La probabile Opa del fondo Usa sull’ex Telecom non metterà in discussione la società per la rete unica, la cui governance sarà pubblica. E lo stesso varrà per Sparkle. Ma attenzione ai francesi di Vivendi, venderanno cara la pelle. Intanto la Borsa tifa ancora Kkr
Su Tim ci sarà battaglia, perché Vivendi venderà cara la pelle. Ma in fin dei conti potrebbe anche valerne la pena, perché il fondo americano di private equity Kkr, pronto al lancio dell’Opa sull’ex Telecom (qui l’intervista a Franco Debenedetti) non è nemico ne dell’Italia ne tanto meno di una sua possibile, futura, infrastruttura unica. Anzi, potrebbe esserne un booster, raccontano a Formiche.net ambienti vicini al dossier. Semmai, mentre il governo italiano sorveglia il campo ma a debita distanza, il problema è più dei francesi, soci di riferimento al 23,7% di Tim.
A Palazzo Chigi per il momento non ci espone, ma si guarda con attenzione al corso degli eventi, in attesa di nuovi sviluppi (venerdì prossimo è in programma un delicato board sulla situazione finanziaria del gruppo telefonico e il suo management, a cominciare dal ceo Luigi Gubitosi). Prese di posizione tuttavia non sono mancate, a cominciare dal ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, per il quale la mossa di Kkr non è da considerarsi ostile, anzi certifica l’appeal dell’Italia presso i grandi investitori esteri. Ma certo, ha precisato il ministro leghista, la rete rimane qualcosa di strategico e per questo da tutelare sempre e comunque.
Per quanto riguarda Cassa Depositi e Prestiti, azionista di Tim al 9,8% e solido presidio pubblico nella compagnia tlc, secondo quanto risulta a Formiche.net ha deciso di astenersi da ogni commento, ora e nei prossimi giorni, anche perché tra poche ore si alzerà il velo sul nuovo piano strategico di Via Goito. Rimangono solo i francesi di Vivendi, freschi di niet all’offerta di Kkr: troppo pochi 50 centesimi ad azione. E poi la media company di Vincent Bollorè, “è un investitore di lungo termine e non intende dismettere la propria la quota”, ha affermato proprio ieri un portavoce, ricordando “la volontà di collaborare con le autorità e istituzioni italiane per il successo della società” e ribadendo che l’offerta americana “non rispecchia il reale valore di Tim”.
Aria di battaglia. Ma la Borsa la pensa diversamente, gli americani sono i benvenuti, anche perché già hanno fatto trapelare di essere pronti ad arrivare fino a 90 centesimi ad azione. A stretto giro dall’altolà di Vivendi, il secondo in linea temporale, dopo quello di lunedì pomeriggio, il titolo di Tim, fino a quel momento col vento in poppa (+30% lunedì), ha girato in negativo. Oggi cresce del 14% intorno al prezzo dell’Opa.
Chiarito il quadro, alcuni ambienti ben a conoscenza del dossier raccontano la possibile evoluzione della situazione, nel breve termine. Con una premessa. “Se c’è qualcuno che è rimasto sorpreso dall’Opa di Kkr è proprio Vivendi, che non se lo aspettava. E lo dimostra la sua reazione abbastanza piccata alla mossa di Kkr”, viene spiegato. “Detto questo, c’è da aspettarsi battaglia da parte dei francesi, che cercheranno di contrastare l’avanzata di Kkr. Il punto di caduta è comunque un altro, la creazione della rete. Kkr, che è un fondo ed è sempre bene ricordarlo, ha sempre sponsorizzato il modello Terna, dove c’è molto mercato, qualche socio di minoranza e un azionista pubblico forte. Ed è proprio così che, molto probabilmente finirà per la rete. Unica e con socio pubblico, anche per Spakle (l’infrastruttura estera, ndr). Si tratta del solo modo per tirare fuori tutta l’energia da una società della rete, scenario che conviene a tutti. Allo Stato il controllo della governance e agli altri soci, mercato incluso, il resto. A Kkr, che è un fondo di private equity, starebbe bene, basterà prendere il controllo di Tim, separare la rete e metterla dentro una società dove c’è una governance statale”.
E Vivendi? Come reagirà? “I francesi non molleranno il colpo, come si dice, sono spiazzati e in difficoltà, ma vogliono continuare ad essere della partita, anche perché Bolloré non ha abbandonato il suo piano di un player paneuropeo delle telecomunicazioni. Però Kkr ha una potenza di fuoco superiore, questo è un dato. Il governo invece sembra solo all’apparenza alla finestra, ma in realtà non lo è, monitora attentamente la situazione. Lo Stato ha una posizione di forza in questo momento, ma Kkr questo lo sa e infatti ha subordinato l’operazione all’appoggio del governo”. Resta il destino di Luigi Gubitosi. “Credo sia verosimile pensare che possa rimanere in sella. Ancora per un po’”.