epilogo di una tragica illusione, rappresentano unicamente la propria debolezza e la frustrazione di non saper gestire soprattutto se stessi.

Meccanismi concettuali distorti legittimano una costruzione sociale di subalternità, sottomissione, svalutazione. Una discriminazione che si insinua nel sociale sin dall’infanzia. Dalla scelta dei giocattoli “per bambine” a quella degli studi, mentre il linguaggio dei media e i messaggi della Rete alimentano pregiudizi e stereotipi.

Alla fine del 2021, mentre guardiamo ai numeri della strage contro le donne, con quali parole è, dunque, possibile scrivere una riflessione di speranza?

Vogliamo immaginare un orizzonte che crede in un’autentica coscienza critica della società. Radicale, positiva, concreta e determinata a riconoscere dignità alla donna, alla competenza e ai valori femminili. A tutto campo.

In un contesto che vede governo e istituzioni alle prese con nuove misure per arginare la “quarta ondata” dei contagi garantendo, al contempo, la graduale ripresa delle attività sociali ed economiche, il difficile percorso delle donne quest’anno non è arretrato.

Il “Codice rosso” del 2019, con l’ampliamento delle tutele previste dalla recente legge n.134, è lo strumento normativo per il contrasto alla violenza di genere mentre è attualmente all’esame un’iniziativa per un mirato recupero psicologico degli autori del reato presso i “centri di ascolto per uomini maltrattanti”.

Maggiore presenza femminile nel mondo del lavoro per il rilancio dell’economia, è anche requisito per eliminare le condizioni della violenza.

È tra i più ambiziosi obiettivi del governo Draghi. “La riduzione delle disuguaglianze di genere deve essere una priorità a livello globale”, ha detto il premier. “Promuovere la parità di accesso e di opportunità nell’ambito educativo deve essere la nostra priorità. Dobbiamo lottare contro gli stereotipi di genere ed aumentare il numero di ragazze che scelgono di studiare le discipline scientifiche a scuola. Dobbiamo assicurare la parità di condizioni nel mercato del lavoro. Dobbiamo colmare il divario di retribuzione tra i generi ed aumentare il numero di donne in posizioni di responsabilità. Dobbiamo rafforzare i nostri sistemi di sicurezza sociale in modo tale da favorire l’evoluzione delle carriere delle donne. E dobbiamo colmare il divario tra la rappresentazione maschile e quella femminile nel mondo della politica, dando un supporto alle leader femminili in tutto il mondo”. “Il nostro obiettivo in Italia è quello di investire, entro il 2026, almeno 7 miliardi di euro per la promozione dell’uguaglianza di genere”.

Non solo parole.

La modifica al Codice delle pari opportunità per la parità salariale con il consenso trasversale in Parlamento e il provvedimento per il sostegno economico delle famiglie con figli sono alcuni esempi.

Il governo Draghi vanta il numero più alto di sottosegretarie donne nella storia d’Italia. Una donna, Elisabetta Belloni, è a capo dei Servizi segreti, per la prima volta in assoluto.

Un interessante forum promosso dall’avvocato Cristina Rossello, insieme a Florinda Scicolone dell’associazione Giuristi d’impresa e con il patrocinio della Fondazione Bellisario, ha fotografato di recente gli importanti traguardi raggiunti a dieci anni dalla legge Golfo-Mosca sulle quote di genere (7% di donne presenti nei Cda nel 2011 rispetto al 41% del 2020, 9 società su 220 hanno un organo di governo a maggioranza femminile) ricordando, tuttavia, che le posizioni di presidente e di amministratore delegato restano declinate al maschile.

“Mai i leader del G20 (quest’anno a presidenza italiana) avevano scritto più di cinque righe sul tema dell’empowerment delle donne. Questa volta tre pagine di impegni. Una road map importante”, ha dichiarato Linda Laura Sabbadini, Chair del Women20, il “G20 delle donne”.

In Europa, il monito contro la violenza, da donna leader, è scandito dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Questa è la missione che vedo per noi in questo momento particolare: promuovere una società più equa uscendo da questa pandemia e continuare la nostra lotta per coloro che non possono farsi sentire”, ha affermato nel suo intervento al Women political leaders summit 2021.

E dalla COP26 un po’ deludente di Glasgow, emerge un approccio nuovo per un futuro sostenibile. La presenza delle donne nelle delegazioni è passata dal 12% delle prime edizioni al 38%. Potere e leadership (non più “inclusione”) femminili sono le parole chiave del domani, come ha affermato il presidente del Vertice, Alok Sharma: “La lotta per il clima è molto più efficace quando le donne sono al centro dello sforzo. Dobbiamo creare un mondo dove le donne e le ragazze sono al cuore dell’azione climatica”.

Sempre più numerosa e qualificata è la componente femminile nel Vaticano di papa Bergoglio, interprete di una riforma integrale, dall’economia alla difesa del creato, alla cura degli “ultimi”. Con lo sguardo profondo del cuore che arriva al sentire di tutti, “firmando” ora anche una canzone. Una preghiera in musica, con il brano “Laudato sì”, cantato dal soprano Maria Carfora.

Ultima, in ordine tempo, è la nomina di suor Raffaella Petrini a Segretario generale del Governatorato, organismo che esercita il potere esecutivo. Docente di economia del welfare e sociologia dei processi economici, è la prima donna a ricoprire questa carica.

Ora, per i prossimi mesi, guardiamo con fiducia alla possibilità, per la carica di Presidente della Repubblica, della nomina di una donna, per la prima volta nel nostro Paese. Sarebbe una “rivoluzione” simbolica.

Un anno proficuo, dunque, il 2021, di accresciuta sensibilità e consapevolezza, con concrete iniziative per un mondo che non può escludere l’universo femminile.

Per un futuro che richiede uno sforzo congiunto di informazione, educazione e sensibilizzazione che vuole competenza e concretezza ma, soprattutto, un profondo cambiamento culturale perché ciò che attiene ai sentimenti, alle coscienze, ai pensieri, è spesso impalpabile.

È la sfida per un sentire comune, di una “femminilità” non di genere ma di valori come condivisione, empatia, cura. È la storia delle donne. Per un incontro fatto di rispetto e una domanda d’amore che non può tollerare sopruso e violenza.

Anche quest’anno, il 25 novembre, così, le scarpe e le panchine rosse ci inviteranno a ricordarlo.

È un dovere morale, umano e di civiltà da promuovere insieme, uomini e donne. Senza omertà e indifferenza. Ogni giorno.

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