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Magneti di terre rare in Europa? Con il sostegno di Bruxelles, si può

La compagnia canadese Neo Performance Materials (Npm) ha annunciato un accordo con il governo estone. L’obiettivo: espandere le attività industriali dell’azienda legate alla produzione di magneti nel suo sito in Estonia. Con il beneplacito della Commissione europea? Probabilmente sì. Si tratta di una filiera strategica…

La transizione ai veicoli elettrici (EVs), uno dei principali terreni di competizione tecno-industriale e per la riduzione delle emissioni globali, sta entrando nel vivo. Nonostante un periodo di forte stress delle supply chain, che ha visto impattare le catene di produzione del settore automotive per via della carenza di chip e dell’aumento dei costi delle materie prime, la corsa nel prossimo futuro sarà sempre più serrata.

La capacità di intercettare le catene del valore in questo momento di transizione rappresenterà un vantaggio strategico per il prossimo futuro, dal momento che le stime più recenti prevedono possibili colli di bottiglia per il gap tra domanda e offerta tanto sui metalli per le batterie (litio, cobalto, nickel, manganese e grafite) quanto su un altro asset fondamentale per la transizione: i magneti permanenti.

I magneti di terre rare sono una delle priorità della Commissione europea che, tramite l’European Raw Materials Alliance (ERMA), ha di recente proposto dodici linee d’azione per assicurarsi tanto una fornitura sicura e sostenibile di materie prime quanto aumentare la sua presenza industriale e in R&S in questa importante filiera. I magneti permanenti, infatti, sono la principale applicazione delle terre rare e i più richiesti dal mercato per la loro performance tecnologica. Vengono infatti utilizzati in quasi tutti i motori a trazione dei veicoli elettrici e preferiti per gli impianti eolici offshore.

Due macrosettori che saranno molto importanti nei piani di decarbonizzazione della Commissione. La strategia europea per l’energia eolica offshore prevede infatti di aumentare la capacità corrente (12 GW) a circa 73 GW entro il 2030, con una crescita di 7 GW annua. Un generatore di una turbina eolica contiene circa 650 chilogrammi di magneti per megawatt. Sempre secondo le stime di ERMA, assumendo che ciascun veicolo elettrico contenga fino a 1,5 chilogrammi di magneti e che il trend tecnologico rimanga lo stesso, i 7 milioni di veicoli elettrici previsti sulle strade europee entro il 2030 richiederanno un aumento della capacità produttiva europea (oltre a poter diventare, se le tecnologie di riciclo e riutilizzo lo consentiranno, un bacino importante di materie prime secondarie).

Nella giornata di ieri, ad un evento della rassegna Raw Materials Week a Bruxelles, Bernd Schäfer (CEO e Managing Director di EIT Raw Materials) ha infatti ricordato che sia arrivato il «tempo di agire» per assicurare all’Europa capacità produttive locali e un accesso sicuro alle forniture di materiali strategici e critici – svincolato in parte dalla dipendenza dalla Cina.

Pechino, infatti, controlla la maggior parte dell’output mondiale di magneti con quasi il 94% dello share di mercato. L’Unione Europea ne produce intorno alle 1.000 tonnellate annue, circa 16 volte in meno delle industrie cinesi e ne importa quasi il 95% dalla Cina per il suo consumo interno. Il rischio è che il crescente appetito interno del Dragone per realizzare gli obiettivi di Made in China 2025 – il settore automotive è uno dei punti nodali per il salto tecnologico cinese – possa assorbirne le capacità produttive e così de-prioritizzare le esportazioni.

E’ in questo contesto che l’annuncio da parte dell’azienda canadese Neo Performance Materials, una delle aziende leader nella filiera delle terre rare al di fuori dalla Cina, rappresenta un punto di svolta per il reshoring della produzione in Europa.

