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La Sugar tax non piace. Assobibe spiega perché

Secondo l’indagine Nomisma-Assobibe, il 67% dei consumatori è per nulla o poco d’accordo con questo provvedimento perché lo ritiene inutile ed un unicamente uno strumento per generare introiti

La Sugar tax prevista in Italia è inutile per la salute e dannosa per le tasche dei consumatori, per il comparto e per tutta la filiera. È quello che pensano gli italiani secondo i quali, così come è stata formulata, la tassa sulle sole bevande analcoliche edulcorate non produrrà effetti benefici sulle abitudini alimentari, ma rappresenterà solo un’ennesima imposta a danno soprattutto delle categorie più povere. Questo emerge da un’indagine condotta da Nomisma per conto di Assobibe, l’associazione di Confindustria che rappresenta i produttori di bevande analcoliche, eseguita su un campione di 1.200 italiani tra i 18 e i 65 anni.

La Sugar tax, rimandata per la terza volta dalla sua introduzione e ora prevista in vigore dal 1° gennaio 2023, si applica alle bevande caratterizzate dal gusto dolce, siano esse con e senza zucchero. Ma l’imposta, pari 10 euro ad ettolitro di bevanda che grava sui produttori, piace agli italiani?

“Secondo l’indagine Nomisma, il 67% dei consumatori è per nulla o poco d’accordo con questo provvedimento perché lo ritiene inutile ed unicamente uno strumento per generare introiti”, spiega Giangiacomo Pierini, presidente Assobibe. “Ancora più evidente il dissenso degli italiani quando scoprono che la tassa colpisce anche le bevande analcoliche senza zucchero: in questo caso la percentuale dei contrari o poco favorevoli sale all’83%”.

Più che altro non convincono le finalità dell’imposta: secondo gli intervistati, infatti, la Sugar tax non porterà ad una riduzione significativa dei consumi di bibite analcoliche visto che per il 76% non favorirà la riduzione dell’obesità tra i giovani e per il 77% non faciliterà una corretta alimentazione. Va ricordato, infatti, che le bevande analcoliche sono responsabili solo dell’1% dell’apporto di zucchero assunto quotidianamente. La maggior parte dei connazionali (64%) la ritiene semplicemente uno strumento per generare ulteriori introiti per lo Stato, a discapito soprattutto delle fasce di reddito più povere (lo pensa il 59%) e dei prodotti tipici della tradizione italiana come chinotti, spume e gassose (per il 58% degli intervistati).

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