Un primo importante passo era stato ufficializzato lo scorso marzo, quando la compagnia canadese aveva raggiunto un business agreement con l’americana Energy Fuels per integrare i rispettivi segmenti di produzione e raffinazione delle terre rare, contando sugli impianti di Neo in Estonia.

Nella tarda serata di mercoledì, l’azienda ha dunque confermato i piani per una possibile espansione della produzione di leghe e magneti nei suoi impianti in Estonia, a Silmet, per gli OEMs (original equipment manufacturers) europei nel settore automotive e dei generatori eolici.

“Futuri investimenti di Neo”, ha dichiarato Andres Sutt, ministro per le imprese e la tecnologia digitale, “faciliteranno una catena del valore dei magneti e delle terre rare più competitiva e forte in Europa», oltre a rafforzare la posizione del paese per offrire «i materiali strategici e necessari per una maggior produzione in Europa di veicoli elettrici ed energia rinnovabile”.

«Gli ordini di marcia dell’industria dell’automotive», ha affermato in un’intervista presso Reuters il Ceo di Neo Constantine Karayannopoulos, “prevedono che entro il 2025 avranno bisogno di una fornitura di magneti per i loro motori elettrici dall’Europa”. Il primo stadio prevederà di produrre 1.000 tonnellate per anno, con il 2024 fissato per l’inizio della commercializzazione; il secondo, invece, punterà ad arrivare a 5,000 tonnellate. L’azienda si dice inoltre disposta “ad esplorare potenziali partneship con Estonia e le istituzioni europee”, ha detto nella nota ufficiale Karayannopoulos, “per fare di questa espansione una realtà”.

In sostanza, l’azienda sta cercando fondi europei. Il costo iniziale operativo e in capitali si aggirerà intorno ai 40-50 milioni di dollari, con Neo che cercherà un contributo pubblico di 15-20 milioni di euro (circa 17-23 milioni di dollari. Secondo le fonti di Reuters, l’azienda canadese sembra orientata a cercare i fondi tramite il Just Transition Fund attivato dalla Commissione per traghettare le comunità colpite negativamente dalla transizione ecologica (l’Estonia è uno dei paesi a più alte emissioni pro-capite del blocco comunitario).

Tuttavia, tra i 14 progetti potenziali (ma non specificati) della filiera individuati da Erma nel suo Action Plan, (il budget complessivo previsto è di circa 1.7 miliardi di euro) e che prevede di assorbire il 20% della domanda europea di magneti entro il 2030 se implementati, vi è anche un sito in Estonia che potrebbe essere proprio il sito produttivo europeo di Neo. Quattro stati europei hanno inoltre indicato di essere fortemente interessati a partecipare ad un progetto Ipcei (Important Project of Common European Interest) per quanto riguarda la supply chain delle terre rare e dei magneti.

La convergenza di interessi tra aziende private e istituzioni europee non poteva concretizzarsi nel momento più opportuno, soprattutto per la difficoltà di stabilire una supply chain al di fuori dalla Cina senza partnership pubblico-private in grado di competere con la politica industriale di Pechino. Inoltre, anche dal mercato i segnali sono eclatanti: secondo Shangai Metals Market, il prezzo dell’ossido di neodimio-praseodimio (NdPr), input essenziale per la manifattura dei magneti, è aumentato del 30% tra ottobre 2020 e il prezzo rilevato nella giornata di ieri, circa 65.30 dollari al chilo. Come altre commodities, le oscillazioni di prezzo in questo segmento di mercato saranno decisive nello stabilire la profittabilità di un asset fondamentale per la transizione energetica.

Ecco perché prepararsi per futuri crisi di mercato sul lato dell’offerta e sulla sicurezza della fornitura, creando capacità europee, rappresenta tanto una scommessa quanto un’opportunità. Come hanno twittato gli analisti di Adamas Intelligence, la notizia arriva «al momento giusto, nel posto giusto, e dalla compagnia giusta» per una filiera delle terre rare e dei magneti in Europa.


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